La ferriera, San Luigi e lo spiedo
di John Comini

Venerdì ho vissuto una bella serata alla Ferriera di Prevalle, accanto al fiume. Poi dirò della Festa di San Luigi, all’oratorio di Gavardo. Infine una simpatica poesia dedicata allo spiedo scritta dall’amica Manuela Bonacina di Sabbio


Prima però vorrei ricordare due persone che ci hanno lasciato in questi giorni: Antonio Chiodi e Silvio Zane. Antonio l’ho conosciuto quando lavorava alla Fiat di Gavardo, era un grande appassionato di arte (amava i quadri di Nino Giustacchini) e dipingeva a sua volta. Silvio era figlio di Rita Ferretti (sorella del Monsignore) e del maestro Zane, che ha insegnato a generazione di bambini, ed era fratello di Annunciata, Bianca, Cecilia e Vanna. Era un grande appassionato di calcio (grande tifoso del Gavardo e del “suo” Brescia), aveva lavorato per anni al Lanificio ed aveva la battuta pronta e schietta, facendosi voler bene da tutti.

Venerdì scorso ho partecipato ad una stupenda serata a Prevalle, nel piazzale della Ferriera di Ponte Chiese, proposta dalle scatenate ragazze dell’associazione culturale “I Giorni”. La sera prima ero stato impegnato con lo spettacolo “Il fiume della vita” dedicato ai racconti dei nostri nonni, organizzato dalla Fondazione La Memoria. Siamo stati subissati da applausi e complimenti, tutti hanno dato il meglio di sé, dagli attori al Coro La Faita, dai tecnici ai volontari.

La serata terminava con queste parole: “Come ha scritto un poeta, le belle persone restano sempre belle, anche se passano gli anni. Anche se sono stanche, se hanno le rughe. Perché la bellezza che è dentro di loro non invecchia mai. Diventa con gli anni più fragile e preziosa. Le belle persone non smettono mai di brillare, come brilla l’acqua di un fiume pulito che va verso il mare, il mare d’amore che voi, nonne e nonni, avete donato. E noi, augurandovi giorni ricchi di serenità, di salute e di dolcezza, possiamo soltanto dirvi una parola, una sola parola che viene dal cuore: grazie!”

La sera dopo, la mia attuale moglie, d’accordo con l’amica Anna Martini, mi dice che va a Prevalle. Le dico: “Vai vai, che io mi rilasso guardando i film che a te non piacciono”. Ma le donne (non so se avete presente…) chissà perché avevano già deciso tutto: alla fine mi son ritrovato sulla mia Punto Rossa a guidare, con accanto Antenore (che sarebbe stato volentieri a casa a sistemare le sue belle fotografie) e con dietro Emi ed Anna che parlottavano come cinciallegre. Ma poi sono stato davvero contento.

C’era un fiume di gente: ho salutato gli amici alpini prevallesi che facevano da servizio d’ordine, molte persone che conoscevo, la bionda moglie di Paolo Catterina che mi ha fatto salutare il mio ex alunno Davide (come sempre mi emoziono ad incontrare i “miei” bambini diventati grandi), l’amico e coscritto Riccardo Landi ed il mitico parroco don Fabrizio Gobbi, con il quale abbiamo concordato una replica della serata in ricordo di suor Liliana Rivetta nel 40° del suo martirio (segnatevi la data: sabato 23 ottobre al Cine-teatro di Prevalle!).

Incontro Gianluigi Baresi (per gli amici “Gigio”), per molti anni responsabile dell’Ufficio Amministrativo della Ferriera Ponte Chiese. Caio Andreassi mi ha parlato di uno straordinario progetto “natalizio” a cui sta lavorando da mesi: vorrei parlarne subito, ma non voglio rovinargli la sorpresa! Tra le molte persone c’erano alcuni milanisti e interisti ironici. Erano 10 anni che aspettavano il momento di risorgere…fortuna che a consolarmi c’era mio nipote Sergio Avanzi, juventino doc!

Il sempre entusiasta Paolo Catterina da par suo ha raccontato le varie storie sul ponte di Calvagese, contrappuntate da leggende, pestilenze e ricordi di un sindaco (insieme all’assessore e amico alpino Vincenzo Ondei, che saluto).

Il “grande” Fabrizio Landi ha letto il suo celebre componimento «Se 'l Cés el cambiarà nom...» ora musicato da Piergiorgio Cinelli. Un testo denso, civile e pieno di rabbia per la nefasta questione del depuratore delle fogne dei comuni gardesani, nelle cui scuole dovrebbe essere insegnato!

Lo stesso Fabrizio ha letto il racconto di una vita intera dedicata con passione al lavoro nella ferriera dei fratelli Luigi e Rinaldo Zanatta.
Un’attività iniziata negli anni 40 dal padre, Giulio Zanatta, dalle geniali intuizioni, che con la moglie Carolina gestiva un piccolo maglio per produrre attrezzi agricoli e dava lavoro ad alcuni giovani del paese. Sono gli anni del dopoguerra, della ricostruzione, della speranza. Negli anni 60 i giovani figli affiancano i genitori nella gestione dell’azienda. Ma non c’è più la necessità di vanghe e badili, la nuova domanda di mercato arriva dall’edilizia. Su consiglio di parenti che avevano già un impianto di laminazione a Nave, papà Giulio decide il cambiamento: converte il maglio in un laminatoio. Si inizia a produrre tondino per cemento armato. Il lavoro è tutto manuale, vede all’opera una ventina di operai.

Negli anni 70 i figli Luigi, Rinaldo e Adriano trasformano il “Laminatoio” in “Ferriera Ponte Chiese spa”. Dal padre hanno ereditato il rispetto del lavoro, non esitano ad indossare la tuta blu e scendere tra i macchinari a fianco dei propri dipendenti. Danno fiducia ai propri figli: sono gli anni 90. Nel 2008 si toccano i 5000 quintali al giorno: barre per aziende più grandi. Si vende il prodotto in Italia, ma anche in Israele, in Grecia e in qualche Paese africano.

Il laminatoio è tutto automatizzato, gli operai controllano le fasi di lavoro da una cabina. Prima della crisi del 2008, la richiesta è molto alta, si fa il ferro di notte e la mattina alle 11 è già tutto caricato. “Nonostante i tanti sacrifici, era una soddisfazione vedere l’impianto che girava al massimo. Nei diametri piccoli (6 mm) eravamo i migliori della provincia. Poi l’edilizia è crollata. La crisi ha colpito molte ferriere. Quando abbiamo chiuso, la scelta è stata dolorosa e difficile. I nostri figli, Luca, Davide e Marco, bravi tutti e tre, lavoravano già qui. In futuro vedremo se affittare o vendere. Quando abbiamo dovuto prendere la decisione di fermare l’azienda, abbiamo provato un grande magone, tutti e tre, compreso nostro fratello Adriano. Ci piangeva il cuore perché a questa attività ci siamo dedicati con passione per una vita intera.” Che grande storia di grandi uomini!

Alla fine della serata, Rinaldo Zanatta ha avuto parole di gratitudine per tutti e si è commosso nel vedere l’immagine del papà Giulio. Dopo le belle immagini dall’alto, realizzate con un drone (la tecnologia fa miracoli) ci siamo recati al buffet: era così ricco che a saperlo non cenavo! All’uscita, le ragazze de “I Giorni” hanno omaggiato tutti di un agile libretto “Un fiume, un ponte, una ferriera”. Bravi tutte e tutti! E io che volevo starmene a casina!

Oggi a Gavardo ci sarà la Festa di San Luigi, preceduta dalla Santa Messa in Oratorio con mandato ai catechisti, educatori e capi Scout. Papa Francesco ha detto: “I catechisti siano creativi, non ripetitivi, trovino nuovi ‘alfabeti’ per annunciare il Vangelo, mai avere il cuore, l’atteggiamento e la faccia preconfezionati…La catechesi è tradizione, ma viva, da cuore a cuore, da mente a mente, da vita a vita.”

Quanti ricordi di quand’ero bambino: la fantastica pesca, la sfida a dama (nella quale vincevo spesso, solo don Dino Rivetta mi batteva!), la gara di ciclocross in cui eccellevano il grande Cece Polvara, Ivano Maioli e il caro Gianni Zanassi. E poi pincanello, ping pong, spacca-pignatte, mangia-budino, corsa dei sacchi e mille altre sfide. La sera c’era la cuccagna, con il palo rivestito di grasso, che rendeva più difficoltosa e spettacolare l’impresa (la cenere usata dagli “scalatori” spesso finiva negli occhi degli spettatori). In cima c’erano salami e galline come appetitoso trofeo. La sera suonava un gruppo musicale e venivano lanciati i fuochi artificiali (alcuni cadevano nel campo del Poletti…).

Da anni si gusta l’ottimo spiedo dell’Isaia Cavagnini, che anche quest’anno fa da supervisore, mentre Pepi Grumi fa la regia sulle orme dei mitici suoceri. Mariangela con altre brave donne prepara le varie prese pronte per essere messe a cuocere dagli chef Paolo Bresciani e Francesco “Cisco” Romellini.

Come ha ben scritto Luciano Pace su Vallesabbianews, nella “gustosa" disputa tra spiedo sul fuoco o elettrico, “lo spiedo è una tradizione che va al di là del semplice mangiare. Quando lo si cucina, lo si fa per stare in buona compagnia, cantare, ridere e danzare insieme, in amicizia; tutte cose, queste, che migliorano e rendono bella la vita umana, per lo più fatta di fatiche e di dolori da sopportare.” Quant’è vero!

E allora concludo con una filastrocca scritta dalla mia amica Manuela Bonacina. Oltre ad essere una brava attrice, ha scritto bellissime favole, ha una famiglia favolosa ed è presidente di “Sotto lo Stesso cielo”, associazione (promossa dalla Cooperativa Co.Ge.S.S.) di familiari di persone con disabilità in Valle Sabbia con l’obiettivo di favorire l’inserimento sociale e sensibilizzare il territorio sul tema della disabilità.

Spesso la bella Manuela organizzava, insieme ai suoi cari, eccellenti spiedi per gli attori dell’Illustre Teatro di Vestone. In uno di questi bellissimi (e buonissimi) incontri ha declamato questa simpatica filastrocca dedicata allo spiedo (è un po’ osé, ma le donne sanno anche ridere di questo)

 “Mi son scervellata e son sincera di quest’ultime, una sera
per cercare un argomento per movimentare anche quest’evento
ebbene caro John tu mi desti il là, quando, giorni fa
definisti con entusiasmo lo spiedo meglio di un orgasmo…
E se non fossi più dell’opinione ormai ho preso l’occasione
di questa tua bella trovata per la mia rima scellerata
seguirà per il comun diletto un sagace dialoghetto
fra lo spiedo bresciano e un essere umano
La rischio ma me ne infischio chiaramente di sesso maschio
Disse lo spiedo:
“Uomo sei in una morsa eppur sempre di corsa
la donna ama me della cucina unico re
per cui è comune opinione che tra te e me non c’è paragone
vuoi sapere quali sono i miei argomenti?
Davvero te la senti?
Giro lento, son paziente la donna leggo nella mente
realizzo un suo sogno tu non soddisfi un suo bisogno:
prima d’esser degustato già le accarezzo un po’ il palato
col mio aroma dolce e intenso che non somiglia certo penso
a quel tuo odor acre melenso
Le solletico il pensiero del mio sapor deciso e vero
sentirà degli angeli un coro eppur… neanche la sfioro
L’eccitazion salirà lenta mentre cuoce la polenta
pollo lombo e coniglio e al suo sen già io mi appiglio
che scalderò con quel calore di chi dura quattro ore…!
Nessuna volgarità, questa è la verità
tu mi vuoi ferire, dici che non mi può digerire
continui a infierire che son carne che non fa…gioire
Ma davvero uomini ora mi sfidate?
Non sarebbe meglio che ve ne andiate?
E va bene, voi che ve la menate
tra voi e me chi ha più patate?
Son poco più di un arrosto ma sono un tipo tosto;
uso il burro ma è un sussurro
che si scioglie sfrigolando il sapor amalgamando
tu invece vai ridendo un po’ grugnendo, gongolando
pensi d’esser Marlon Brando nel famoso ultimo tango
Incuriosisco son gioia del desco difficilmente faccio fiasco
e se fiasco c’è è pien del vin che più buon non v’è
Riesco a essere  maiale senza essere amorale
riesco a essere coniglio
ma non mi nascondo in un cespuglio
e sì son pure pollo ma credimi non mollo
e per finir sul più bello io non ho solo un uccello!”

Grande Manu! Te voe bè!
Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo. W il Chiese!

maestro John

Nelle foto:
1)Mio fratello Dino con la squadra “Fil de fer” pronta per la scalata alla cuccagna (Festa di San Luigi 1962)
2 e 3) Alcuni simpatici nonni della RSA ringraziano per la serata “Il fiume della vita”
4) Massimiliano Lorenzani, corista de La Faita, felice accanto allo spiedo
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