Lavenone con vista sulla Corna Zeno
di Alfredo Bonomi

Andando da Vestone verso Idro, dopo la piccola galleria sotto la quale passava il tram nei primi decenni del 1900, man mano si procede, lo scenario che si presenta è assai suggestivo ed è di quelli che rendono la Valle Sabbia paesaggisticamente gradevole


Lavenone si mostra così bene nel suo concentrato di suggestive abitazioni e di storia, che sembra voler salutare chi transita esibendo tutta la sua particolarità.

I tetti delle antiche dimore che “parlano” di famiglie che hanno contribuito a “scrivere” una parte consistente della storia economica ed artistica della Valle Sabbia nei secoli passati, digradanti su un pendio, dall’alto verso il basso, fan da contrappunto ai picchi della Corna Zeno, slanciati verso il cielo, che disegnano lo sfondo.
L’armonia delle dimore è frutto dell’ingegno dell’uomo, la poeticità della montagna è un regalo della natura.

L’imponente mole della chiesa parrocchiale, l’ultima grande “fatica artistica” del tardo Settecento in valle, è il punto che collega i due elementi portanti del paesaggio.
Da una parte gli uomini hanno sfruttato il pendio per costruirvi solide dimore e nel medesimo tempo accattivanti per motivi architettonici e decorativi.
Dall’altra parte la natura ha posto in bella vista una montagna che, in certi momenti della giornata, mostra sofisticate sfumature di colore.
Edoardo Togni, Ottorino Garosio e, con una elegante sensibilità, Omero Solaro, hanno colto bene questo armonico fondersi di forme e di sfumature.

Per gustare meglio l’architettura delle dimore e della parrocchiale di Lavenone bisogna raccordare il presente con la storia.
Lavenone è stato per parecchi secoli, sino alla seconda metà del 1800, vivace centro economico, operoso di iniziative, specialmente per la lavorazione del ferro, “fucina di uomini” ingegnosi provenienti dalle famiglie Roberti, Gerardini, Pedrali, Maffina e da parecchie altre.

Nel 1809 il Da Lezze scriveva che «...questi huomini sono buoni maestri da lavorar ferri».
Il loro lavoro non si limitava al perimetro delle fucine di Lavenone, ma aveva come meta molte altre zone d’Italia.
La professionalità dava la possibilità a molti di condurre una vita decorosa e li portava pure a confrontarsi con altre idee e ad “aprire la mente”.

Così si spiegano anche le “storie personali” di parecchi personaggi, come i fratelli Bontempelli Del Calice che hanno raggiunto floridezza economica ed elevazione sociale. Si giustifica pienamente la presenza di una chiesa imponente, superba per architettura e per opere d’arte in essa contenute.

La prima pietra dell’attuale costruzione è stata posta il 31 maggio 17778, grazie alla volontà della popolazione tutta e delle famiglie benestanti, prime fra tutte quelle dei Gerardini e dei Roberti.
Concepita su disegno di Gaspare Turbini, dà proprio l’idea di un orgoglio esibito. Nella nuova chiesa sono state trasportate le soase lignee esistenti nella precedente, che sono un vero “trionfo di intagli lignei” dovuti ai “Boscaì”, a Bortolo Zambelli e ad altri intagliatori.

Queste opere sono una meta obbligata per coloro che desiderano conoscere gli intagli lignei valligiani. Alcune pale di alto livello pittorico sono invece la testimonianza dei legami coltivati con Venezia e con altri centri importanti.

La vita sociale della comunità, a partire sicuramente dai primi anni del 1500, è stata assai attiva ed è confermata dalle numerose confraternite ed iniziative caritative gestite in proficua collaborazione tra la parrocchia ed il comune.
Erano ben otto, un primato assoluto in Valle Sabbia.

Questa comunità, così rigogliosa di iniziative, ha iniziato a sperimentare il declino economico nei primi anni del 1800 diventato del tutto evidente nella seconda metà di tale secolo, anche se ha visto, specialmente nei primi anni del 1900, vivaci iniziative soprattutto in campo agricolo.
I mutamenti politici seguiti al crollo della Repubblica Veneta, l’emarginazione geografica, la lontananza dalle grandi vie di comunicazione, hanno causato la chiusura di quasi tutte le fucine, con il trasferimento delle iniziative imprenditoriali dei Glisenti in Valle Trompia e l’uscita dall’attività della lavorazione del ferro dei Gerardini.

Così Lavenone si è affacciato al Novecento con una veste economica più dimessa.
Ha però mantenuto un patrimonio culturale invidiabile che è tuttora una ricchezza.
La signorilità di alcune dimore, l’abbondanza di scorci urbani assai belli, i molti elementi decorativi che ancora permangono sulle case, le stradette caratteristiche che dal centro s’arrampicano verso l’alto o si abbassano verso la valle, in un contesto naturale che sembra voler custodire tutto, esprimono un chiaro invito ad impegnarsi a conservare questa “reliquia urbana” che è di indubbio valore.

Alfredo Bonomi


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