I sessant'anni del Cai di Gavardo
di Luca Cortini

Da sessant'anni a Gavardo esiste una sezione del Club alpino italiano. Meglio, una sottosezione, perché il nucleo gavardese è sempre stato legato al Cai di Brescia da rapporti di «subalternità», pur con l'ampia dose di autonomia...

Da sessant'anni a Gavardo esiste una sezione del Club alpino italiano. O meglio, una sottosezione, perché il nucleo gavardese è sempre stato legato al Cai di Brescia da rapporti di «subalternità», pur con l'ampia dose di autonomia che ciò comporta in questo campo (sono burocrazia e numero di tesserati a fare la differenza, non una vera e propria gerarchia).
Ebbene, la festa per l'importante compleanno, doverosa visto che al momento il gruppo raccoglie quasi trecento membri, è stata fissata per questa domenica.

Dove? Ma in montagna ovviamente, nella piana di quel monte Tesio che gli alpinisti di Gavardo hanno contribuito a conservare e proteggere da sempre, soprattutto negli ultimi anni, grazie alla tracciatura di un sistema di tre sentieri che percorre per intero i boschi al confine con Serle.
La stessa operazione compiuta sull'altro importante rilievo della zona, il monte Magno, solcato da quattro strade.
La somma dei chilometri dà un risultato ragguardevole, ancor più se si considera l'impegno necessario per tenere pulite le vie: 64. Ma d'altra parte la fatica non può certo spaventare chi è abituato a camminare per ore, magari su pendii a dir poco irti, coperti da ghiacciai da attraversare in cordata, schivando i crepacci; oppure imbragati, assicurati ad un cordino d'acciaio, o meglio ancora appesi ad una parete dove arrampicarsi fra mille emozioni.

Le origini del Cai Gavardo sono comunque da ricercare ai principi del Novecento, quando al lanificio prese corpo, nel 1912, la «Società Escursionisti di Bostone», divenuta nel 1925 distaccamento dell'«Unione operai escursionisti italiani», trasformata nel 1927 (erano i tempi del fascismo) in «Società Elevans», inglobata un anno più tardi nell'Opera nazionale dopolavoro.
Nel 1946 viene alla luce una nuova associazione, il «Gruppo della montagna Achille Ratti», che, nel giro di due anni, diventa la locale sottosezione del Cai di Brescia. Molta acqua è passata sotto i ponti dal 1948 ad oggi e tante cose sono cambiate.

Se da un lato sono rimasti intatti gli stimoli e le consapevolezze che ogni amante della montagna porta con sé, dall'altra si è decisamente modificata la società circostante, con ovvie ripercussioni anche all'interno del gruppo.
L'escursionismo e l'alpinismo sembrano passioni sempre più confinate nel passato, l'età media dei tesserati è aumentata esponenzialmente e pare destinata a scivolare per molto su questa china.
«Mancano i giovani -dice il presidente Angiolino Maioli-: fino a qualche anno fa ce n'erano parecchi, adesso invece non se ne vedono più».

Basta girare per i sentieri delle alpi bresciane per rendersene conto. «Magari se ne incontra qualcuno che va al Lago della Vacca, o comunque lungo percorsi simili, in sostanza brevi e non troppo impegnativi. Ma nulla di più».
Ed è facile immaginare che le camminate in alta montagna siano troppo impegnative per le nuove generazioni, anche soltanto per le levatacce domenicali, necessarie per poter agire in sicurezza. Figurarsi poi le gite di più giorni, sia quelle articolate su un singolo fine settimana, sia i trekking distribuiti nell'arco di una settimana.

Se per l'alpinismo la scusante può essere il rischio, per l'escursionismo è difficile individuare motivi che vadano oltre la poca voglia. Meglio forse non pensarci, almeno durante la festa di domenica, che prevede alle 8.30 una passeggiata fino alla croce dei Tre Cornelli, un'esibizione dei vigili del fuoco alle 10, la messa alle 11.30 e lo spiedo 'un'ora dopo. Nel pomeriggio infine toccherà al coro La Faita allietare i presenti, con un concerto fissato per le 15.30.
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