DSA Quando un disturbo non è una malattia!
di Maddalena Dusi e Cristina Gitti

Essere un genitore di un bambino/ragazzo DSA è come essere su una giostra che ad ogni giro cambia velocità e direzione.
Non esistono giornate uguali o ripetitive, ogni giorno è unico ed ineguagliabile



Essere DSA non è uno stato che si limita alla scuola ma implica ogni situazione della vita quotidiana.
Provate ad essere al supermercato, non esiste che io possa impilare la spesa a caso, secondo mia figlia ogni cosa ogni cosa ha un preciso ordine e una posizione prestabilita, dopo non importa se nella busta entra tutto alla rinfusa, ma sulla nostra cassa deve essere perfetto (ogni spazio deve essere occupato senza lasciare buchi).

Leggere l’ora su un orologio digitare (cioè senza lancette) è come risolvere un’equazione di 2° grado a più incognite.
È capitato più di una volta che le dessero un appuntamento alle 16 e per lei fossero le 6 di pomeriggio... o alle 14 e per lei fossero le 4, insomma abbiamo passato tanto tempo nelle sale d’attesa.
Adesso abbiamo raggiunto un equilibrio lei segna l’ora che le viene detta e io la leggo... siamo una squadra vincente.

Per la maggior parte di noi studiare o leggere è più facile se fatto comodamente seduti; per lei no... sdraiata a letto, a testa in giù sul divano, a gambe incrociate sulla seggiola... ma mai in un modo composto.
Fin dall'asilo era un terremoto, non era capace a stare ferma, ma anche nel movimento continuo la sua mente era attento e concentrato su tutto ciò che le accadeva intorno.

I primi problemi sono arrivati con le medie; dove leggere difronte alle persone, fare i temi e sbagliare in continuazione gli accenti, gli apostrofi e le H è stata una sconfitta.
Fortunatamente abbiamo incontrato dei professori che hanno capito questo disturbo e ci hanno indirizzato verso dei terapisti cioè dei professionisti che attraverso TEST hanno scoperto ce Maddalena è DSA: esattamente è disgrafica.

Come mi sono mi sono sentita come mamma?
Mi sono domandata più di una volta dove e come avessi sbagliato. Li perché noi genitori siamo bravissimi ad incolparci di tutto ciò che riguarda i nostri figli.
Poi dopo vari incontri con la psicologa ho capito che non potevo piangermi addosso, potevo solo andare avanti e cercare di aiutarla nel miglior modo possibile... cioè rendendola autonoma, seguirla da lontano e non interferire mai, l’aiuto viene dato solo se richiesto.

Dopo qualche anno che conviviamo con questa sintomatologia abbiamo raggiunto un equilibrio dove riusciamo a ridere e sdrammatizzare degli sbagli e certi sono anche diventati dei punti di forza.

Dopo aver letto quello che pensa mia mamma del mio disturbo è giusto che sappiate anche ciò che provo io.

Andare a scuola mi è sempre piaciuto, ogni lezione per me è avvincente e ascoltare nozioni e storie nuove per me è interessante.
Alle medie ascoltare e ripetere quello che sapevo ha cominciare a non essere sufficiente (alle elementari imparavo le letture a memoria); mi chiedevano di non far errori, di scrivere le parole in modo corretto (come se io facessi apposta a sbagliare).

A questo punto mi hanno detto che dovevo andare da uno psicologo, perché avevo un disturbo dell’apprendimento... (possibile che avessi bisogno di un insegnante di sostegno come il mio compagno?).
Mi sono sentita cadere il mondo addosso, che cosa avevo fatto di sbagliato? Perché ero diversa dagli altri?

Ma io non sono diversa degli altri, ho solo una mente che lavora in modo diverso.
Io vedo le cose come se fossero un enorme puzzle, ogni immagine ha il suo determinato posto e non può essere cambiato, leggere pagine e pagine mi confonde solo la mente, dammi delle immagini, fammi vedere un video, mostrami delle foto e stai sicuro che non scorderò più nulla.

È per questo che ho bisogno di mappe concettuali, perché con poche parole io sono in grado di ricostruire dei capitoli interi. Sono fare i riassunti, le sintesi e in un discorso colgo subito i punti chiave a gli elementi essenziali.

La vita in classe non è semplice, i compagni pensano che i professori abbiano un occhio di riguardo per me e che mi aiutino più del dovuto. Ma mi domando se in classe ci fosse un cieco dovrebbe avere un libro come il nostro o un libro scritto in braille. In sintesi stesse opportunità ma con strumenti diversi.

Questi elementi riguardano me, perché ogni DSA è diverso, certo abbiamo dei punti in comune ma nessuno è identico all’altro; quindi non categorizzateci e non vedeteci come un unico gruppo, e soprattutto parlate con noi e chiedeteci la nostra opinione, le nostre idee e di cosa abbiamo bisogno.

E ricordatevi come diceva IMMANUEL KANT...
Prima di valutare se una risposta è esatta si deve valutare se la domanda è corretta.

Maddalena Dusi 2° AL e Cristina Gitti

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