Solidarietà, rilanciare la cultura del dono
di Valerio Corradi

Il volontariato è una delle colonne portanti del welfare di comunità ma oggi mostra alcuni segnali di stanchezza. Quali sono le cause?


Per una lunga stagione che dagli anni del boom economico è giunta fino alla recente crisi pandemica, il mondo del volontariato è stato un bacino quasi inesauribile, in grado di offrire tempo, energie, risorse umane ed economiche a sostegno delle attività solidali e del welfare, in momenti ordinari e di emergenza.

Oggi, per la prima volta dopo molto tempo, il volontariato mostra segni di affaticamento e addirittura di arretramento dovuti ad alcune emergenti criticità di tipo organizzativo e socioculturale, non ultime la difficoltà a coinvolgere le giovani generazioni e la diffusione di una cultura individualistica. Affinché il bacino del volontariato possa rigenerarsi è fondamentale che tali segni non vengano sottovalutati ma opportunamente compresi.

Nel 2021, secondo l’Istat,
le persone che hanno versato contributi economici ad associazioni sono calate del 2,3 per cento, toccando la soglia del 12 per cento, dopo l’aumento al 14,3 registrato nel 2020.
Si tratta di una riduzione delle elargizioni che per buona parte si può definire “fisiologica” in quanto fa seguito all’impennata degli aiuti del 2020 dovuta anche al successo di campagne informative e di sensibilizzazione lanciate da enti, organizzazioni e reti durante l’emergenza sanitaria.

Tra queste è quanto mai opportuno ricordare la campagna di raccolta fondi Aiutiamo Brescia, promossa dal Giornale di Brescia e dalla Fondazione della Comunità Bresciana, che ha avuto un ruolo importante nel sostenere le attività locali di gestione della pandemia, tagliando il ragguardevole traguardo di 58.200 donazioni, per un valore di oltre 18 milioni di euro.

Più in generale, durante gli ultimi anni,
la propensione alla generosità economica della popolazione italiana si è dimostrata abbastanza stabile con la tendenza alla riduzione delle donazioni informali (es. contanti per collette, elemosine) e l’aumento di donazioni solo verso organizzazioni.

Uno studio condotto dall’Istituto Italiano della Donazione
, su un campione di organizzazioni Non profit, mostra come nel 2021 il 33 per cento di queste abbia visto un incremento di entrate totali, il 39 per cento un decremento e il 28 per cento abbia registrato entrate stabili, attestandosi in questo modo su livelli medi pre-Covid.
Le stesse organizzazioni hanno invece raccolto di più dalle aziende private passando dal 6 al 26 per cento nel periodo 2020-2021, a conferma di un rafforzamento del rapporto tra Profit e Non Profit.

Segnali non sempre confortanti arrivano invece dai campi delle donazioni biologiche e dell’impegno nel volontariato.
Il Centro Nazionale Sangue evidenzia che nel 2021 i donatori di sangue e plasma in Italia sono stati 1.653.268 con un calo dell’1,8 per cento rispetto al 2019.
A preoccupare è la tendenza dell’ultimo decennio, in quanto dal 2012 la popolazione dei donatori è diminuita di circa il 5 per cento intaccando soprattutto la possibilità di conseguire l’autosufficienza nelle scorte di plasma.

In crescita è invece l’attività di donazione e trapianto
, ad esempio, di organi, tessuti, cellule staminali.
Un campanello d’allarme riguarda poi il drastico calo, rispetto al pre-pandemia, dell’offerta gratuita di tempo e di competenze all’interno del mondo del volontariato.
Se nel 2019 era stata del 9,8 per cento la quota di persone che avevano svolto volontariato, nel 2021 c’è stata una riduzione di quasi due punti percentuali, che si è assestata al 7,3 per cento.
Una riduzione più accentuata nel nord Italia, dove i livelli erano più alti, e trasversale per genere ed età anche se è più marcata tra le donne e tra i giovani di 14-19 anni.

Questo parziale arretramento del volontariato
va letto alla luce di trasformazioni più ampie che stanno attraversando la nostra società e al suo interno le forme di generosità e di solidarietà.
Pesano, infatti, molte questioni come il limitato ricambio generazionale, la pesantezza e i rischi connessi all’esercizio di alcune attività, le difficoltà di tipo organizzativo.

Inoltre, la propensione alla gratuità oggi deve fare i conti col risveglio di pulsioni individualistiche che mettono al centro l’“Io” che spesso viene anteposto al “Noi”.
Come evidenziato nel Rapporto Noi doniamo 2022 “è molto più impegnativo essere generosi che non egoisti e per questo la cultura del dono deve andare di pari passo ad un rafforzamento culturale generale”.

Questo rafforzamento deve partire dalle nuove generazioni e portare a condividere le ragioni nobili dell’essere donatori e volontari, riaffermando il valore della dimensione donativa dell’essere umano.


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