Coi morti a bordo strada
di Alfredo Bonomi

ll fascino comunicativo delle cappelle di famiglia del cimitero vecchio di Bagolino


Per comprendere il valore del cimitero vecchio di Bagolino, bisogna sostare con calma di fronte alla sfilata delle cappelle di famiglia che si affacciano sull’importante strada percorsa nei secoli da chi si recava nell’alta Valle del Caffaro, e da qui in Valle Camonica.
Solo raccogliendosi in silenzio e lasciando parlare il “contatto visivo”, ci si immerge veramente in uno “spaccato” di storia umana e spirituale significativa.

La particolarità di questo cimitero consiste proprio nella sua tipologia architettonica con la disposizione delle cappelle più importanti sul bordo strada, quasi per dar corpo ad un colloquio intimo con chi transita, con l’intento di continuare un legame tra il “mondo dei morti” e quello dei vivi, considerati entrambi parti essenziali di un’unica comunità e di un’unica civiltà.

L’idea di disporre le sepolture al bordo della strada richiama l’uso latino di seppellire e di ricordare con monumenti i morti proprio ai lati delle grandi strade, convergenti verso la capitale, dove scorreva la vita delle vicende trionfali, di quelle più tristi, nonché quelle della quotidianità.

Nel fornitissimo archivio del Comune, un tesoro conservato con scrupolo dalla comunità, sono stati trovati documenti del 1807 che riguardano la costruzione del cimitero. Il suo utilizzo è testimoniato a partire dal 1810.
Ciò significa che la costruzione del “nuovo” cimitero, con l’abbandono di quello vicino alla chiesa parrocchiale, è avvenuto in tempi brevi in ottemperanza all’’Editto napoleonico di Saint Cloud del 12 giungo 1804, esteso all’Italia il 5 settembre del 1806.

Eloquente l’art. 75 dell’Editto pubblicato sul “Giornale ufficiale italiano”.
Così recita: «E’ proibito di seppellire i cadaveri umani in altri luoghi che nei cimiteri. Questi saranno successivamente collocati fuori dall’abitato dei Comuni».

L’art, 76 specifica che «Quei Comuni che non hanno un cimitero collocato come sopra, lo faranno disporre al più tardi entro un biennio...».
Bagolino è stato uno dei Comuni più solleciti nell’attuare quanto stabilito dall’Editto napoleonico, non solo perché grossa borgata, ma sicuramente anche per una particolare vivacità politica.
Infatti alcune famiglie significative per censo e per ingegno non si attardarono nel rimpiangere il “vecchio” regime veneziano, ma condivisero le idee progressiste portate dalla Francia.

E’ da questa “radice culturale” che si spiega meglio il dibattito politico che, per tutto il 1800, ha reso vivace la comunità di Bagolino, nel confronto tra risorgimentali liberali con chiare connotazioni laiche e cattolici più legati alla tradizione, ma tutti accomunati dalle reciproche salde convinzioni e dalla concretezza della buona amministrazione della “cosa pubblica”.

Le cappelle, attraverso i nomi incisi sul marmo, parlano abbondantemente di questa “storia amministrativa”, ma anche di risvolti culturali ben presenti e quindi del legame con ciò che avveniva in uno scenario più vasto.
Non per nulla domina nelle cappelle lo stile neogotico, stile “di moda” per buona parte del 1800 per gli influssi romantici provenienti d’oltralpe, anche se qui questo stile è un po’ contaminato dall’influsso di una tradizione di misura più equilibrata.

Dal punto di vista stilistico,
la tomba più imponente è quella della famiglia Zanetti “Corè”, ma quella più scenografica e pretenziosa è quella della famiglia Stagnoli, che acquista la forma di una piccola cattedrale che si impone sulle altre cappelle, quasi per attirare meglio lo sguardo di chi passa.

Ne seguono molte assai significative.
L’”angelo” della tomba Bordiga ha abbandonato la classicità per acquistare forme più vaporose che si avvicinano al “Liberty”, mentre la semplice ma elegante tomba Pelizzari “Retec” rimane saldamente legata ad un concetto classico.
Ci sono poi “curiosità” che riguardano alcune famiglie.
L’”ancora della salvezza” sulla semplice ed elegante famiglia Foglio, ha fatto diventare questa “Foglio-ancora”.

Il cimitero è stato intelligentemente restaurato
a partire dal 1996. I lavori sono andati avanti per circa sei anni e sono stati portati a termine grazie all’aiuto del Gruppo Alpini di Bagolino.

Il granito, il marmo usato con parsimonia, i mattoni, il ferro lavorato delle molte croci particolarissime, messe nel cimitero, chiamano a raccolta gli elementi quotidiani usati nelle costruzioni semplici, come in quelle più impegnative.
Sono, in sintesi, la materia di una “civiltà contadina” che mantiene le sue testimonianze ben in vista e che penetra abbondantemente anche oggi l’animo degli abitanti di Bagolino, non tanto per una nostalgia del “tempo che fu”, ma per la tendenza a coniugare il valore della tradizione con le sfide dell’oggi.

C’è in questa gente di montagna la tenacia di salvare nel profondo quello che è avvertito come elemento unificante della comunità

Alfredo Bonomi


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