Il vamping. Le notti abituali dei ragazzi
di Giuseppe Maiolo

Chi non ricorda la canzone “Certe notti” di Luciano Ligabue, che è stata un grande successo della metà degli anni ‘90?


Lanciata alla fine di agosto del 1995, quella ballata rock raccontava le notti dei giovani di quel tempo. Parlava del bisogno di fare “cagnara” insieme agli altri e della voglia di provare le emozioni che di giorno non ci sono.

Quello che conta, diceva Ligabue, “è sentire che vai”. Certe notti bisogna restare svegli altrimenti non “ci si sveglia mai” e si può “restare soli” con se stessi perché quelle notti servono per crescere e cambiare.

Ora tutto è diverso. Le notti di Ligabue forse non esistono più e i teenager di oggi non sono mai soli perché stanno sempre in rete, iperconnessi. Caso mai sono isolati e non solamente a causa del distanziamento sociale imposto dalla pandemia.

Prima dei lockdown già c’era una solitudine nuova, fatta di paura del mondo e di ritiro. Era, ed è, isolamento per protezione e “auto-prigionia”. Una sorta di reclusione nella propria stanza e di ritiro dal mondo delle relazioni.

Di certo c’è un vuoto dei rapporti sociali che attraversa la generazione dei “coronials”, gli adolescenti di oggi, che incrementa l’utilizzo dei dispositivi che consentono rapporti a distanza e frequentazioni virtuali. Non si esce più di casa, il che tranquillizza i genitori, e non si sta svegli “certe notti” ma abitualmente. E gli adulti non si accorgono.

Si chiama “vamping” ed è il girovagare virtuale di notte. Necessità di adrenalina pura da mettere in circolo ma senza correre l’avventura della vita “a fari spenti nella notte”.

Il vamping è fare i vampiri, cioè nottetempo provocare e assalire prede per divertimento. Lo fanno in molti, anzi in troppi, e sono preadolescenti e bambini che passano le notti a navigare sotto le lenzuola.
Si divertono, dicono, quei “pollicini” insonni che in maniera indisturbata messaggiano con gli “amici” virtuali mentre i loro genitori li pensano tra le braccia di Morfeo.

Ne ho incontrati anch’io diversi, sempre più piccoli della primaria, che prendono in giro e offendono, insultano e minacciano chiunque. Nient’altro che bulli o cyberbulli, che vogliono mettesi in mostra e farsi notare in quella rete che offre like e ricompense immediate nel web senza confini dove tutto sembra consentito.

Su un campione di 8mila ragazzi che l’Osservatorio Nazionale Adolescenza ha intervistato, 6 su 10 sono quelli che hanno detto di restare svegli quasi tutte le notti. Un fenomeno, dunque, preoccupante che in famiglia si dovrebbe contenere con il controllo e l’esempio. Perché altre ricerche dicono che l’uso notturno dei dispositivi digitali è praticato dal 75% degli adulti.

In ogni caso il vamping tra i minori incrementa il rischio di cadere nelle trappole di adescatori e pedofili e aumenta il pericolo di esprimere violenza gratuita. Non favorisce la crescita sociale, ma sottolinea invece le reali difficoltà che hanno quei minori sul piano della socializzazione.

E soprattutto il vamping è già il segnale preoccupante di un’iniziale dipendenza dalla rete, spesso il tratto visibile del cyberbullo, prepotente, incapace di rispetto ed empatia. Fenomeno dunque da contenere con una precoce educazione digitale e che, durante la crescita, richiede ai genitori grande attenzione allo sviluppo delle relazioni sociali.

Giuseppe Maiolo
Docente di Psicologia delle età della vita
Università di Trento
www.iovivobene.it

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