«Siamo di fronte ad un punto di non ritorno»
di Valsabbin* Refrattar*

In risposta alla lettera di Mario Pavoni, sulla tangenziale incapace di reggere il traffico attuale, riceviamo questa di Valsabbin* Refrattar*, che pubblichiamo volentieri



Gentile Sig. Pavoni,

abbiamo letto con attenzione la sua lettera, le premesse sono condivisibili, le evidenze delle code sono oltremodo note, pure le domande che pone sono plausibili ma la possibile risposta che paventa tra le righe del suo scritto ci ha lasciato parecchio basiti e ci ha spinti a scrivere questa lettera di risposta.

Siamo di fronte ad un punto di non ritorno, se già non l'abbiamo passato, a cambiamenti climatici che stanno portando alla desertificazione e allo spopolamento di vaste aree con tutte le conseguenze migratorie connesse e che ci devono da un lato far riflettere e dall'altro ci impongono di pensare al futuro con occhi diversi del passato.

Le parole, le promesse e le idee di sviluppo sociale ed economico di un politico del PCI o della DC visti oggi appartengono ad un'altra era geologica.

C'è stato uno sviluppo economico in valle, ma a quale prezzo? A quello che è meno evidente, a quello che non si paga subito, ossia a quello ambientale.

Il fondo valle è stato praticamente tutto cementificato, i terreni agricoli sono merce rara e se a questo aggiungiamo le numerose discariche abusive che annualmente si scoprono e la gestione dei rifiuti industriali fatta in passato e non solo possiamo ben immaginare lo stato di salute del nostro territorio.

In un territorio vicino al nostro, nella Val del Chiese stanno monitorando le falde dall'inquinamento da pfas; se le falde sono inquinate pure la nostra vita lo è.

Quest'anno l'Earth Overshoot Day, ossia il giorno in cui l'umanità ha consumato interamente le risorse prodotte dal pianeta, è caduto il 22 agosto, in pratica siamo in debito ecologico di più di 3 mesi.

Senza cadere nella retorica del far muovere idee e non mezzi o persone, consapevoli delle peculiarità della nostra valle non possiamo che sottolineare che forse è giunta l'ora di smettere con la sottrazione di terreni per l'interesse di pochi, di rivedere il sistema di lavoro e di utilizzare la tecnologia, con tutti i suoi lati oscuri, per limitare il più possibile gli spostamenti fisici delle persone.

Pure l'evidenza mostrataci dalla diffusione del Covid, che ci ha reso assolutamente dipendenti dall'estero o dall'esterno dal punto di vista alimentare ed energetico, ci deve fare riflettere sull'importanza fondamentale di un mercato contadino locale e sull'utilità di togliere verde, togliere quelli che lei definisce "solo campi" a favore del grigio del cemento o del nero dell'asfalto.

Quindi come può essere pensata la futura mobilità?

Purtroppo una risposta non c'è, magari l'avessimo.

Sicuramente ritornare a vivere i nostri territori senza considerarli dormitoi o da pendolari potendo lavorare da casa e difendere la terra e l'acqua dalla continua speculazione edilizia e industriale possono essere un grande passo, se non altro per ridurre il più possibile il momento in cui dovremo pagare il conto dei danni ambientali fatti finora, perché diversamente avremo una fantastica "grande strada" a 4 corsie che ci porterà dritta all'estinzione.

Valsabbin* Refrattar*
zLettere.jpg