Èl barbér
di John Comini

Ci ha lasciato Eugenio Bresciani: quand’ero bambino veniva in casa a tagliarmi i capelli. Arrivava con la sua borsa con dentro tutto l’occorrente, e mentre con maestria mi accorciava i capelli conversava amabilmente con mia mamma. Al caro signor Eugenio vorrei dedicare questi miei ricordi


Quando abitavo nel  “condominio” mi recavo spesso dal signor Vittorio Torri (detto Tuino), papà di Luigi. Aveva la bottega vicino all’Albergo Braga, in via Quarena: prima era in via Chiesa, ora piazza De Medici, ma aveva avuto la casa e il negozio distrutti dal bombardamento.

Mi faceva la riga bella diritta, ma quando giocavo all’oratorio, come tanti miei amici avevo i capelli piuttosto spettinati. Nel suo libro “Da có a pè”, il mio amico Direttore Omero Sala cita la frase “El somea vignìt föra endrecűl da ‘na sés” (pare uscito da una siepe a culo indietro), Efficace espressione usata per descrivere una persona molto spettinata. Ma a noi interessava giocare, non ci importava nulla del look!

Oltre al signor Eugenio, c’era anche Giovanni Selleri detto Gianni, anch’egli barbiere a domicilio. A Carosello c’era la pubblicità della brillantina Linetti con l’infallibile Ispettore Rock (l’attore Cesare Polacco) che alla fine di ogni episodio sfoderava la sua famosa calvizie, ammettendo: “Anch’io ho commesso un errore, non ho mai usato la Brillantina Linetti.”

Da ragazzo mi recavo spesso a farmi tagliare la folta chioma dal barbiere Segala Rolando, oriundo villanovese, sotto i portici di Piazza Zanardelli. Va ricordato che prima c’era il negozio di Pietro Lombardi, seguito poi dal figlio Angelo, cognato della simpatica Maria Baruzzi, mamma della mia grande amica Paola.

Erano i tempi della canzone dei Nomadi: “Come potete giudicar, come potete condannar, chi vi credete che noi siam per i capelli che portiam?” Molti giovani erano ‘capelloni’, ascoltavano le canzoni di protesta e volevano cambiare il mondo. Ma quando partii per il servizio militare, dovetti andare a farmi tagliare la zazzera dal mitico Santino Galante, che aveva il negozio di fronte al Salone.

Era un appassionato di pesca, e mentre mi tagliava i folti capelli da rock-star discuteva con gli amici di mitiche gare di pesca e di anguille lunghe così… Gli amici vedendomi “pelato” mi dicevano “Ghè pasàt i indiani?”.

Ma quando arrivai a Cuneo, dovetti subire
un ulteriore taglio dal barbiere della caserma. Però con la mia divisa drop, con cravatta, giacca e cappello alpino, non ero male. Avevo il classico fascino della divisa ed avrei potuto far strage di donne, peccato che fossimo tutti uomini…
Tornato a casa, spesso mi recavo in piazzetta San Bernardino, nella bottega del signor Franco Massolini, zio della mia amica Daniela. Spesso mi salutava la moglie del barbiere, la gentile signora Carla. Per un periodo andavo anche da Sergio Bodei, persona squisita e grande appassionato di moto, che insieme alla vulcanica moglie Geny è gestore de “La Sfinge”, il negozio di parrucchieri uomo-donna nato nel 1986 e che dal 2007 ha cambiato sede, in via Mazzini.

Ultimamente curano i miei radi capelli i nipoti di Sergio e figli d’arte del barbiere Bresciani Dino: William (detto Willi) e Fabio, due fratelli pieni di passione sia per lo sport sia per il lavoro, che da più di 20 anni intessono rapporti amichevoli con i numerosi clienti.

L’amico Antonio Abastanotti racconta che a Gavardo c’erano parecchi barbieri: Giovanni Trevisani in Piazza San Bernardino, coadiuvato poi dai figli e dalla figlia. Continueranno il lavoro dopo la morte del padre i figli Umberto e Paolo, detti “Talianì”. In via Quarena, vicino al vecchio negozio di mio papà, accanto al bar Chiarini c’era Isacco Bertoloni, classe 1897.

C’erano anche molte parrucchiere per signora, soprattutto nel dopoguerra: Elda Cenedella in piazza De Medici, Fiorella Zentilini (mamma della dolce Ketty e della cara Renata) in via Largo Ponte, Maria Bortolotti via Quarena, Diana Fioletti in piazza San Bernardino.

Conosco bene la moglie del mio amico Marco Franzini, la brava Liliana Codenotti. E tra i parrucchieri il Barbershop di Claudio Cremonesi, figlio d’arte, che esercita di fronte alla scuola materna in via S. Pellegrino. Ed il salone Oscar Style di Mora Oscar, in via Sergio Bresciani, attivo dal 2010.

Tempo fa, prima della pandemia, c’erano anche dei parrucchieri cinesi, ma ora il negozio in piazza mercato è vuoto.

Sono molti i parrucchieri, e mi scuso se non li riporto tutti. Ma sono certo che tutti seguono l’evolversi degli stili, ricercano tecniche sempre più innovative, lavorando professionalmente per migliorare il servizio ai propri clienti.

Ritornando alla mia esperienza, ricordo che quando ero bambino, c’era il taglio “all’umberta” e non esisteva il lavaggio dei capelli.

Dopo essere andato al barbiere, spesso al mattino mi svegliavo con alcuni peluzzi sul cuscino, segno che i capelli non mi volevano lasciare! Però mi affascinava la bottega del barbiere: il cartello “Torno subito” alla porta a vetri girato al contrario, il grande specchio, le poltrone girevoli, i diplomi alle pareti, il seggiolone a testa di cavallo per i bambini, le riviste sparse sui tavolini, il rasoio pulito usando una vecchia schedina vuota del totocalcio, la pompetta per spruzzare il profumo, il camice del barbiere con ampio taschino per contenere il pettine e le forbici, l’insaponatura con il pennello tuffato nell’acqua, la schiuma passata e ripassata sul viso del cliente per rendere la pelle più morbida, le mantelle che avvolgevano i colli dei clienti, i profumi del dopobarba fluttuanti nell’aria.

E poi il suono delle forbici affusolate e taglienti, simile ad un cinguettio. E le parole tra il barbiere ed i clienti, le discussioni sul calcio, la politica, le donne (anche agli uomini piace spettegolare)… E quando arrivava un nuovo cliente, il barbiere: “Arrivo subito da lei, solo cinque minuti!” I famosi cinque minuti da barbiere… E quando terminava il servizio: “Ragazzo, spazzola!” e l’apprendista spazzolava gli abiti del cliente e poi spazzava il pavimento invaso dalle ciocche tagliate.

Tutto questo mi ha dato lo spunto, nel 1991, per scrivere lo spettacolo “Èl trumbù” rappresentato dal Gruppo Teatrale Gavardese. La storia è quella di un barbiere di paese (interpretato dal caro Tano), suonatore nella banda, di suo figlio che non vuole seguire le orme paterne, di una zia nubile e delle sue amiche vedove: il tutto all’interno di una barberia, fra l’andirivieni di clienti, postine, ragazze e innamorate…

Andare dal barbiere per me è un’esperienza rilassante, mi sento coccolato e viziato, e non importa se lo specchio riflette implacabilmente l’inesorabile trascorrere del tempo.

Concludo ricordando un fatto comico. Alla mia attuale moglie era venuta la brillante idea di acquistare una macchinetta per radermi in modo autarchico (e così risparmiare i soldi per il barbiere). Mi ha fatto indossare un asciugamani e si è messa al lavoro, dopo aver letto le istruzioni. Ma sarà stato che aveva messo troppo olio nella macchinetta (!), fatto sta che ad un certo punto la stessa si è rifiutata di tagliare il sottoscritto malcapitato, che era rimasto rasato a metà.

E dopo vari, infruttuosi  tentativi, ho dovuto telefonare al barbiere che gentilmente è venuto a casa e mi ha “sistemato”. Però devo riconoscere che durante il lockdown la mia “barbiera” personale mi ha tagliato i capelli con una certa bravura (ma io sotto ‘el pandamà’ tenevo le dita incrociate… ).

Concludo pensando al caro signor Eugenio: forse adesso sarà in Paradiso a dare una spuntatina alle fluenti chiome degli angeli…

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo
maestro John

Nelle foto:
- Il signor Eugenio rade il caro nonno Cecchino Franceschetti
- Il signor Franco Massolini nella bottega da barbiere
- Giuliano Gnecchi mentre taglia i capelli a mio figlio Andrea, quand’era bambino, con accanto il sottoscritto
- Una scena dello spettacolo “El trumbù” del Gruppo Teatrale Gavardese

Grazie per la preziosa collaborazione agli amici Roby Ortolani, Anna Bendotti, Daniela Massolini ed Antonio Abastanotti


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