Personaggi e storia del ciclismo. Dino Zandegù
di Luca Pietrobelli

Tra i tanti personaggi un po’ istrionici che il ciclismo può vantare, mi sento simpaticamente legato a Dino Zandegù


Non l’ho mai incontrato e nemmeno ci ho mai parlato ma la sua origine, padovano come mio padre, la sua passione, il ciclismo e quello che lui definisce “disordine mentale” che l’ha portato a perdere la Maglia Rosa chissà dove e a renderlo in un qualche modo un artista del pedale, lo rendono ai miei occhi un personaggio più interessante e curioso di altri.

Dino Zandegù è stato un corridore molto forte per tutti gli anni ’60, ritirandosi nel 1972. La sua specialità era la pista, ma si distinse anche su strada con importanti vittorie, tra cui la prima edizione della Tirreno-Adriatico, che quest’anno si è conclusa da poco, e sei tappe al Giro. La vittoria forse più importante per Dino è stata quella al Giro delle Fiandre, che si correrà per quest’anno domenica, il giorno di Pasqua.

Zandegù, più volte nominato anche nelle canzoni di Cochi e Renato, e questo lo rende ancora più divertente, è legato a Brescia da un’importante impresa: la vittoria della medaglia d’oro nella prova a cronometro a squadre nei mondiali di Salò nel 1962. Divenne famoso nell’ambiente per il suo modo di fare scherzoso e scanzonato, dettato anche dal disordine mentale che lui stesso sostiene di avere. La storia del disordine è alquanto bislacca: Dino racconta di aver quasi dimenticato il giorno in cui vestì la sua prima e unica Maglia Rosa e questa è già una notizia per un corridore.

Solo un pazzo potrebbe dimenticarsi il giorno più importante della sua vita professionale! Come se non bastasse questo ragazzo d’altri tempi ha spiegato che quella maglia, la più sacra di tutte, deve averla persa durante un trasloco, proprio per il suo maledetto vizio o difetto di essere terribilmente disordinato.

La sera in cui gli fu conferita a seguito della vittoria di tappa nel prologo del Giro 1971, cronostaffetta da Lecce a Brindisi, era felicissimo ma decise di non indossarla per dormire in albergo perché era severamente vietato andare a letto “accompagnati” durante la competizione.

Un uomo così particolare è difficile da trovare, odiava a tal punto il suo rivale Basso che, a casa, sul cartello “Attenti al Cane”, incollò la sua figurina: un odio espresso in modo così simpatico da risultare divertente.

Dino Zandegù, uno di quei campioni d’altri tempi che non esistono più e di cui è bello riscoprire le tracce.

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