L'UE ai tempi del Corona
di Tommaso Franzoni

Il virus sta danneggiando i guadagni della comunità europea, portando confusione e paura, ma come agiranno i nostri politici? Con egoismo o con voglia di cambiamento?



IL Covid-19 è un virus che sta colpendo il mondo da mesi, compreso il vecchio continente che ormai ne risente da un lungo periodo.
Il virus influisce sulla nostra economia da tempo, infatti il commercio cinese, in gran parte, è indirizzato verso l’Europa, “toccando” gli stati che importano molti prodotti dal paese asiatico, come Francia (30,84 mld), Germania (78,15 mld) e Italia (33,32 mld).
Le tre nazioni inoltre esportano verso la Cina beni di cifre significative: l’interscambio tra le tre potenze europee e lo stato sinico vale circa 301 mld di dollari annuali.

L’emergenza sanitaria ha piegato gli imprenditori che lavorano nel settore dei servizi, costringendoli a lavorare in smart-working, metodo inusuale, o a non lavorare per questioni di sicurezza, danneggiando i guadagni e andando a creare una crisi di domanda e offerta.

L’UE, per rispondere a questa crisi, ha deciso di instaurare politiche economiche “eccezionali”, garantendo di supportare le aziende ed il servizio sanitario di tutti gli stati, permettendo un’azione flessibile rispetto alle classiche regole europee.
L’organizzazione sovranazionale sta promuovendo il taglio delle tasse e dei contributi sociali, o la loro sospensione, ed un sussidio ai salari.

Ma non è tutto rosa e fiori, di fatto qualsiasi spesa economica comporterà ad un innalzamento del debito pubblico dei singoli stati.
Un problema che colpirà gli stati già molto indebitati, come la nostra Repubblica, con un importante incremento dei tassi d’interesse sul deficit, dovuto alle eccessive spese fatte da molto tempo inefficienti e mai risanate, come quota 100 o il R.D.C. che di per sé non è un’idea sbagliata, ma è applicata, a mio giudizio, in modo errato.

Due strumenti sono stati proposti per colmare i buchi finanziari: il M.E.S. e gli eurobond.


Il M.E.S. lo conosciamo già per le fraudolente discussioni degli scorsi mesi in parlamento, mentre gli eurobond, soprannominati dai giornalisti come “coronabond”, sono dei titoli di debito di cui tutti i membri dell’UE sono responsabili.

Gli eurobond hanno creato non poche polemiche all’interno dell’Ue, con il rifiuto da parte di paesi nordici come Germania, Olanda e Finlandia, visto da loro come un aumento delle proprie spese.
Gli eurobond sono un progetto apprezzato dalla maggior parte degli stati appartenenti all’Unione, tanto che 14 paesi si sono schierati contro lo Stato “teutonico”.

Il modello risulterebbe efficace, soprattutto per le amministrazioni che devono gestire già un’alta quantità di denaro passivo, in quanto consentirebbe di “smaltire” meglio la spesa.
I titoli venduti da un’organizzazione economica forte e sicura, garantiscono vantaggi sia per il creditore, poiché ha la certezza che il denaro investito ritorni nei tempi previsti; sia per il debitore, dal momento che la condizione consente un tasso di interesse basso, quindi meno soldi da “sborsare”.

L’E.S.M. (il corrispettivo di M.E.S. in lingua inglese) è comunque una scelta valida, ma comporterebbe futuri tagli della spesa pubblica per sanare il debito, cosa che la nostra nazione non può permettersi, quindi i tempi di “ricostruzione” sarebbero più lunghi.

Un'alternativa valida potrebbe essere la versione “light”
, ovvero con minori vincoli, del fondo salva-stati, ma rimarrebbe comunque meno funzionale rispetto alla proposta adottata dal governo italiano (cioè gli eurobond).

La disponibilità politica manca, come il tempo, dato che trovare una soluzione troppo tardi potrebbe portare dei guai finanziari molto seri.
L’U.E. è un’organizzazione sovranazionale che è stata creata anche per preservare i popoli europei da conflitti interni, non assenti nei precedenti secoli ai trattati di Roma.

Una guerra può anche essere di tipo finanziario e continuando a “tirare la fune” il risultato sarà una sola ed unica sconfitta da ambedue le parti.

Tommaso Franzoni

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