L'eredità
di Maestro John

No, non parlo del gioco in tivù. Parlo della vera eredità che ci hanno donato i nostri padri. E infine un augurio agli amici di nome Giuseppe


Ho sempre ringraziato il Signore per avermi dato il mio papà, che ha sempre vissuto per la famiglia, sia quando è stato strappato ai giochi da bambino per lavorare sia quando è partito volontario in Africa per pagare i debiti del nonno.
Era talmente buono che non mi ha mai dato la più piccola sberla, non mi faceva prediche, mai, ed ha accolto il nonno Angelo, la nonna Margherita e la zia Giulia: eravamo in 10 in quella casa, ma era come vivere una commedia serena, con momenti allegri e tristi, ma sempre illuminati dalla preghiera e dalla tenerezza.

Dobbiamo essere grati ai nostri padri, che hanno vissuto periodi difficili, cambiamenti epocali.
Spesso nascondevano un animo buono dietro uno sguardo severo. Magari erano di poche parole, magari partiva qualche scapaccione, ma ogni figlio avrà visto in loro la rettitudine morale, il senso di onestà, il rispetto delle regole, la sacralità del lavoro.

I nostri padri hanno vissuto epoche in cui la tragedia incombeva in ogni momento sulle loro esistenze. E questo li ha resi determinati, consapevoli che nella vita tutto costa sforzo e sacrificio.
Che i risultati raggiunti non vanno considerati mai garantiti per sempre e che bisogna lottare per migliorare la condizione di tutti.
I nostri padri ci hanno insegnato tanto con i fatti, con la propria testimonianza di vita. Hanno saputo gioire delle piccole cose, accontentandosi di poco, ma la loro gioia era autentica.
Non si pensa mai, ma anche i nostri padri sono stati bambini, pieni di sogni. Anche i nostri padri sono stati travolti dall’amore.

Una delle più bei doni di un padre è lasciar liberi i figli di scegliersi la propria vita.
Se “la braa màma l’è gnamó nasida”, nessun papà è perfetto. Diventare padre è una sfida quotidiana, un dono straordinario e una grande responsabilità.
Ci sono papà fragili, che sbagliano, che vivono momenti di rabbia, di sconforto, di delusione. Ma poi cercano di risalire. Perché per i loro figli sono una roccia, una montagna incantata.

E se lentamente ma inesorabilmente invecchiano, nel cuore sono sempre giovani.
Perché le belle persone restano sempre belle, anche se passano gli anni. Anche se sono stanche, se hanno le rughe. Perché la bellezza che è dentro di loro non invecchia mai. Diventa con gli anni più fragile e preziosa. Le belle persone non smettono mai di brillare…

C’è una parola per definire l’eredità dei nostri padri. Si chiama amore. Ma loro questa parola non l’avrebbero mai pronunciata, sebbene l’abbiano realizzata nelle piccole cose di ogni giorno.

E quando un padre sale in cielo, lascia un vuoto incolmabile, ma anche valori inestimabili. 
Spesso, quando muore un papà, si assiste a famiglie che si spezzano per dividersi il patrimonio. E penso alla tristezza dei padri che dal cielo vedono queste terribili cose.

Un padre che ci lascia è come se dicesse ai figli: “Non ti lascerò mai, sarò sempre con te, nascosto dietro un arcobaleno, un cagnolino che passa, un uccellino sull’albero. Ci sono tante cose meravigliose che ti aspettano. Abbi sempre coraggio, figlio mio, e la forza di volontà. Cerca la felicità nelle cose vere. Cerca gli amici veri. E poi sorridi, sorridi sempre, non farti abbattere dalla tristezza, sii felice.”

Daniele Meschini di Livemmo, nel bellissimo scritto del 2014 “20 anni senza papà”, conclude: 
La mancanza che sentiamo non è solo la perdita di una ‘figura’, ma è la perdita di un legame indissolubile che unisce due anime, che sentiamo ‘nostro’…
Provare l’esperienza di perdere una persona vicina deve far crescere in noi quella consapevolezza che ci fa riconoscere le cose importanti, quelle che contano veramente in una vita, così che quell’anima che sembrava persa, possa rivivere in noi.
L’unico modo per onorare il ricordo è quello di essere orgogliosi di quel che si è, perché quel che siamo è il frutto di chi ci ha generato, di chi ci ha insegnato e indicato la strada da seguire.”


E una mia amica mi ha passato queste struggenti parole dedicate al papà il giorno del funerale:  “Caro papà, grazie perché sei stato il nostro papà, perché hai creduto in noi, perché hai fatto con noi i primi passi di ogni esperienza, perché ci hai fatto ridere dei nostri sbagli e perché ci hai dato la mano quando siamo cadute.
Grazie perché ci hai sorriso quando eravamo tristi, quando ci hai sgridato, quando non volevamo reagire e ci hai fatto sentire grandi nei nostri piccoli successi. Potremmo dire ancora mille grazie ma non basterebbe una vita. Comunque grazie perché sei stato il nostro “papi”.


Per la festa di San Giuseppe, auguri al sublime cantore Beppe Mangiarini (che compie gli anni), ai miei super-coscritti dottor Giusy Lazzarini e Beppe Venturelli, al teatrante e organizzatore del Teatro Gavardo Peppino Coscarelli, a Beppe Rizza, al grande volontario della Protezione Civile Beppe Leni, all’artista Beppe Bravi, al mitico Beppe Lavo di Villanuova e a tutti i Giuseppe del pianeta…

E i migliori auguri a Giuseppina Zambelli, mamma di Cecilia, Arturo e Simona Tebaldini, che sabato ha compiuto 92 anni.
Salute e felicità!

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo.
W il Chiese! E speriamo che tutti i papà che stanno combattendo tornino a riabbracciare i propri figli in pace!
maestro John

Nelle foto:
1) Mio papà (il terzo da sinistra) in Abissinia
2) Il caro Antonio Poli con la moglie Mariangela
3) Il caro Battista Grumi in Gaver
4) Il caro Sergio Franceschetti il giorno delle nozze con mia sorella Rita

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