Las calles de las mujeres (Le vie delle donne): ovvero dis-uguaglianza di genere
di Aurora e Sveva

Il progetto di cartografia "open", nato a Sao Paulo, in Brasile, durante un incontro tra utenti di Open Street Map, approda all’Istituto Perlasca



Una mattina in aula, osservando il planisfero di Mercatore, durante una lezione di geografia con il prof. Cesare Laconi, ci siamo accorti di quanto sia potente la comunicazione cartografica e al tempo stesso quanto essa possa però rivelarsi approssimata.
Prendendo in esame le proporzioni degli stati su Google Earth, abbiamo esclamato: “Ma questa mappa ci sta raccontando un sacco di bugie!? La Russia è molto più piccola di quello che pensavamo!”.

Già; la cartografia infatti è riduzione, è deformazione della realtà ed in quanto tale può essere paragonata ad una fotografia. 
Quindi le rappresentazioni cartografiche sono bugie? Probabilmente sì, ma necessarie, a volte, per rappresentare il nostro globo su un piano bidimensionale.
Per quanto si possa dire male della cartografia, di certo però si tratta di uno strumento potente ed efficace per rivelare aspetti e storie che ai più sono sconosciuti.

Una mappa, dicevamo, è come una fotografia, racconta in modo soggettivo la storia del territorio e dei luoghi che ogni giorno viviamo e calpestiamo.
Osservate la carta fisica e politica d’Italia, dell’Europa, della Terra: credete  che a questo si riduca l’immenso universo della cartografia? No, la potenza comunicativa dipende infatti dal punto di vista di chi scatta la foto di quel  particolare territorio, in quel preciso momento storico.

Partendo da questa considerazione, noi alunni di 1^ e 2^ Amministrazione Finanza e Marketing abbiamo cercato di analizzare alcuni progetti di cartografia collaborativa nella rete e ci siamo imbattuti in vari esempi di mappatura partecipata: l’Atlante Mondiale dei Conflitti Ambientali, la Mappa de Suoni – Radio Aporee, il progetto di uguaglianza di genere Las Calles de las Mujeres (Le vie delle Donne).
Poiché  tutte queste esperienze ci aiutano a diventare cittadini attivi nella costruzione dell’informazione cartografica, in maniera collaborativa e democratica, ci siamo dette: perchè non possiamo anche noi  assumere le vesti di importanti cartografe?

E così abbiamo partecipato al progetto “Las calles de las mujeres”, voluto ed ideato da alcune giovani donne del Centro-Sud America per sensibilizzare, attraverso la toponomastica di genere, l’opinione pubblica sulle tematiche sociali di uguaglianza.
Il concetto alla base è tanto semplice quanto efficace: conteggiare nei paesi il numero delle vie dedicate a personalità femminili e a personalità maschili e tradurlo cartograficamente.

Il risultato? Una netta disparità di genere anche in questo caso.
Basti dare un occhio al sito https://geochicasosm.github.io/lascallesdelasmujeres/ per rendersi conto di quanto appena affermato.
Buenos Aires, Madrid, Montevideo, mostrano percentuali toponomastiche in netto favore al sesso maschile.

Ma in Italia? A Brescia? In Val Sabbia? Ci troviamo di fronte alla stessa triste situazione?
Noi alunne di seconda AFM possiamo con convinzione dire di sì, purtroppo la situazione è la stessa. Abbiamo infatti analizzato tutte le vie di Brescia e la differenza è netta; soltanto una piccola percentuale è dedicata a donne: 5,3%.
Nella città di Bergamo va ancora peggio: il 4,5%.
Qui in valle, a Vobarno, per esempio, abbiamo contato solo 3 vie “femminili” mentre  28 portano il nome di personalità maschili.

Questo dimostra che la disuguaglianza di genere è ancora presente; non dimentichiamo che ancora oggi, nel 2021, l’uomo percepisce (per  lo stesso tipo di lavoro) uno stipendio superiore a quello della donna in media del 18%.
Secondo noi  è molto importante sensibilizzare gli adolescenti riguardo questa tematica, infatti abbiamo apprezzato moltissimo questa bellissima iniziativa e volevamo ringraziare il prof. Laconi  per questa opportunità.

È stato un progetto molto bello e soprattutto interessante, perché ci ha aiutato a leggere ciò che ci circonda con maggior attenzione tanto che abbiamo capito che il problema non è lo scarso numero delle vie dedicate alle donne ma il fatto che in Italia le donne siano viste, ancora, come ombre degli uomini.

Sì, alcune cose sono migliorate, ma essere giudicati in base al sesso, in base alla "razza", oppure in base alla religione è molto triste; si spera che, grazie al lavoro di alcune persone che combattono continuamente e costantemente contro le discriminazioni di ogni genere, tutto questo possa cambiare.
La cosa che però ci ha confortato è vedere che non  sono solo le donne a fare progetti e manifestazioni in nome dei diritti, ma anche alcuni uomini.

Dire femminismo non significa assolutamente voler prevalere sull’uomo, ma essere con l’uomo, in parità di diritto sul lavoro, sulla libertà sessuale, contro il razzismo, rispettate per quel che siamo e rappresentiamo. Tante volte quando ci si riferisce alla donna, la si associa allo stereotipo della mamma perfetta che cresce i suoi figli, oppure si fa riferimento ad altri preconcetti: <le donne bionde sono stupide>, onna al volante pericolo costante>, ma mai si pensa alla possibilità che una donna possa diventare il presidente di una nazione o un’ importante imprenditrice, ruoli, questi, associati al genere maschile. 
Eppure tante sono state le donne che hanno cambiato la storia e che avrebbero pieno diritto di dare il nome ad un viale, a un parco e, perché no,  ad una città intera.

Qualche esempio? Marie Curie, fisica, chimica e matematica polacca, che ha vinto due premi Nobel per lo studio sulle radiazioni e per la sua scoperta del radio e del polonio; Rita Levi- Montalcini, neurologa, accademica e senatrice italiana, premio Nobel per la scoperta del fattore di accrescimento della fibra nervosa; Giovanna d’Arco, eroina nazionale francese; Margaret Thatcher,  prima donna a ricoprire la carica di primo ministro nel Regno Unito; Malala Yousafzai, giovanissima donna che sta combattendo una dura battaglia per il diritto all’istruzione; Coco Chanel, stilista che ha rivoluzionato il concetto di femminilità, stile ed eleganza; Anna Frank, simbolo della shoah e Frida Kahlo, artista messicana che stravolse completamente il concetto di arte.

Ne abbiamo citate solo otto ma sono tantissime le donne che hanno contribuito a  cambiare il mondo con la loro intelligenza, la loro volontà e la loro voglia di mettersi in gioco per una causa che accomuna tutte noi,  <signore> del  pianeta.
Una via esse la meriterebbero, non credete?

Aurora e Sveva, in collaborazione con le compagne di 1^ e 2^ AFM

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