Il prototipo del valsabbino
di Pseudosofos

Capita immancabilmente, ogni anno scolastico, che alcuni studenti mi chiedano che cosa penso della bestemmia


Intendiamoci: nella stragrande maggioranza dei casi la domanda sulla bestemmia non è posta per reale interesse sull’argomento. Se si vuole essere realisti (come chi scrive desidera), è necessario riconoscere che l’intento sotteso a quesiti simili è solo quello di far perder tempo all’insegnante al posto di far lezione.

Rispetto all’interesse sulla bestemmia, succede anche che gli studenti della stessa classe pongano la domanda di anno in anno, come se non avessero mai ottenuto risposta.
Al che il dubbio ti viene: sarà solo un problema della loro naturale propensione a voler perder tempo, o c’è qualcosa in più che agisce in loro inconsciamente? Ovviamente, c’è di più.
Come non accorgersi, da insegnanti, che i nostri adolescenti vivono in una società che tende a distrarli continuamente, a non far far loro attenzione pressoché a nulla, tranne alla Playstation, alle chiacchiere sui social e al sesso?

Per inciso: la società in cui vivono dipende anche da noi adulti, dal mondo che costruiamo e in cui poi li facciamo vivere.
Perciò nella nostra società, in cui praticamente ogni giovane ha qualche disturbo dell’attenzione, figuriamoci se essi possano riuscire a concentrarsi sulle risposte immediate alle loro sibilline domande.

Non vorrei, tuttavia, essere frainteso in ciò che vado scrivendo.

Ciò che intendo fare qui non è una critica agli studenti e al loro essere simpaticamente filibustieri. È, piuttosto, il tentativo di togliermi di mezzo l’impiccio del quesito sulla bestemmia una volta per tutte.

Di modo che, la prossima volta che qualcuno mi domanderà in merito, io potrò beatamente rispondere: “Benissimo! Sei interessato a conoscere cosa penso sulla bestemmia? Davvero? Ne sei assolutamente sicuro? Bene: vai a leggere l’apposita filosoficheria di Pseudosofos sul sito vallesabbianews.it”.

Ora mi gusto la previsione di quel momento e, mentre scrivo, sono pervaso da un senso di relax, come quando, dopo aver portato una pesante basa di fieno sulla schiena dall’argine di un prato fino al fienile, con l’appoggiarla a terra ci si sente delicatamente risollevati verso l’alto.

Con questo senso di sollievo, sono ben disposto a raccontare che cosa penso della bestemmia. Raccontare, sì: non spiegare.
Le cose importanti non sono spiegabili, cosa che spesso noi insegnanti dimentichiamo. Vanno solo osservate per ciò che sono attraverso la lente delle parole. Fra gli scopi del racconto c’è quello di mettere in luce con chiarezza qualcosa grazie all’uso della fantasia.

Ebbene, questo racconto inizia prima della creazione di ogni universo, quando tutto ciò che avrebbe potuto esistere, c’era solo nella mente di Dio. E siccome nella Sua mente sono realmente in Tre, prima del tempo esisteva solo il triloquio interiore di Dio.

Così, il Padre esponeva al Figlio, che per Lo più le ascoltava ubbidiente, le Sue idee, mentre lo Spirito prendeva appunti per non dimenticarsene. Tutto sommato il progetto della creazione se ne andava via liscio.
Beh, ad esser sinceri, ci fu qualche impasse nell’ideazione. Per esempio quando il Figlio prese atto del pensiero del Padre di volerLo crocifiggere per la salvezza dell’umanità dal peccato.

Ecco su questo punto ci fu un po’ di maretta.
Almeno fino a quanto lo Spirito Santo non disse al Figlio: “Smettila di polemizzare. Tieni presente quello che sai: quando esisteranno i giorni, il terzo giorno dalla tua morte tornerai in vita risuscitando”. Q
uesto escamotage riportò l’armonia nella mente divina. Del resto si sa: è lo Spirito Santo a far andar d’amore e d’accordo la famiglia divina.

Oltre a questo delicato momento, ce ne fu un altro in cui il flusso mentale di Dio si inceppò non poco. Fu precisamente il momento in cui, dopo aver pensato di creare la Valle Sabbia, immaginò come dovesse essere chi l’abitava: il valsabbino standard.
Le cose andarono più o meno così. Non chiedetemi come io faccia a saperlo: sono cose da credere e basta!

Mentre il Padre osservava con meraviglia il progetto della Rocca d’Anfo e si immaginava la forma del lago di Idro, il Figlio gli domandò:
Ti ricordi di pensare agli abitanti di questo territorio? Hai un’idea di come dovrebbe essere il valsabbino?
No perché, da Figlio a Padre, è abbastanza inutile fare un posto così particolare che resti disabitato, non credi?”
.

Il Padre accolse con bontà il suggerimento del Figlio, cosa che fece tirare una specie di sospiro di sollievo allo Spirito Santo (visto che l’aria non esisteva ancora, sebbene fosse stata immaginata poco dopo la luce e l’acqua).
Tuttavia, la Prima Persona trinitaria manifestò anche una certa preoccupazione. Cominciò a gironzolare pensoso nei meandri della Sua consapevolezza eterna.
Poi, dopo qualche attimo, disse al Figlio: “Avrei un’idea, ma devo sottoporti il prototipo, perché... non so, non sono convinto fino in fondo”.
“Fammi vedere Abbà!”, incalzò il Figlio.
Fu così che, Il Padre, mostrò a Se Stesso, cioè al Figlio e allo Spirito Santo, lo standard del valsabbino.

Immaginò di prendere un po’ di buona terra del posto e di plasmare un uomo a mezza via fra l’operaio e l’agricoltore laborioso: un tipo un po’ rozzo, semplice, ma buono d’animo, generoso; leghista per fede, ma disponibile a fare le straordinarie senza problemi.
Ed è qui che ci fu l’intoppo. Appena comparve il prototipo la prima cosa che disse fu: “Porco El: ma n’du hui po che!”. (N.B. Il prototipo non bestemmiò consapevolmente, non poteva sapere che “El” in ebraico significa “Dio” e non “Egli” o “Lui” come sarebbe stato in dialetto valsabbino).

All’udire queste parole, lo Spirito Santo si sarebbe voluto coprire la faccia, ma, purtroppo, non aveva una faccia.
Il Figlio, invece, disse al Padre:
“Ma tu sei fuori di testa, anche se non ce l’hai! Facevi bene ad esser perplesso. Ma adesso, toh: l’hai pensato ed è fatta.
Il valsabbino sarà così quando esisterà. Senti Padre Mio, capisco tutto neh, anche la mia crocifissione. Sebbene tragica, quella ha un senso.
Ma questo tizio qui è improponibile. Da dove ti è saltato in mente un essere umano programmato per insultarci”
.

E il Padre rispose:Senti Figlio, Tu sai bene che Io so, e anche lo Spirito Santo sa che lo sai, che ero indeciso. Poi, c’eri anche Tu, sebbene te ne sia stato in silenzio.
Perciò abbiamo pensato che questo prototipo di uomo potesse avere un senso. Ti ricordi?
È stato il momento eterno in cui abbiamo intuito che il valsabbino poteva essere segno della nostra straordinaria misericordia. In quale modo, infatti, avremmo potuto mostrare Chi Siamo davvero, se non creando un tipo di uomo naturalmente portato ad offenderCi con le sue parole?”.


Ciò nonostante il Figlio non riusciva ad accettare la situazione
.
Allora lo Spirito Santo, il Paciere dei dissidi trinitari, disse al Figlio:
“Non ti amareggiare mio consostanziale processore. Ci ho messo io un piccolo ritocco al progetto, come hai certamente notato. Il prototipo standard del valsabbino ha usato una parola di cui non conosce il significato.
In questo modo, quando ogni vero valsabbino esistente bestemmierà, in realtà non saprà ben bene quello che sta dicendo e facendo.

Userà il nostro nome associandolo al suino come intercalare, alla stessa maniera con cui userà la parola ‘pota’.
La punta di ignoranza da me inserita nell’atto della bestemmia, attenuerà la sua responsabilità e il nostro sdegno. In questo modo, dovrà prima o poi chiedere a qualcuno qual è il senso di quello che dice. Che ne pensi?”.


Rispose il Figlio con entusiasmo:

“Ottima idea Spirito: con Te tutti Noi siamo geniali. E, ora che mi ci hai fatto pensare, faremo in modo che il Padre pensi or ora anche al prototipo di colui che potrà rispondere a questa loro beata ignoranza.
C’è l’ho qui in mente, eternamente presente: l’insegnante di Religione Cattolica standard di quei luoghi. Egli risolverà questo nostro imbarazzo quando faremo esistere il cosmo intero.

Questo insegnante, deputato ad annunciare Chi Noi siamo a scuola, farà comprendere ai suoi zelanti studenti valsabbini quanto sia sciocco adottare quel modo di riferirsi a Noialtri, senza sapere ciò che stan dicendo.
Così potremo perdonarli perché non sapranno ciò che naturalmente proferiranno di Noi. Un po’ come quando perdonerò dalla croce, in Nostro Nome, i miei aguzzini”.

Il Padre, ascoltando Se Stesso nelle parole del Figlio e dello Spirito, si compiacque delle Loro astute trame mentali.
Sorrise e pensò: se avessimo le spalle, questi due saprebbero che non possono parlarvici dietro.
E siccome i due conoscevano bene ciò a cui il Padre stava pensando, tutti e Tre fecero finta di tornare all’unità ridendo beatamente, come solo “Elohim” sa fare, fin da prima dell’esistenza di ogni cosa, Valle Sabbia compresa.

Pseudosofos


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