A modo mio
di Ezio Gamberini

Non si tratta della famosa macchinetta del caffè, bensì della maniera in cui trascorro l’ultimo fine settimana, prima di riprendere il lavoro a tempo pieno, lunedì 4 maggio…
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Devo rivelare che per scrivere quanto è poi pubblicato su questa rubrica che, da nove anni, s’intitola “I racconti del lunedì” (con rare digressioni in altri giorni della settimana), mi avvalgo di qualche trucco, in aggiunta, ovviamente, all’abitudine di leggere moltissimo, ogni sera prima di addormentarmi e nei fine settimana: siccome non ho molta fantasia, quando qualcosa di strano o particolare mi colpisce, lo annoto immediatamente su un “pizzino” e me lo metto in tasca, oppure, se sono al computer, salvo un file che intitolo “New” più una parola o due sull’argomento che ha fatto scoccare la scintilla.
Poi, con calma, di solito il sabato o la domenica, cerco di creare il pezzo che poi spedirò al direttore.

Ma non sono così bravo come il mio amico Maestro John, che tutti noi leggiamo con immenso piacere e interesse, il quale non sgarra mai e puntualmente ogni domenica ci offre le sue perle.

Perché è così apprezzato il nostro Maestro John Comini? Perché scrive col cuore, e ha il vizio di comporre i suoi pezzi intingendo il pennino del cuore nell’inchiostro dell’anima, vuole bene a tutti, e credo sia tecnicamente incapace anche soltanto di pensare male di chicchessia.

E poi, l’inventore della “Signora Maria”, magnificamente interpretata dalla straordinaria Paola Rizzi, non può che essere un “geniaccio”, perciò, cari amici lettori di Vallesabbianews, teniamocelo stretto!

Lunedì 4 maggio, cioè oggi,
Grazia ed io riprendiamo il lavoro a tempo pieno, dopo essere stati a casa, senza mettere il naso fuori dall’uscio, dal 9 al 30 marzo, e tutto il mese di aprile avendo lavorato solo il mattino; insomma, abbiamo fatto le prove per quando saremo in pensione!

Ce la siamo cavata benissimo, divertendoci enormemente guardando numerosi film, ogni pomeriggio, leggendo, pedalando sulla cyclette, ma, soprattutto, cucinando, con evidenti riflessi sul nostro profilo, che si è lievemente modificato!

Una sera in cui ho preparato un risotto (di solito mi riescono bene, ma credo che più bravo di me sia il mio amico Nene: qualche anno fa, a Carvanno, gli ho visto cucinare una “paella” gigante per trenta persone, che ha lasciato tutti estasiati per la sua bontà; davvero memorabile!), e dopo averlo impiattato Grazia ha osservato:

“Ma non è un po’ troppo?”.

“Ma no – le ho risposto – non sono neanche due etti!”.

E posso assicurare che, davvero, senza bisogno di fare giuramenti, nel pesare il riso sulla mia bilancia elettronica, ho tolto i chicchi, che avevano superato i due etti, fino a quando sul display non è apparsa la cifra “199”; appunto, neanche due etti, per amore di verità e con buona pace per la propria coscienza.
Un giorno poi, Grazia ha cucinato delle lasagne alle quali mancava soltanto la parola, perché quando le ha messe in tavola pareva che dicessero: “Mangiami!”.

Il sabato sera è stato piacevolissimo, in queste settimane, ordinare le pizze a domicilio: verso le otto di sera arrivavano a più riprese gli addetti alle consegne, e nel nostro villaggio di via don Belli facevamo a gara nel contenderci per primi la prelibata ghiottoneria.

In questi due mesi abbiamo potuto vedere fugacemente, a metri di distanza e con la mascherina, i nostri splendidi ragazzi, che nel primo periodo ci portavano la spesa, e sentiamo pure la mancanza dei nostri amici, che solo in parte è mitigata dalle video chiamate.
Non è la stessa cosa, e quando sei stata compagna di banco per cinque anni, come accaduto a Grazia con la sua amica Sandra, senti che l’impossibilità di incontrarsi è davvero pesantissima, e l’incapacità di dare una mano a chi ne ha estremo bisogno, ti annichilisce.

Ancora di più, in questi momenti, si assapora quanto è stato bello avere i propri cari a cena, riuniti attorno a una tavola, e soprattutto quanto lo sarà fra qualche tempo, quando potremo tornare a godere di queste meraviglie.
Ti sorge spontanea la domanda:

“Ma era proprio necessario questo maledetto coronavirus per farci apprezzare tutto ciò?”.

Questa sera invece, primo giorno della “Fase 2” nel contrasto al coronavirus, Grazia ed io, non appena terminato il lavoro, ci fionderemo sulla via che porta in “Bosca”, dopo due mesi di astinenza da passeggiate all’aria aperta, naturalmente con la nostra brava mascherina.

Che bello poter costeggiare il fiume, sentire il rumore delle onde del Chiese, i profumi del bosco, e arrivare fino a Sabbio Chiese.

A proposito dei “pizzini” di cui parlavo in precedenza, ne apro uno di qualche tempo fa che mi aveva incuriosito:

“A seguito della fusione dei comuni di Carbonara di Po e Borgofranco sul Po (Mn), il nuovo comune si chiamerà Borgocarbonara”.


Mi sono chiesto: semmai un giorno i comuni di Vobarno e Sabbio Chiese dovessero procedere a una fusione (succederà prima o poi, succederà…), come sarebbe chiamato il nuovo comune: Vobarnabbio Chiese o Sabbiarno?
Boh!

Il 7 aprile è nato Leone, il nipotino che mio fratello Elio non ha potuto vedere, avendoci lasciato cinque mesi fa. Mi sono emozionato nel riconoscere nei tratti del piccolino, soprattutto il naso e le labbra, quelli di mio fratello, come mi hanno confermato mia nipote e mia cognata, che ci hanno inviato le foto. E’ terribile non poter diventare vecchi…

Sin da ragazzo, un passo del Vangelo di Giovanni mi ha sempre colpito:

“…in verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”; con il passare degli anni l’ho sempre considerato con una diversa sensibilità, pensando soprattutto al mio papà e ai miei due fratelli, che non sono riusciti a “…farsi cingere la veste da un altro”.

Ecco, senza dare troppo disturbo, e se non chiedo troppo, spero, almeno per qualche altro annetto, di poter continuare a fare “a modo mio”.

Ezio Gamberini


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