Paese che vai, orto che trovi...
di Effegi

La parola orto deriva dal greco “chórtos” (che si legge aspirando la “c” come in Toscana). A Vobarno ce n’è uno che invece (per ridere) potrebbe derivare dalla parola “lungós”. Vediamo (seriamente) il perchè


A noi poveri profani potrà sembrare strano, ma gli studiosi delle lingue non hanno dubbi: orto e giardino, nonostante l’apparenza, hanno la stessa origine.

Entrambe vengono dal greco antico chórtos (dove quel ch  iniziale va letto alla toscana), passando poi per il latino hortus.
E qui viene il bello perché l’hortus per i Romani era appunto prevalentemente il giardino: negli orti sallustiani non ci piantavano i cavoli, ma fiori e alberi.

Per farla breve il vocabolo è dunque antichissimo e presente sotto varie forme un po’ in tutte le lingue europee; in origine stava a significare semplicemente un luogo chiuso, recintato, come appunto sono di solito gli orti.

Nelle età più antiche non era facile distinguere il campo dall’orto; tuttavia agli, cipolle, carote, sedani, finocchi ecc. erano presenti già in epoche antichissime, coltivati nei terreni umidi attorno ai villaggi, soprattutto dalle donne. Non dobbiamo certamente pensare alle varietà evolute che conosciamo oggi, frutto di selezioni e di incroci durati secoli, ma a specie semiselvatiche, certamente più rustiche, ma anche meno produttive.

Il passaggio e l’incontro tra i popoli – greci e arabi in primis – ha via via arricchito gli scambi e la disponibilità, anche se bisogna attendere la scoperta dell’America per conoscere pomodori, peperoni, patate, zucche e anche i fagioli (quelli che usavano i Romani erano altra cosa).
Oggi coltivare l’orto è un’arte, richiede, cura, attenzioni, perizia, pazienza; diciamo che per fare l’orticultore bisogna avere passione.

È indubbio che, dati i tempi che corrono, se la stagione va come deve andare, l’orto può essere anche un bel contributo all’economia familiare, senza contare che la qualità e la freschezza del prodotto non hanno confronto.
L’orto inoltre, anche nelle stagioni più “dure”, offre sempre qualcosa.

È bello, quando si passeggia per il paese, incontrare un orto, fermarsi ad osservare “l’insalata e i legumi produttivi che deridono il busso dell’aiole “ (Guido Gozzano), ammirare lo splendore di pomodori e peperoni, l’esuberanza dei cavoli e delle verze…

Per quel che riguarda gli orti di Vobarno, ce n’è uno, all’incrocio tra Via Penella e Via Arrotino, che pare un angolo di Paradiso terrestre trapiantato in Valsabbia, tanto è bello e tenuto con cura.

Ma qui vogliamo segnalarne uno particolarissimo: lo si incontra all’altezza di Via Goisis 35.
L’ingresso principale dell’abitazione dei proprietari sta su Via Sottostrada e l’orto è stato ricavato probabilmente dallo stretto corridoio su cui vigeva (e probabilmente ancora vige) un diritto di passaggio.

Potrebbe forse entrare nel guinnes dei primati: è largo un metro o poco più e lungo una quarantina di metri; la superficie coltivata in assoluto quindi no è grande cosa, ma vi trovate di tutto, dal prezzemolo ai pomodori, dalle melanzane alle zucchine, dai finocchi all’insalata.

Se passate di lì, dategli un’occhiata.
E non dimenticate che “tegner l’órt “ è ecologico e testimonia un uso razionale ed intelligente del territorio.

220901orto.jpg