San Vigilio sui monti di Bione, tra leggenda ed economia pastorale
di Alfredo Bonomi





Sulle montagne di Bione, proprio nell’altura più evidente, c’è un luogo che ricorda il primo cristianesimo in valle ed i percorsi ad alta quota che, per parecchi secoli, sono stati fondamentali per l’economia pastorale tra la Valle Sabbia e la Valle Trompia.
La tradizione ci tramanda che il santo vescovo di Trento, Vigilio, martirizzato nel 405 d.C. in Vale Rendena, nel suo viaggio apostolico per evangelizzare la Riviera del Garda, la Val Gobbia e la Val Trompia, abbia sostato nel luogo dove poi è sorto il santuario.

E’ probabile che l’origine del romitaggio e della chiesa,
come luogo di devozione ad alta quota, dove per alcuni mesi si trattenevano i pastori con le loro pecore, sia legata all’attività economica degli Umiliati, il movimento religioso, in prevalenza laicale, assai diffuso nei secoli XII e XIII. I suoi componenti accompagnavano la loro fese con la lavorazione della lana.
A Conche, sopra Nave, gli Umiliati hanno una loro fiorente “casa di preghiera e di lavoro”, è quindi plausibile una loro presenza anche sui monti di Bione.

Oggi, con altra economia, con ritmi religiosi assai diversi da quelli che scandivano i tempi del lavoro, il santuario di S.Vigilio, per la sua posizione, “parla” ancora abbondantemente allo spirito.

Da questo luogo si coglie un vasto e bellissimo paesaggio.
Lo sguardo di chi è intento a compiere una salutare passeggiata, o del devoto mosso da sentimenti interiori, spazia dalle alture della Corna di Savallo alle vette e ai poggi delle Pertiche.

Si posa, più in basso, sui borghi della valle ed è rapito poi dalle sfumature colorate delle montagne della Degagna, delle acque del lago di Garda sino alle compatte balze del monte Baldo ed alle dolci alture delle colline moreniche.
Certo, per cogliere tanta bellezza, bisogna avere fiato e determinazione perché il percorso per giungervi non è brevissimo.

La chiesa è circondata da una chioma di faggi, che nei tempi passati erano una protezione provvidenziale per le pecore e le mucche al pascolo nel caso di improvvisi temporali. La chiesa domina la valle interessata da antichissimi tragitti usati dai mandriani e dai commercianti della zona per raggiungere la Valle Trompia e la città.

Il santuario, di origine assai antica, è sempre stato meta di fedeli, specialmente di Bione.
Una leggenda, tramandata da padre in figlio, per saziare la curiosità dei più piccoli sul “mistero” della nascita dei bambini, diceva che venivano pescati nella cisterna di S.Vigilio.
Nel 1566 il vescovo Bollani lo dice “campestre e montuoso”.

Soggetta alla parrocchia di Bione, la chiesa aveva però uno specifico “beneficio” per assicurare la rendita da destinare al celebrante. L’attaccamento al santuario era profondo. Vi si celebrava nelle domenica d’agosto, per comodità dei montanari che trascorrevano l’estate col loro bestiame, e in forma solenne nella festa dedicata a S.Vigilio.

Nella ricorrenza si distribuiva del vino e del pane ai convenuti.
Il “pane di S.Vigilio” era ritenuto portatore di grazie e di benefici. La tradizione della “dispensa del pane” non si interruppe mai e durò sino al 1936.

Il complesso è articolato in tre ambienti: due stanze di cui una più grande, e la chiesa.
Il tutto è arricchito da affreschi in gran parte cinquecenteschi, di buona fattura, proprio a dimostrare che la chiesa era ritenuta dai fedeli importante.
Il santuario ed il romitaggio annesso (è proprio un luogo che richiama riflessioni spirituali!) sono sempre stati, e sono ancora, meta di pellegrinaggio della popolazione di Bione e dei paesi vicini.

I vecchi del paese raccontano di grazie ricevute specialmente in occasione di piogge insistenti, siccità ed epidemie.
Certamente oggi una grazia da chiedere a San Vigilio è quella che l’uomo riesca a rispettare la natura e le sue “regole”.

Per sottolineare il legame tra questa “chiesa dei monti” e la cinquecentesca grande e bella pieve di Bione, c’è sul campanile una sesta campana “fuori contesto”.
E’ la “campana di S.Vigilio”, che suona quando si celebra la festa al santuario “ad alta quota”.

Alfredo Bonomi

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