Ciao Nonno, dove sei ora?
di Aurora Schivalocchi

Guardo il cielo e immagino che tu sia la stella più grande… Questa è la storia di mio nonno, un uomo che, come tanti altri, ha perso la vita a causa del Covid-19


Era l’11 marzo del 2020 quando tutto ebbe inizio, improvvisamente.
Quella sera andò a letto senza cena perché non si sentiva bene e da quel momento cominciò l’incubo! Stava male e non riusciva più nemmeno a mangiare; in pochi giorni perse tutte le forze.

Capimmo da soli che si trattava di Coronavirus ma proprio per questo non potevamo andare ad assisterlo.
Le case di riposo erano chiuse a causa della pandemia e i medici non facevano visite nelle abitazioni dei malati.
Gli ospedali erano al collasso e lui era solo un anziano con patologie pregresse; aveva già un enfisema polmonare e 82 anni.

In quei giorni ho provato una sensazione dolorosissima, mai sentita prima; mi vedevo impotente: io e la mia famiglia non potevamo fare quasi nulla per lui.
Mio papà era disperato! Alla fine, però, riuscì a trovare un’infermiera che ci consigliò il ricovero all’Ospice di Nozza.

Non avevamo alternativa, così accettammo e il nonno venne ricoverato. Ovviamente le visite ai parenti non erano consentite, perciò l’unico modo per sapere come stesse erano le chiamate fatte al personale sanitario.
Quando confermarono il contagio da Covid-19,  noi capimmo che non sarebbe potuto tornare a casa presto.
Ero davvero preoccupata: stava male, era debole, faceva fatica a respirare e soprattutto era solo; come avrebbe fatto?
Sfortunatamente o, per fortuna, non lo so, il coronavirus non lo colpì a livello polmonare, bensì neurologico.

Dopo circa un mese, venne dimesso ma non era più lo stesso nonno di prima. Faceva fatica a distinguere i luoghi e si sentiva molto “perso”, inoltre aveva esaurito gran parte delle forze e dormiva quasi tutto il giorno. Però ora noi potevamo andare a trovarlo tutti i giorni.

Fino a quando una mattina
il papà ricevette una telefonata: il nonno era caduto, non sembrava nulla di grave ma decisero di portarlo comunque in ospedale per fare degli accertamenti.

Quella fu l’ultima volta che lo vedemmo!
In ospedale ritennero opportuno ricoverarlo e, dopo qualche giorno, arrivò quella maledetta telefonata: “Giampietro è regredito molto, non gli resta tanto da vivere”.

Era il 26 giugno. La zia non fece nemmeno in tempo a raggiungere l’ospedale che il nonno si era spento.
È stato devastante; aveva 82 anni e non stava neppure troppo bene, tutti eravamo abbastanza pronti all’idea che potesse andarsene, ma non in quel modo: da solo, senza accanto nessuno dei suoi cari a tenergli la mano.
Cercavamo di spiegargli la terribile situazione che anche noi stavamo vivendo ma non abbiamo mai saputo se lui ha realmente capito.

Ciò che mi ha davvero colpito di questa pandemia è proprio questo: il senso di impotenza totale…

Nonno, sappi che noi non ti abbiamo mai abbandonato!

Mi piace pensare che tu sia qui a fianco a me a proteggermi come un “angelo custode” e  guardo il cielo, immaginando che tu sia la stella più grande. Mi mancano tantissimo le nostre partite a carte, le nostre discussioni, le nostre chiacchierate, insomma, mi manchi tu.
Tu che non eri perfetto, spesso brontolavi ma io ti volevo un sacco di bene, anche per questo.
Beh, ora sei lassù e so che non ti rivedrò più, che quando andrò a casa della nonna e tu non sarai più lì; questo è strano, sembra impossibile che possa succedere tutto da un giorno all’altro…
Ma, purtroppo, anche se fa molto male, è così.

Se solo avessi potuto stare lì, accanto a te e tenerti la mano, sarebbe stato tutto diverso, ma sfortunatamente questo, a causa del covid-19, non è stato possibile.
Con questa lettera voglio solo dirti che ti penso sempre e che ti voglio tanto, tanto bene.

Ciao nonno!                                                                                                 

Aurora Schivalocchi , 2^ Amministrazione Finanza e Marketing


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