Il cimitero di Vestone, il "Monumentale" della Valle Sabbia
di Alfredo Bonomi





Una visita al cimitero di Vestone non è soltanto una delle modalità più complete per ripercorrere, attraverso i nomi messi sulle lapidi, la storia del paese che, per il 1800 e per buona parte del 1900, è stata parte determinante della storia della Valle Sabbia.
E’ pure un “viaggio” tra le molte linee architettoniche delle cappelle di famiglia, che ne fanno il cimitero “monumentale” della Valle.

E’ certo il luogo della memoria dei defunti, ma
richiama l’attività sociale, politica ed economica di importanti e distinte famiglie.
La storia del cimitero è strettamente legata a quella della chiesa di S. Lorenzo, la parrocchiale di Vestone sino alla fine del 1500.
Dopo l’editto napoleonico di Saint Claud, esteso all’Italia a dominazione francese nel 1806, Vestone non ha dovuto costruire lontano dal paese il cimitero perché quello esistente era posizionato a debita distanza dall’abitato.

Era raccolto in una continuità sacrale intorno alla chiesa di riferimento a partire dal sec. XII per tutta la comunità, prima che l’asse religioso si spostasse alla confluenza del Degnone nel Chiese, nella nuova chiesa dedicata alla Visitazione di Maria ed Elisabetta, sorta dove pulsavano le attività economiche e commerciali.
Il cimitero è stato progressivamente ampliato partendo dalle tombe e dalle lapidi che sono sulle pareti interne ed esterne della chiesa e nell’elegante loggia cinquecentesca.
Sono state conservate quelle delle famiglie più antiche poi, ottemperando alle norme in materia di sepoltura, è sorta quella che ora può essere definita la parte “vecchia” del cimitero, la più preziosa ed emozionante, dove ogni pietra è carica di ricordi che riguardano vicende umane e sociali che hanno segnato la storia della Valle.

A partire da questo primo ingrandimento, ne sono seguiti altri sino ai nostri giorni.
Questi successivi ampliamenti con andamento digradante verso il basso, se osservati dalla chiesa di S. Lorenzo, non sono altro che un vasto e monumentale contorno di quello più antico; se visti invece dall’attuale entrata sono un nobile invito al “centro storico” del cimitero e ad una visita alla chiesa e alle sue notevoli opere d’arte.

Vestone è stato il centro dei “risorgimentali” della Valle Sabbia, divenuti poi in gran parte liberali zanardelliani, personalità di spicco con spirito laico, che hanno determinato la vita amministrativa del Comune per più di quarant’anni, a partire dall’Unità d’Italia.
Sono anche gli archetipi di buona parte della nostra storia valligiana per quasi tutto l’800 e per buona parte del ‘900.

Proprio nella scenografica parte più vicina alla chiesa, sono conservate le tombe dei “risorgimentali” più noti, che quelli che Felice Mazzi chiama gli “incliti”. Percorrendo il viale che divide questo camposanto “antico” segnato da molti, variegati e caratteristici “monumentini”, lo sguardo sfoglia il libro del Risorgimento valligiano e idealmente si unisce alle scritte delle cappelle dei Riccobelli, dei Guarnieri, dei Pagnoni, dell’ing. Borra.

Ma non mancano i nomi della borghesia locale delle professioni e delle attività economiche, quelli che hanno dato un timbro vivace al paese nel 1800, sino agli inizia del 1900. Incontriamo così i Materzanini, i Pialorsi, i Calcari, i Comparoni, gli Scalmana, i Moneta, i Rizzardi, i Dossena, i Guerra, i Cappa ed altri. Non mancano nemmeno tocchi di nobiltà con i De Cillà.

Nella parte più nuova del cimitero, separata dalla precedente da una comoda scalinata, è specialmente ben rappresentato il “mondo economico” che ha guidato il primato produttivo di Vestone sino a tutta la prima metà del 1900.
Le cappelle Bonomi e Belli tengono viva la memoria di due famiglie artefici della vita produttiva dell’Ave, azienda che ha portato e porta ancora, dopo più di 100 anni dalla sua costituzione, il nome di Vestone in molte parti del mondo.
Ne seguono molte altre con i nomi della Vestone odierna.

La visita alla chiesa di S. Lorenzo completa questo itinerario di memorie perché permette di unire la “modernità” della comunità vestonese, intendendo con tale termine il periodo storico seguito al crollo della Repubblica Veneta nel 1797, con i secoli passati.
Anticamente di architettura romanica con copertura in legno “a capanna”, ha subito sostanziali modifiche nella seconda metà del sec. XVII e nei primi anni del sec. XVIII.
Rimane comunque carica di fascino.

Qui, a dimostrazione dell’importanza del luogo, sono stati sepolti parecchi personaggi. Si conservano ancora le lapidi di un nobile rurale Glisentius, di Giovanni Sarasino, capitano di fanteria nella lotta contro l’occupazione francese di Luigi XII, del medico Antonio Glisenti, medico dei Lodron, con dimora anche a Venezia, padre del notissimo e assai colto medico Fabio.
Su queste lapidi e su altri segni di storia e di arte, vigila lo splendido polittico cinquecentesco attribuito al pittore Martino da Gavardo.

Sino al 1828 i sacerdoti sono stati sepolti presso questa chiesa. Nel portico, il raccordo architettonico con il resto dell’area cimiteriale, dal 1646 esistono le tombe per categorie di persone, quelle dei “vergini”, dei “maritati”, dei “fanciulli”, dei “religiosi”, degli “innocenti”, come se la comunità dei morti continuasse ad essere rappresentata nelle anime dalle categorie esistenziali e sociali avute in vita.

In sintesi il cimitero di Vestone può essere ben definito il “monumentale delle glorie valsabbine”. In questo senso non va percepito solo come luogo dei defunti, ma anche la continuazione, in modo diverso, della pagina della vita “recitata” sulla terra durante l’esistenza.

Questo cimitero, con le tombe di pittori Togni, Garosio, Tabarelli e di altri artisti, è anche la concreta testimonianza di un rapporto speciale avuto dal paese con il “mondo della pittura” non solo locale.

Alfredo Bonomi


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