Un prodigioso allineamento
di Leretico

La politica italiana non smette mai di stupire. L’ultimo fenomeno è l’allineamento delle forze politiche al nuovo uomo al comando: il salvatore dell’Euro che, affacciandosi dalla finestra della sua amena casa in Città della Pieve, salverà con la sola imposizione della mano la patria in balia delle onde


È più celebre l’allineamento dei pianeti, quel fenomeno raro in cui i pianeti del sistema solare in un certo momento della loro instancabile corsa orbitale, si trovano riuniti magicamente lungo una retta, ordinati quasi divinamente nel disordine del cosmo che li circonda.

La cosa ha del prodigioso, ben più delle eclissi solari che già da sole facevano lanciare agli aruspici ardite previsioni, le più benevole pronosticando nascite di novelli messia, le altre apocalissi tremende.

La venuta di Draghi è stata vissuta come il fulmine che colpì Saulo sulla via di Damasco: un miracolo che può solo convertire. Ecco allora che alla parola "allineamento", dobbiamo religiosamente aggiungere la parola "conversione". Tutti hanno salutato l’arrivo del salvatore come una benedizione dal cielo, come un sogno che non ci aspettavamo potesse avversarsi.

Nessun tecnico è stato mai accolto in questo modo: persona seria, responsabile, in grado di unire, di guidare con mano ferma anche durante le crisi più tempestose, disponibile a “whatever it takes” pur di menare in porto la caracollante e scrostata barca italiana.

Ammantato da religiosa protezione, chiunque si è azzardato a muovergli una critica è stato aspramente tacitato: nessuna eresia può essere ammessa durante l’idilio. La minaccia più frequentemente urlata dai capi partito è stata l’espulsione.

Eppure, questi innumerevoli plausi che giungono da ogni canto e che, come venti ascensionali, hanno portato così in alto il Draghi, nascondono il pericolo del temporale che insidioso si cela dietro le montagne.

La storia politica italiana è piena di questi casi. Nomi importanti, infiorati di dolci parole e melodrammatiche esplosioni di giubilo, infilzati poco dopo dai più adirati commenti, dalle più irrefrenabili contumelie, dalle più violente reazioni ideologiche. Braci che covano sotto la cenere
È questo il costume degli italiani e non cambierà nemmeno di fronte a un drago come Draghi.

Verrà allora il contro-eroe che, con la sua spada scintillante e con il suo arco magico, vorrà colpire al cuore il drago cattivo, da tutti ormai temuto più che amato, immemori delle dolci ore iniziali del potere. Un colpo solo metterà fine impietosamente alla storia.

Non è che le opposizioni a Draghi siano mancate fin dall’inizio, ma più che tali le definirei piuttosto uno “stiamo a guardare che succede, poi decideremo”. Tuttavia, un fenomeno interessante - non inaspettato - è stato provocato dalla venuta di Draghi: il M5S, già peraltro in caduta libera come Icaro dopo essersi avvicinato troppo al Potere, sta dando seri cenni di implosione. Il Potere, si sa, oltre a sciogliere le ali di cera, corrompe anche le anime più candide.

Sembra che il Draghi sia stato il classico drappo rosso agitato spavaldamente davanti al toro fumigante di rabbia che si agita da sempre all’interno del magmatico fluido dei 5S.

L’anima più sudamericana del movimento ha ritenuto inaccettabile la svolta trasformistica voluta dal direttorio pentastellato, avallato dal solito referendum “qualunque-cosa-rispondi-il-risultato-sarà-comunque-un-sì” lanciato via internet.

Questa volta l’azione dell’eminenza grigia Grillo non ha sortito gli effetti unificanti dei bei tempi, quelli delle nuotate tra Scilla e Cariddi e dei Vaffa contro il potere. Conseguenza: un gruppo di irriducibili sta prendendo la via dell’Aventino.

Tutto questo teatro, la propaganda che si è prodigata per l’irreggimentazione necessaria dei partiti, la caduta di Conte, diventato inutile dopo una vita politica dimezzata degna del famoso Medardo di Italo Calvino, tutto insomma fa pensare che il messia Draghi, vestiti i panni del tecnico, farà le scelte politiche che i partiti hanno paura di adottare.

L’incapacità della politica di prendersi la responsabilità delle scelte difficili si manifesta nuovamente con gioia rinnovata, con un’insolita “allegria del naufragio”, con il malcelato desiderio degli anonimi parlamentari raccattati in qualche modo fuori dai bar o nei magazzini dei supermercati, di far durare la corrente legislatura fino alla sua naturale conclusione.

Proprio costoro, che adesso chiedono, osannanti, il fuoco cauterizzatore del Draghi nazionale per curare le cancrenose ferite patrie, proprio loro saranno i primi, alle idi di marzo, con il pugnale celato nelle pieghe delle toga, a volere e a determinare la sua caduta. È il destino di ogni grande che, unita l’Europa voglia unire anche l’Italia.

La politica si nasconde dietro un presunto tecnico, perdendo clamorosamente la propria già esigua credibilità. Non mi aspetto da questo fatto un miglioramento delle condizioni italiane, visto che le vere riforme necessitano comunità di intenti ben più durature che il breve periodo dell’amore per un pur grande personaggio della finanza internazionale come Draghi, sbocciato repentinamente in una primavera malata di Covid.

Al di là della retorica del servizio alla patria, del sacrificio per il bene comune, della tranquillità umbra a cui il nostro eroe è stato strappato, non ci rimane che aspettare la fine della legislatura che si concluderà ingloriosamente, come per altro già accaduto in passato.

Diceva Platone: “Per il bene degli Stati sarebbe necessario che i filosofi fossero re o che i re fossero filosofi”. Sicuramente Draghi è un filosofo, un uomo sapiente, tuttavia non dimentichiamo che anche Platone dovette fuggire da Siracusa quando la sua filosofia si scontrò con un “certo modo” di fare politica che l’Italia, ahinoi, conosce molto bene.

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