Ovunque sarai
di Maestro John

Oggi ci sono tante belle iniziative di cui parlare. Ma continua a venirmi in mente il viso di quel ragazzo di 19 anni. E continuo a piangere. Scusate


Ci sarebbero molte cose di cui parlare:

*del 60° dell’Avis Gavardo, che stamane si conclude con la camminata e oggi fino a sera, al Morso46 di Limone, con l’esibizione delle band Telespam, Mojo e Km0
* dell’ingresso a Gussago di don Luca Galvani
* della mostra ‘Il Polo di Mezzo’ dell’Associazione culturale Rebus al Mulino di Gavardo con un percorso fotografico di Roberto Cavagnini
* del corso di Claudio Andreassi “Come realizzare un presepe” che parte lunedì in biblioteca
* di Mariella Bombardieri e Carla Simoni che giovedì all’Area 63 presentano “Stare bene a scuola”, in dialogo con Ennio Pasinetti, alla chitarra Mario Bagini
* del corso “a Gavardo il suo Spazio” che inizia venerdì in Biblioteca…
Vorrei parlare di tante altre cose.

Ma non riesco a togliermi dalla mente l’immagine di quel ragazzo. E pensare che non lo conoscevo.

Già domenica mattina, quando l’amico Marco Franzini mi ha dato la terribile notizia, ho ripreso a camminare con dentro una strana inquietudine. E quando nel pomeriggio con mia moglie ci siamo recati in oratorio per la Festa dei Borghi, ho ascoltato il curato don Luca Pernici che, d’accordo con gli educatori, ha deciso di continuare la giornata di giochi, per non pesare sui bambini un momento di grande tristezza.
Poi si è pregato tutti insieme e si è fatto un minuto di silenzio, in un oratorio sempre frequentato da Giovanni e dalla sua famiglia.
La tristezza ha invaso la comunità.

A fatica, il giorno dopo, ho letto gli articoli: tutti parlano di un ragazzo molto amato per la sua disponibilità, la sua bontà d’animo. “Buono come il pane” dicono gli amici d’infanzia.
La coda di gente alla casa funeraria.

E poi il funerale.
Una marea di gente, in un silenzio irreale. Tanti giovani che si abbracciavano, con quei bei visi, quelle pettinature moderne, quegli sguardi increduli.
E gli amici che hanno accompagnato la bara fin davanti all’altare.
E l’omelia di don Italo: “Il ricordo ora è struggente, ma la fede ci ricorda che Giovanni è e rimarrà un disegno del Signore: la sua vita ora si è compiuta in Dio».
E pensavo a mia mamma, che ha perso la mia sorellina di 5 anni e diceva sempre: “Mi ha salvato la fede.”

E quando è giunto il momento della comunione, ho dovuto indossare la mascherina per non scoppiare a piangere.
Sì perché sono stati suonati con la tromba “Fratello sole sorella luna” e l’Adagio di Albinoni, con la commovente esecuzione da parte del maestro Pierluigi Taddeucci.
Ho saputo poi che Giovanni faceva parte delle “giovani note” (Junior Band) della Banda. Mentre la tromba suonava, ho pensato che solo l’arte può avvicinarsi all’anima delle persone, solo la musica può interpretare quei momenti.

E poi lo struggente saluto letto a singhiozzi da Lorenzo Giustacchini.


“Ciao Gio,
conosco tante persone, ma un amico come te non penso che mai più lo incontrerò.
Con te ho condiviso tutto: adolescenza, musica, scout, sciate, pescate, vacanze, amici, amiche e giornate a ridere per nulla, sì per nulla, a volte passavamo pomeriggi a fissare le macchine che passavano a commentarle, su quanto fossero belle, brutte o strane, con il mal di pancia dalle risate.

Voglio ricordarti così com’eri, sempre allegro, sorridente, con una voglia di divertirsi infinita, come tiravi in giro tutto e tutti, i nomignoli che ci davi, com’eri disponibile ad aiutare per le feste, le vacanze, a volte aiutavi me e il Nicolò quando andavamo dietro alla legna.
Voglio ringraziarti per tutti i momenti dove mi hai accompagnato da vero amico, nell’approccio con il mondo esterno.

Voglio ringraziare i tuoi genitori Sabina e Giancarlo, oltre ad averci sopportato, cresciuto, aiutato in questi anni,  per aver dato al mondo un ragazzo d’oro come te.
Concludo con una frase che, durante le nostre vacanze in Spagna, guardandomi mi dicesti ridendo: “Escusame, estoy muy bien contigo”.
Un abbraccio da Lorenzo e tutta la nostra compagnia di sempre.
Ciao Gio.”


Lacrime su lacrime.
E poi ancora lacrime alle parole delle amiche

“Ciao Titti, come stai?
Speriamo che da lassù tu possa sentire le parole che abbiamo da dirti.
Sei una delle persone migliori che abbiamo mai incontrato, avevi sempre il sorriso stampato sul viso e un cuore veramente grande pieno d’affetto e d’amore.

Ti vogliamo ricordare con la tua solarità e il tuo esserci per qualsiasi cosa; seguici in ogni nostro passo e proteggici nei momenti di sconforto.
Ti ricorderemo sempre come il nostro piccolo Tarti sulla sua punto rossa, sempre disponibile per le commissioni della mamma Sabina, la stella più bella del cielo. Ti hanno portato via perché erano gelosi!
TI VOGLIAMO BENE E CI MANCHI GIÀ.
Le tue ragazze”


Continuo ad ascoltare la canzone di Irama “Ovunque sarai”, e non riesco proprio a trattenere le lacrime.

“Ovunque sarai, ovunque sarò
in ogni gesto io ti cercherò
se non ci sarai io lo capirò
e nel silenzio io ti ascolterò.”


Giovanni ci ha lasciati in uno dei primi giorni d’autunno.

Anche il cielo sembrava partecipasse con la pioggia alle lacrime di tutti.
Penso che vivere la morte di un figlio sia la più dolorosa esperienza che un essere umano possa fare.
Solo la fede può tentare di rispondere a una cosa così straziante.

Questi sono i giorni in cui il vento della dolcezza, della tenerezza, del conforto, giunga ad alleviare il dolore dei familiari e degli amici.
Questi sono i giorni per stringerci in un solo, grande abbraccio.
Ci vorrà tempo. Tanto tempo.
Ma poi tornerà l’azzurro del cielo, torneranno i sorrisi. Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta.
Giovanni rivivrà in ogni gesto d’amore. Perché Giovanni è nell’infinita luce di Dio.

John Comini

La prima immagine è di Sara Ragnoli. Nelle foto Giovanni è con la famiglia in gita a Roma e con Aldo Abastanotti. Grazie a Lieta Giustacchini per avermi affidato le parole di Lorenzo e quelle delle ragazze.

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