Divieto di caccia, «È un'ingiustizia»
di Redazione

In merito alla sospensione dell'attività venatoria in zona rossa interviene anche il presidente dell’A.T.C. Unico di Brescia

Gentile Direttore,

Impegnato da anni nella società civile per dar voce alla gente nelle istituzioni, prima come Assessore provinciale in Brescia, poi come Consigliere Regionale di Lombardia ora in difesa dei cacciatori come Presidente dell’A.T.C. Unico di Brescia, (13.500 soci) devo con rammarico constatare – e lo segnalo al suo giornale – un provvedimento che segna, non solo a mio avviso - una svolta negativa negli interventi contro la pandemia. Mi riferisco al divieto di caccia fatto calare nella realtà dei 58.257 titolari di licenza di caccia (20.359 a Brescia, 9.426 a Bergamo, 7.211 a Milano e Monza Brianza e via via nelle altre “Provincie”).

Una penalizzazione che, non solo a mio avviso, non ha giustificazioni concrete oltre quella di penalizzare una categoria che trova nel porto d’armi un documento che certifica la propria onestà. Inoltre ricordo che ciascun cacciatore paga una tassa regionale di 64.56 euro, una governativa di 273.16 euro, un’assicurazione (minimo 83,00 massimo 141.00 euro) ed inoltre può cacciare solamente in un determinato territorio dei 55 in cui è divisa la Lombardia e solo quello pagando una quota nel caso dell’A.T.C. Unico di Brescia di € 120.00 per la stanziale e migratoria.

E’ noto che nessuno più dei cacciatori ama essere solo nella tranquillità della natura: gli è sufficiente il proprio cane e il desiderio, spesso rimasto illusione di poter incarnierare un selvatico. La proibizione di ogni pratica venatoria nel rispetto delle ordinanze e della mascherina, è una ingiustizia considerando che nei terreni passeggiano persone spesso con la mascherina abbassata senza cane oppure con il cane da compagnia e sovente in gruppetti.

Inoltre perché il tiro al piattello è possibile e la caccia no?
Perché la pesca sì e la caccia no?
Con quale criterio si è proceduto?
E’ una ingiustizia.

Alla luce di quanto scritto non si comprende quindi il perché di un divieto che appare sotto ogni prospettiva assurdo e penalizzante non solo per i cacciatori ma anche per i lavoratori delle molte aziende che fanno riferimento alla caccia come impiego e danno lavoro a migliaia di persone contribuendo al prestigio del “made in Italy”.

Spero che non continui per tanto tempo il perpetrarsi di una così grave e incomprensibile ingiustizia.

Alessandro Sala
Presidente A.T.C.

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