L'ultimo giorno
di Ezio Gamberini

“Oggi è l’ultimo giorno”, mi dico un lunedì mattina, al momento del risveglio…


Mi succede ogni tanto, così, quasi per gioco, perché voglio vedere l’effetto che fa osservare cose, luoghi e soprattutto persone per l’ultima volta.
Ma dopo pochi minuti, al primo intoppo, il tubetto del dentifricio che sta per finire, il latte che bolle tracimando o la fetta biscottata che si rompe, mentre spalmi sopra la marmellata, oppure si è già fatto tardi per recarsi al lavoro... insomma, se ne va tutto in “fanteria”, ogni proposito è svanito all’istante, e la giornata scorre come tutte le altre.

Ma stamattina voglio impegnarmi a fondo, senza intoppi, e quando dopo pochi chilometri comincio a intravedere il lago, con il sole basso sull’orizzonte che sta sorgendo in un giorno di autunno straordinariamente terso, splendido specchio d’acqua che da venticinque anni posso gustare quattro volte ogni giorno mentre mi reco al lavoro, mi considero eccezionalmente fortunato per aver potuto godere sino ad ora di uno spettacolo così straordinario.
Soprattutto nel periodo estivo, a frotte i turisti, principalmente stranieri, sostano ai lati della carreggiata nei punti più panoramici per fotografare i meravigliosi paesaggi lacustri, e allora sorrido, pensando che io quegli scenari li assaporo giornalmente.

Poi arriviamo al lavoro, e anche se più passa il tempo, e più si fa fatica a tenere il ritmo, posso considerarmi soddisfatto di quanto ho compiuto sino ad ora, e sto tuttora facendo, perché il mio lavoro mi piace moltissimo!

Ed è così anche per Grazia, che ha sempre lavorato, anche quando avevamo tre figlioli piccoli, grazie anche (e soprattutto) alle “sante nonne”, che ci hanno aiutato nel crescerli.

Da qualche anno tutti e tre “hanno preso il volo”, e in casa siamo rimasti soltanto noi due, ma non soffriamo la solitudine e quando possiamo ritrovarci tutti insieme attorno a una tavola (dimenticando questi mesi di lockdown a causa del Coronavirus...), è una vera festa.

Siamo sereni, Grazia ed io, perché abbiamo la consapevolezza che per loro abbiamo fatto, e stiamo facendo, tutto ciò che potevamo e dovevamo fare.

Che bello sedersi insieme con lei sul divano e guardare un bel film, magari un appassionante “giallo”, per cui andiamo matti, oppure ascoltare i Magna Carta o i Dire Straits, Paolo Conte, Zucchero o i Manhattan Transfer, mentre si cucina o si fanno i mestieri di casa, o leggere un bel libro, quando fuori piove o fa freddo...

“Mi raccomando – le ricordo – quando sarà il momento, mi metterete un paio di jeans, una camicia azzurra e al collo m’infilerete il mio fazzolettone scout giallo verde, con il fermaglio di legno.
E poi mi appoggerete sul petto, stretto tra le mie mani, il libro ‘Il compagno don Camillo’ di Giovannino Guareschi”.


Con due giganti al fianco come don Camillo e Peppone sarà una passeggiata arrivare fin lassù.
E il primo che saluterò sarà don Giuseppe Frascadoro, che da ragazzo mi chiamava “il mio Gamberesso”, il quale, nel 1945 a Vobarno, diede origine alla prima sezione scout, e le cui gesta ho narrato nel racconto “Don Giuseppe e il gatto della signorina Alice”, e poi abbraccerò la mia mamma e il mio papà, i miei due fratelli, i miei parenti e gli amici che mi hanno preceduto.

“Ohhhh, bel signorino, come sei presuntuoso! Proprio sicuro di andare in Paradiso?“, mi dirà qualcuno.

Giovannino Guareschi, nel racconto “La maestra vecchia”, quando questa, sentendosi morire, chiama al suo capezzale don Camillo e Peppone, narra di una signora Giuseppina assolutamente certa di andare in Paradiso, nonostante il suggerimento del sacerdote che la esorta ad abbandonare ogni umana prosopopea, per avere la speranza di raggiungerlo.

“La speranza? Ma io ho la sicurezza di andarci”, risponde la vecchia maestra.

Dopo averle dolcemente sussurrato che questo è un peccato di presunzione, don Camillo le obietta che:
“Nessun mortale può avere la sicurezza di aver vissuto sempre secondo le leggi di Dio”.

E la vecchina, sorridendo, afferma:
“Nessun mortale, eccetto la signora Giuseppina, perché alla signora Giuseppina questa notte Gesù Cristo è venuto a dire che lei andrà in Paradiso! Quindi la signora Giuseppina è sicura, a meno che non ne sappiate più voi di Gesù Cristo”.

Anche a me l’ha rivelato Gesù Cristo, anzi, in verità a tutti noi.
Non stanotte, ma duemila anni fa, quando al ladrone che gli stava accanto, ha detto:
Oggi sarai con me in Paradiso” e ancora, quando rivolgendo gli occhi al cielo, nel riferirsi a chi lo aveva inchiodato a quella croce, disse:
“Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno…”.

La misericordia di Dio è incommensurabilmente più grande rispetto a qualsiasi nostra convinzione, o presupposizione, e sono persuaso che il Paradiso sia negato soltanto a chi non lo desidera, cioè solo a chi volontariamente e indiscutibilmente lo rifiuta, a prescindere.

Sono convinto che la differenza tra l’accesso immediato al Paradiso (come ad esempio quello del già citato don Giuseppe Frascadoro il quale, secondo me, ha ricevuto l’accoglienza in pochi nanosecondi) e l’ammissione alla pace eterna dopo aver purgato le proprie scelleratezze, riservate ai comuni mortali, come me, per intenderci, sia solo una questione di tempo; ma io posso anche aspettare due o tre miliardi di secoli per purificarmi, in seguito alle tante sciocchezze che ho compiuto nella mia vita, non ho fretta...

Siamo tornati dal lavoro, è già sera e la giornata volge al termine.
Mi accingo a salire in camera per cambiarmi. Grazia mi chiede se le posso prendere una maglia, perché fa un po’ freschino. Mi fermo, la guardo per qualche secondo senza risponderle, con uno sguardo un po’ ebete, perché sto ancora fantasticando sull’ “ultimo giorno”.

“Non è difficile: salire le scale, prelevare maglia, scendere le scale, consegnare alla sottoscritta… non è difficile!”, sospira Grazia.

Non è difficile, non è difficile! Ritorno in me e comincio a ridere, non smetto più. Ah, questa donna, grazie al cielo che ha permesso il nostro incontro!

Ho sempre sostenuto che Grazia è in modo evidentissimo più intelligente e sveglia di me. Negli ultimi tempi, però, è imbattibile quando mi “tramortisce” con battute come questa: non è difficile!

Ci stiamo già divertendo ora, nel tempo libero che il lavoro ci concede, ma sono sicuro che quando raggiungeremo la pensione sarà uno spasso.

Ma quale “ultimo giorno”… io voglio trascorrere qui ancora qualche decennio (non pongo limiti alla Provvidenza) con la mia Grazia, i miei figlioli e le loro famiglie, i parenti, gli amici, e “…su questa faccenda – come spesso usava dire saggiamente Forrest Gump - non ho altro da dire”.

Ezio Gamberini


zRaccontiLunedi.jpg zRaccontiLunedi.jpg zRaccontiLunedi.jpg