L'origine di Capovalle
di Maura Vallini

Nessuno voleva abitare lassů, in quella conca cespugliosa dove sembrava che le fiere della selva avessero trovato un sicuro rifugio...

Nessuno voleva abitare lassĂą, in quella conca cespugliosa dove sembrava che le fiere della selva avessero trovato un sicuro rifugio.
Gli uomini che salivano le cime dei monti Stino e Piombino si sentivano una stretta al cuore, scrutandola dall’alto, senza che il volto indurito manifestasse il dolore causato da quell’abbandono. E si dicevano l’un l’altro che sotto quelle zolle non smosse e sotto i cespugli c’era l’oro.
Ma nessuno aveva mai osato addentrarsi in quel luogo per andare a cercarlo.

Due boscaioli disperati erano rimasti senza lavoro.
“Andate là, nella conca di Stino, e troverete l’oro sotto i cespugli” fu loro suggerito.
S’incamminarono, questi due, animati da più buona volontà e su, su, su, per quei sentieri scoscesi che sembrano precipitare nel lago tagliato da venti riflessi.
Ben presto si staccarono e procedendo con fatica l’un dopo l’altro non pensavano nemmeno di assaporare le dolci fragole chine sull’erba rugiadosa o di raccogliere i ciclamini che gli uomini della montagna erano soliti deporre nei solitari tabernacoli dedicati alla Vergine.
“Ah, no!” Sospiravano a vicenda.
“Ah, no!”.
Di tratto in tratto si fermavano posando lo sguardo sul lago e sui monti piĂą lontani: Corna Blacca, Baremone, Dosso Alto, muti come giganti incatenati.
“Ah, no!” “Ah, no!”.

Finalmente trovarono dell’acqua sorgiva, freschissima, che li ristorò della paziente fatica.
Erano alle sorgenti del fiume che, per i pittoreschi burroni delle Camerate, percorre la Valle delle Cartiere e finisce nel Garda a Toscolano.
Il sentiero, fin lassù chiuso nel bosco, scodellava improvvisamente la vasta conca di Capovalle, fertile e colorita, fra monte Stino e Manos e, sull’orizzonte, la nervosa catena del Baldo.
Cominciarono a smuovere la terra, a sradicare i cespugli, a tormentare ogni zolla per cercare l’oro.
Avevano quasi rinunciato, quando, dopo alcuni mesi, la terra diede i suoi frutti.
“E’ l’oro, è l’oro!” esclamarono i boscaioli.
Attirati da tanta ricchezza altri uomini vi accorsero, aumentarono le abitazioni e il paese fu chiamato Hano per celiare forse sui lamenti e sui disagi dei pionieri.

Ma il nome, più che i sospiri degli incogniti fondatori, ricorda un’origine preromana, quando non voglia essere una contrazione di Juana = porta, per la sua posizione topografica. La frazione di Viè e quella di Vico ai piedi della rocca costruita dai valsabbini, ed ora interamente distrutta, testimoniano la presenza di coloni romani ancora vivi nella tradizione e nel fiero carattere degli abitanti di quel luogo.

Da Curiosità e leggende valsabbine – Ugo Vaglia
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