«Bentornato, don Dorì»
di a.p.

Anche don Bruno Armanini e don Luigi Mezzi scrivono per ricordare don Salvatore Tonini, originario di Storo, venuto a mancare la scorsa settimana a causa del coronavirus



La comunità di Storo era molto legata a don Salvatore Tonini. Il sacerdote, venuto a mancare la scorsa settimana colpito da coronavirus, da Bolzano tornava spesso a Storo per far visita alla sua gente e ai suoi famigliari. 

Amava molto le zone della Piasòla e di Spenigòl.

Don Salvatore apparteneva a quel gruppo di giovani storesi che per anni aveva infoltito il Seminario di Trento, anche grazie alla presenza, come rettore, del compaesano monsignor Scalvini, anche lui di nome Salvatore, che ora riposa al cimitero di Besozzo, nel varesotto.

Nel 1960 a Storo c’erano più seminaristi e preti rispetto al resto delle Giudicarie, tanto da essere considerato una “fucina” di vocazioni.
Ebbene, a qualche giorno di distanza dalla sua scomparsa due di quei sacerdoti concittadini - don Bruno Armanini, che vive a Trento, e don Luigi Mezzi, parroco sull'altopiano di Brentonico, hanno tracciato un profilo in suo ricordo.

“Ora è tornato per l’ultima volta, per riposare all’ombra della Roca Pagana, “fò Sant’Andrea”, come si usa chiamare a Storo il cimitero. Il male diffuso, che segnerà per sempre la storia, se l’è portato via in fretta. Carattere amabile e gioviale, sapeva dialogare con tutti, con un’attenzione particolare ai bambini e ai semplici.

Era nato a Storo nel 1936, nella famiglia Tonini “Poenelo”, cresciuto in un clima di serenità, fin da ragazzo ha frequentato il Seminario di Trento, sotto lo sguardo vigile di monsignor Scalvini, anche lui “Dorì”, suo rettore e compaesano.
La sua missione sacerdotale, pur essendo sacerdote trentino, si è svolta, dopo i primi anni, nella vicina diocesi di Bolzano, quasi un dono fra chiese sorelle.

La sua spiritualità affondava le radici nel Movimento dei Focolari, affascinato dalla figura di Chiara Lubich e dalla sua Parola di Vita, che attingeva direttamente al Vangelo lo stile di vita.

Al centro del messaggio focolarino infatti sta il carisma dell’Unità, nel cercare la comunione con i fratelli e nell’imitazione di Gesù, solo e abbandonato, che ha ispirato i primi passi della Fondatrice.

Lo scorso gennaio don Dorì, assente dalle celebrazioni tenute a Trento per il centenario della sua nascita per l’influenza che gli è stata fatale, si rallegrava in uno scritto personale che la Chiesa di Trento avesse riscoperto il messaggio di una delle sue figlie più rappresentative.

Così gli scriveva don Flabbi, amato parroco di Storo, il 7 aprile 1962 nel giorno della sua ordinazione: “Carissimo Dorì, ti penso già raccolto nei S. Spirituali esercizi in preparazione al grande passo.

Quando leggerai questa mia, sarai ormai Suddiacono. La tua via è ormai segnata. Via difficile umanamente parlando, ma se seguirai le orme del Signore, se ascolterai la Sua voce, se non ti lascerai lusingare dal mondo, che cerca di farti tradire Chi ti ha chiamato ed a Cui tu hai promesso fedeltà, sarà una via luminosa piena di luce, e nella luce che si sprigionerà dalla Croce del divin Maestro; le croci della vita si illumineranno e daranno la vera gioia dello Spirito.

Il mondo di tutto questo non capisce nulla, e quindi ci compatisce quando è buono, e ci combatte quando non lo è. Fa i primi passi della tua completa dedizione a Dio; come i primi siano gli altri; ed il Tuo trionfo, la Tua vittoria sarà allora, quando nella gioia infinita potrai dire: come i primi, così gli ultimi. Ti saluto caramente, assicurandomi del mio ricordo.

Aff.mo don Vigilio.”



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