La finestra della speranza
di Mario Pavoni

I nomi sono inventati, ma il racconto è vero. Ce lo manda Mario Pavoni



La Domenica è contenta quando riesce a preparare qualcosa di buono per tutta la famiglia con i pochi prodotti del suo orto..
Il marito Pietro, che tutti chiamano Pierì, è un lavoratore instancabile: alle quattro del mattino si alza per rigovernare le tre mucche e poi mungerle e ritrovarsi in cucina alle otto per la colazione.
La loro casa è alla periferia del paese e quando arriva il postino, con la sua bicicletta cigolante, quasi sempre porta brutte notizie.

Un giorno consegna una busta di un colore particolare: la Minghi chiama subito il marito e la aprono: è l’avviso che il loro unico figlio maschio è chiamato alla guerra.
Piangono senza parlare. Dopo una settimana Luigi parte per Brescia.

Passati circa tre mesi finalmente arriva una cartolina postale nella quale c'è scritto che Luigi è stato mandato in Russia.
L’unica cosa che sanno della Russia è che lì fa molto freddo, allora la mamma è soddisfatta perché prima che Luigi partisse aveva lavorato giorno e notte con i ferri da calza per confezionargli due maglie usando la lana della Oliva e della Bianchina, le sue due pecore.

Dopo qualche anno finalmente la guerra è finita. Da quel giorno mamma Minghi prepara i pasti al marito e ai figli che si siedono a tavola insieme, mentre lei sta su una sedia alta vicino alla finestra che le consente di vedere la strada dove spera una buona volta di intravedere il suo Luigi tornare.

Passano gli anni e una mattina di primavera inoltrata intravede nella strada il postino e con animo speranzoso gli corre incontro.
Riceve una lettera col timbro dello Stato e corre a mostrarla al suo Pierì.

La aprono: il Ministero della guerra comunica che Luigi è dichiarato disperso.
Per lei disperso significa avere ancora una speranza, ma nell’animo del marito la speranza non c’è.

La loro vita continua ancora per decenni, ma la Minghi i pasti li consuma sempre sulla sedia vicino alla finestra sicura che un giorno o l’altro il suo Luigi tornerà.
Ormai i novant’anni sono passati, un brutto giorno non si sente più di sedersi su quella sedia e saluta per l’ultima volta il suo Pieri.
Lo sguardo si spegne fissando la finestra della speranza.

Cordialmente Mario Pavoni.

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