A Brescia crolla il lavoro in somministrazione
di Redazione

La richiesta, in provincia, segna una flessione del 54% rispetto al 2019. Lo evidenzia l'Osservatorio Confindustria Brescia, in particolare riguardo agli effetti dell'emergenza coronavirus



Nel secondo trimestre 2020, la richiesta di lavoratori in somministrazione segna un crollo in provincia di Brescia, facendo registrare una flessione del 54% rispetto allo stesso periodo del 2019, dopo il calo complessivamente contenuto tra gennaio e marzo (-16%, in linea con quanto già sperimentato nell’intervallo precedente, -15%).

A evidenziarlo è l’Osservatorio Confindustria Brescia – Agenzie per il Lavoro, concentrato in particolare sugli effetti dell’emergenza Covid, e realizzato dal Centro Studi in collaborazione con Assolombarda e Confindustria Bergamo.

Se la contrazione tra fine 2019 e inizio 2020 era da imputare prevalentemente alla fase di stagnazione del Made in Brescia, già emersa nello scorso anno, la caduta dell’intervallo tra aprile e giugno va invece imputata agli effetti della pandemia da Covid-19, e in particolare al lockdown del mese di aprile. Il crollo fatto segnare nel secondo trimestre trova conferma nell’evoluzione della produzione dell’industria manifatturiera bresciana, con i livelli produttivi diminuiti del 25,7% su base annua.

“Sono dati che ci aspettavamo, in particolare per il secondo trimestre, vista la situazione di lockdown che ha pesato sulla nostra provincia, con il conseguente calo della produzione e dell’export – commenta Roberto Zini, Vice Presidente di Confindustria Brescia con delega a Lavoro, Welfare e Relazioni Industriali –. È però il momento di guardare al futuro e di costruire nuove strade: sotto questo punto di vista, il gruppo tecnico Lavoro, Relazioni Industriali e Welfare di Confindustria, di cui faccio parte, ha elaborato una proposta scritta al Governo, con l’obiettivo di rendere ancora più centrali le APL nelle politiche attive, sostituendole di fatto ai navigator, che anche nella nostra provincia si sono dimostrati poco efficaci”.

In riferimento alle categorie professionali, nel 2° trimestre dell’anno nessuna delle sei macro categorie si caratterizza per un’evoluzione positiva. Le flessioni più rilevanti riguardano, in particolare, gli addetti al commercio (-76%) e i conduttori d’impianti (-59%). Sui primi pesa la chiusura di buona parte delle attività commerciali, una misura emergenziale adottata dal Governo al fine di contrastare la diffusione del virus; sui secondi il fermo produttivo che ha colpito il comparto industriale. Contrazioni relativamente meno intense riguardano gli impiegati esecutivi (-50%), il personale non qualificato (-42%), gli operai specializzati (-41%) e i tecnici (-18%).

Per quanto riguarda le richieste di singole figure professionali, già nel 1° trimestre si segnalano evoluzioni positive per professioni cruciali nella gestione dell’emergenza sanitaria (tecnici della salute) e degli ordini online (addetti consegna merci). I primi vedono incrementare la propria quota dallo 0,1% al 3,7%, mentre i secondi registrano un aumento del 2,5% (dal 7,0% al 9,5%). Invece, si riduce fortemente la domanda per i camerieri di ristorante (-3,6%) e per gli operatori di robot industriali (-2,7%), penalizzati dalla negativa congiuntura nell’ambito dei comparti ricettivo e industriale.

Anche nel 2° trimestre è possibile cogliere delle tendenze di particolare interesse. Tra le figure professionali in crescita troviamo gli operai agricoli specializzati, passati in un anno, da una quota dello 0,1% al 5,6%, diventando addirittura il quarto profilo in assoluto più richiesto nel territorio bresciano. Il vero e proprio boom che ha interessato la suddetta professione sarebbe riconducibile alla sopravvenuta impossibilità di ricorrere alle cooperative estere, tradizionale canale di reperimento, nelle attività legate alla viticoltura.

Altri profili in crescita riguardano gli addetti assistenza pazienti (da 0,2% a 2,9%) e i tecnici della salute (da 0,0% a 1,5%), la cui domanda appare connessa con la gestione dell’emergenza sanitaria che ha significativamente colpito il territorio bresciano. Anche in questo caso le Agenzie per il Lavoro hanno ricoperto un rilevante ruolo sociale, garantendo la fornitura di personale sanitario a supporto delle strutture ospedaliere locali chiamate a fronteggiare il virus.

La crescita della domanda ha inoltre interessato gli addetti alla pulizia e all’igiene degli edifici (da 0,2% a 1,5%), un’altra figura professionale particolarmente richiesta in questa fase, in coerenza con la necessità di procedere alla sanificazione degli ambienti di lavoro. Tra i profili in contrazione, vanno citati i camerieri di ristorante (la cui richiesta si è di fatto azzerata, a seguito del lockdown imposto dal Governo) e gli operatori di robot industriali (passati da una quota del 12,4% a una del 9,2%), penalizzati dal fermo produttivo nella manifattura.

Per quanto riguarda infine i problemi di reperibilità, l’Osservatorio rileva un andamento decrescente nella domanda di figure tecniche in somministrazione. Tuttavia, alcune di esse si caratterizzano per una significativa difficoltà di reperimento: tecnici in campo ingegneristico, tecnici informatici e, da questa rilevazione, anche i tecnici della salute, particolarmente richiesti durante la fase di emergenza sanitaria.

Un’altra professione per cui le Agenzie per il Lavoro lamentano tensioni nel reperimento riguarda gli addetti assistenza pazienti, un profilo professionale fortemente richiesto (e difficilmente disponibile) nel territorio bresciano durante la fase più acuta della prima ondata pandemica.

Nella foto Roberto Zini

 
 

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