Il «paradiso dorato» dei Boscaì
di Alfredo Bonomi

L’ancona dell’altare maggiore della chiesa parrocchiale di Levrange, uno scenografico “paradiso dorato”, capolavoro dei Boscaì


L’intaglio ligneo valligiano per gran parte è dovuto all’ingegno della famiglia Pialorsi di Levrange, detta dei “Boscalì”. Attiva sicuramente dalla metà del 1600 fino a quasi tutto il 1700, ha lasciato un’abbondante produzione nelle chiese.
Ai “Boscaì” si affiancarono spesso anche intagliatori della famiglia Zambelli. Per comprendere bene l’arte dei “Boscaì”, e per gustarla, è indispensabile una visita alla chiesa parrocchiale di Levrange.

L’”ancona” dell’altare maggiore, nella sua maestosità, si impone su tutta la chiesa e nelle sue eleganti movenze dà il timbro al tempio.
E’ sicuramente l’opera più pregevole uscita dalla bottega dei “Boscaì”, eseguita, unitamente a quelle delle cappelle laterali, da Francesco, il “genio” della famiglia degli intagliatori, con l’aiuto del figlio Giovanni Battista, sicuramente prima del 1734, in un arco di tempo ristretto.

Qui si concentrano i motivi dell’arte boscaina
e, da sola, merita un viaggio a Levrange, perché l’emozione che dona è intensa.
Gli ornati e le statue si inseriscono in un’ossatura architettonica quasi “vaporosa”, tanta è l’inventiva che vi domina.
La “cifra portante” dell’arte boscaina è proprio la freschezza della concezione e la genuinità delle figure. Le statue sembrano proprio dei ritratti delle persone che popolavano a quel tempo le contrade della valle del Chiese, proposte però in forma elegante e nobile.

La ricchezza degli ornati, veri intrecci di foglie e fiori, non è mai troppo pesante ed esorbitante.
L’impressione che si ricava dall’insieme è quella di una concezione quasi pittorica della scultura con l’uso sapiente del chiaroscuro, dove il luccichio dell’oro zecchino rende il tutto con atmosfere da “piccolo paradiso”.

Ai lati della mensa marmorea, due telamoni a grandezza naturale sembrano sostenere tutta la struttura.
Nella loro nudità richiamano la statuaria classica, ma le ciabatte portate ai piedi li riconducono ad un’atmosfera domestica.

Su una base intagliata a motivi floreali intrecciati, si alzano due colonne tortili che sostengono una ricca trabeazione ad andamento mistilineo su cui si imposta il grande coronamento costituito da volute e da quattordici putti con al centro la statua di S. Rocco portata in gloria. La pala di buona fattura è racchiusa da una cornice ornata da puttini, da foglie, da fiori. Ai lati due statue  tutto tondo rappresentano S. Faustino a destra e S. Giovita a sinistra, i santi della chiesa bresciana.

Lo sguardo, spostandosi verso l’alto,
è catturato dalla “complessa macchina” della “gloria di S. Rocco”.
Il santo, nel suo caratteristico vestito da pellegrino, è al centro di un “contesto d’angeli” che, in atteggiamenti felici e festanti, gli ruotano attorno.

L’esprimersi felice di questi angeli racchiude bene quel senso gioioso che è caratteristico di tutta l’”ancona”.
I motivi presenti nell’”ancona” maggiore si ripetono in misura ridotta in quelle laterali, che diventano, a loro volta, degno coronamento del “centro visivo” liturgico ed artistico della chiesa.

Alfredo Bonomi


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