«Proviamo ad alzare lo sguardo»
di Gianantonio Girelli

In merito alla situazione che sta vivendo il nostro Paese e la Lombardia in particolare, pubblichiamo la riflessione proposta dal consigliere regionale valsabbino del Pd Gianantonio Girelli



In queste ore difficili per tutti, con sentimenti altalenanti e senso di impotenza di fronte a un nemico così subdolo, cerco sicurezza provando ad alzare lo sguardo. Per questo anche tra noi vale la pena elevare il livello della discussione, che non può esaurirsi nelle polemiche sterili tra Istituzioni, tra chi arriva primo nell'accaparrarsi sul mercato i dispositivi medici.

Innanzitutto voglio confermare che mi conforta l'approccio del nostro Governo al contrasto della pandemia di Covid-19. Rispetto al modello simil bellico paventato inizialmente di alcuni Paesi, che punta a non contrastare la diffusione ma a curare i malati (col rischio di migliaia di vittime e la quasi sicurezza che nessun sistema sanitario nazionale sarà in grado di prestare le cure necessarie a un numero così alto di infetti), l'Italia, in linea con l'esempio cinese e sudcoreano, ha deciso fin da subito di arginare l'infezione con provvedimenti emergenziali e rigorosi di isolamento della popolazione.

Abbiamo quindi optato per la vita delle persone, per la salvezza del maggior numero possibile di cittadini, a discapito - il tempo ci dirà a che costi - della nostra economia. Il nostro modello però differisce, mi preme sottolinearlo, da quello cinese per la nostra intrinseca umanità, per la nostra cultura, per la nostra civiltà. Per il nostro senso laico e cattolico insieme. Per noi il Paese si fonda sulla coesistenza delle generazioni. E di questo, ne sono fiero. E di questo vorrei che ci ricordassimo all'indomani della fine dell'epidemia.

Questa pandemia ci sta insegnando che nessuno può sentirsi al sicuro dal punto di vista sanitario. Anzi, ad essere messe a dura prova sono le realtà più avanzate dal punto di vista scientifico e organizzativo. In questi giorni molti cittadini hanno riscoperto la straordinaria capacità degli ospedali pubblici: abbiamo medici, infermieri e scienziati tra i migliori al mondo.

Ma chi è stato chiamato a guidare la politica regionale negli anni passati ha favorito la nascita e lo sviluppo delle strutture private accreditate, depotenziando di conseguenza quelle pubbliche. Ed allora, ripensare all'organizzazione della sanità è oggi ancor più indispensabile di ieri. Dobbiamo avere la forza di riaffermare il primato del pubblico nel governo del privato, a cui va sì riconosciuta piena dignità, accompagnata però da altrettanta disponibilità a seguire quanto loro indicato.

Infine credo che la riflessione vada portata a livello globale. Esiste la necessità di un dialogo continuo tra i sistemi dei vari Stati su ricerca, controllo, azioni e strategie. In un pianeta interconnesso, questa emergenza ci ha insegnato che l'unico vero grande confine è quello del mondo.

Per questo oggi più che mai serve più Europa, non meno Europa. Una comunità rafforzata che collabori nel contrasto alle speculazioni, da quelle finanziarie a quelle raccapriccianti sui prezzi e lo smercio dei dispositivi medici, dove la criminalità organizzata ancora una volta si è fatta sentire. Ma un potere forte centrale serve anche contro i tanti Trump del mondo che pensano di poter comprare prototipi e vaccini per un uso nazionale e non mondiale. Scelte miopi, inutili. Il Coronavirus ha insegnato che la strada del futuro è la collaborazione: o ci si salva tutti o si perisce tutti.
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