Odeno, borgo gentile e signorile
di Alfredo Bonomi

Con questa "cartolina" di Alfredo Bonomi, la trentesima, si conclude la serie di preziosi spunti per conoscere ed apprezzare alcuni fra gli "scorci" più interessanti della Valle Sabbia



Fra le borgate che costellano la zona delle Pertiche, Odeno, seppur limitata nella consistenza abitativa, oltre ad avere una posizione felice, mostra un decoro particolare.
Le case sono tutte assai ben strutturate e portano i segni di una storia che, oltre ad essere stata lunga, è stata quella di una piccola comunità assai antica e dotata di buoni possedimenti.

Il paese si è sviluppato su un piccolo pianoro che domina la sottostante valle del Tovere; nel medesimo tempo era la “porta” verso la zona rurale dei “Ronchi” e delle malghe di alta quota del “Pian del Bene”.
Vicinia e Comune già nel sec XIII, ha intrecciato la sua storia con quella del Comune di Navono, col quale ha condiviso malghe e boschi avuti, secondo una collaudata tradizione, per testamento dalle “Bonefemine” di Fusio nel 1002.
Non è stata sempre pacifica questa convivenza di possedimenti e la piccola, ma dinamica Vicinia ha preteso la sua parte che ne faceva, nel contesto delle Pertiche, la Vicinia dotata di più beni in rapporto al numero degli abitanti. Dopo lunghi ed anche turbolenti contenziosi, si giunse alla delimitazione dei confini nel 1464.

Le famiglie Castelli e Baldini
, con il ramo collaterale dei Brescianini, sono state l’asse umano portante di questa comunità. La prima ricorda l’esistenza di una fortificazione posta in una posizione elevata del borgo chiamata ancora “Castello”.
La seconda annoverò, a partire dai primi anni del 1400 e sino al 1800, religiosi, notai, uomini di lettere, abili commercianti, pubblici amministratori e non c’è avvenimento della Vicinia, o del Comune quando il paese ha avuto tale istituzione amministrativa, che non l’abbia vista coinvolta.

La chiesa, costruita su un ridente poggio, domina tutto l’abitato ma, nel medesimo tempo, diventa un elegante elemento paesaggistico, di densa poesia.
Diventata parrocchiale autonoma nel 1684, è stata il punto di riferimento della fede e dell’orgoglio degli abitanti, tanto da avere un interno assai ricco di intagli lignei, di tele, di altari e di tabernacoli con lavorazioni in marmo veramente di pregio che denotano non solo buon gusto, ma relazioni con il “mondo dell’arte” e solide disponibilità finanziarie, per avere la qualità del bello.

La dedicazione a S.Apollonio, vescovo di Brescia, è un richiamo evidente ad una storia religiosa assai antica. Dal poggio su cui è costruita, questa vedetta della fede e della storia della comunità gode di una posizione strategica.
Era vista dalla sottostante zona di Fusio, che ben domina, dove i lavoratori del ferro, a partire dal XIII secolo, potevano levare lo sguardo verso di lei.

Inoltre il suono delle sue campane era avvertito sino ai “Ronchi” dai mandriani della zona.
Così la chiesa era il legame tra il paese e le molte cascine disposte più in basso delle malghe ed accompagnava il lavoro dei contadini e quello dei mandriani.

L’allevamento del bestiame è stato il perno della storia economica di Odeno tanto che nella chiesa era attiva la Confraternita dedicata a Santa Brigida, patrona dei mandriani.

Odeno è ricordato come paese ospitale, dove tutti si trovavano bene.
La gentilezza delle donne che gestivano le osterie e le fiaschetterie, ben cinque di media in un paese che oscillava intorno ai 100 abitanti, è proverbiale. Il titolo di “borgo gentile” gli si addice pienamente e quello di “borgo signorile” per il tratto generale di finezza della popolazione e per la proprietà di linguaggio posseduta.

In ottobre per la festa della “Madonna dei osei”, dove il sacro ed il profano di molti spiedi colmi di uccellini si univano in un abbraccio umano fatto di buoni aromi e di spensierata compagnia, il paese attraeva molti perticaroli.
L’Aurelia con la figlia Adriana, l’Enrica, l’Emilia, la Giulia con i loro locali erano il naturale punto di riferimento. I loro sorrisi si accompagnavano ad un linguaggio elegante, tipico delle donne di questo borgo.

Era il segno di una solida conoscenza di base della lingua italiana dovuta probabilmente anche al lascito Castelli del 1656 che aveva vincolato la sostanza di Francesco Caselli perché il paese potesse avere un cappellano-maestro che facesse ai fanciulli “bona scola” e insegnasse a “scrivere e grammatica”.
Questo sussidio economico continuò sino alla prima metà del 1900. E il risultato si è visto.

Se si trattava di rivolgersi nelle osterie ad una persona non delle Pertiche non veniva usato linguaggio diverso dall’italiano. Se invece il colloquio era con i locali, l’uso del dialetto veniva spontaneo, ma non uscivano dalla bocca delle donne termini grossolani.
Tutto questo in una dimensione di gentilezza ben lontana da quello che oggi si legge su certi “social”.

Certo, anche allora nelle osterie si vendevano bevande, ma venivano servite con stile. C’era nei gesti di chi serviva una gentile fierezza, fatta di dignità; probabilmente non si era dimenticato il decoro di famiglie antiche e di buona sostanza. L’intrattenimento umano e colloquiale era parte della professionalità in una “regia umana” che, pur guardando anche al guadagno, cercava di rendere gradevole il tempo trascorso nel locale.
E’ questo un pregio che dovrebbe essere riscoperto e coltivato anche oggi.

Vedere Odeno è legare la memoria non solo ad una “storia locale” vissuta con abnegazione durante la Resistenza, ma, nel complesso, ad un vivere civile, a quel vivere che faceva decorosi i nostri borghi di montagna, e che in parte ancora li connota.

Alfredo Bonomi

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