19 Novembre 2021, 10.00
Eco del Perlasca

Mascolinità tossica

di Malaika Abbas

Ne avete mai sentito parlare? Vediamo di capirne qualcosa.


La mascolinità tossica è ciò che può derivare dall'insegnare ai maschi che non possono esprimere apertamente le emozioni; che devono essere “duri sempre”; che possono essere qualsiasi cosa diversa da quello che li può rendere "femminili" o deboli.

Queste sono lezioni culturali, che sono state collegate all’aggressione e alla violenza, lasciando ragazzi e uomini a "rischio sproporzionato per la disciplina scolastica, le sfide scolastiche e le disparità di salute", inclusi problemi cardiovascolari e abuso di sostanze.

Nella società moderna le persone usano spesso il termine "mascolinità tossica" per descrivere tratti maschili esagerati che molte culture hanno ampiamente accettato o glorificato.
Questo concetto dannoso di mascolinità attribuisce anche un'importanza significativa alla "virilità" basata su: forza, mancanza di emozione, autosufficienza, dominanza e prestanza sessuale.

Il problema è che molti non lo vedono come una cosa sbagliata
, ma come un punto di forza, senza ragionare che quasi ⅔ della popolazione mondiale (sia maschi che femmine) soffrono per colpa di queste regole culturali.
Sfortunatamente, a molti uomini non viene insegnato che si può essere vulnerabili, come superare i traumi o come abbracciare ogni aspetto di se stessi.

Elenco alcune frasi che vengono ripetute ai bambini nella prima fase della loro vita: "I veri uomini non piangono", "Non ti devi sentire triste", "Tu devi essere forte, non come le femmine", "Tu sei un uomo!”.
La società spesso fa pressione sugli uomini per "essere uomini" nel senso tradizionale, piuttosto che semplicemente “essere umani”.
Per gli uomini, la vulnerabilità è spesso trascurata, respinta o combattuta. Quando gli uomini respingono le emozioni e ignorano i sentimenti, la loro salute mentale ne risente.

Infatti nei casi di suicidio, la percentuale riferita ai maschi, nell’ultimo secolo, è aumentata del 40% rispetto alla percentuale di quella femminile.
Secondo i tradizionali valori maschili tossici, un maschio che non mostra abbastanza questi tratti potrebbe non essere un "vero uomo".
L'eccessiva enfasi di questi tratti può portare a squilibri dannosi in qualcuno che cerca di essere all'altezza di queste aspettative.

Alcuni esempi includono: aggressione, controllo sessuale, non mostrare alcuna emozione o sopprimere, iper-competitività, bisogno di dominare o controllare gli altri, una tendenza o glorificazione della violenza, isolamento, bassa empatia, sciovinismo e sessismo.
Alcuni esempi di ciò includono apostrofare un'altra persona, mentre mostra le sue emozioni, intimandogli di "fare l'uomo", oppure se una persona non riesce a fare o ha paura di qualcosa, gli si dice “tu non hai le palle di fare questo”.

Un altro esempio comune è il detto "I ragazzi saranno ragazzi". Questa espressione sostiene un comportamento negligente, aggressivo o altrimenti dannoso nei giovani maschi, piuttosto che insegnare loro espressioni collegate alla gentilezza. Si evidenzia così come le culture e le società tradizionaliste abbiano considerato i maschi come esseri superiori. Tuttavia queste opinioni possono causare danni e esaltare l'idea di mascolinità, portando a un atteggiamento ancora più tossico nei confronti di questi comportamenti.

Infatti ci sono più criminali maschi che femmine ed è più probabile che un maschio ripeta il crimine mentre per la femmina la possibilità è rara.

Superare la mascolinità tossica inizia con la ridefinizione di cosa significa essere un uomo.
Ogni persona dovrebbe aspirare a trovare una sana definizione della propria individualità e lavorare per raggiungerla.

Dare spazio agli altri per discutere apertamente dei loro sentimenti riguardo al problema può aiutare le persone a rimodellare anche le proprie definizioni. Inoltre conviene evitare di ripetere certe frasi che riflettono solo la potenza maschile, perché se andiamo sulla potenza anche un animale può sollevare più peso dall'uomo, ma la differenza vera sta nel cervello.

Malaika Abbas




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