Sembra ieri
di John Comini

Sfoglio l’album di foto di famiglia. Sembra ieri che ero bambino, e il tempo sembrava eterno. Le foto in bianco e nero restituiscono i ricordi, che giungono al cuore con la dolcezza e la malinconia dei fiocchi di neve…


La radio che al mattino racconta le notizie, mentre mio papà indossa i pantaloni e poi va in negozio, e dà un bacio a mia mamma, in fondo al corridoio. Mia nonna Margherita sulla poltrona rossa, che mi manda dal Datteri a comprare il tabacco marca Giustina. Mio nonno Angelo che va a Messa prima, avvolto dal mantello nero. La mia famiglia riunita a tavola a mangiare: 10 persone, nonni e zia Giulia compresi.  Mia mamma che a merenda mi porta pane burro e marmellata con un bicchiere di latte, mentre leggo il Vittorioso. Il rosario recitato in cucina in inverno, con il corridoio dove sono appese le lenzuola ad asciugare. Le corse in corridoio con i cugini di Salò e di Desenzano, quando gli zii venivano a trovare i nonni.

L’oratorio, Rin Tin Tin, i ghiaccioli che lasciano la lingua colorata, i rotolini di liquirizia, il balunsì e le interminabili partite con gli amici, il torneo di calcio dei “grandi”. La TV dei ragazzi vista in casa d’altri, la paura per la canzone “Quindici uomini sulla cassa da morto”, il ritorno a casa cantando felice con mia sorella Valentina.

Le fantastiche estati alla colonia di Livemmo, la felicità assoluta nella pineta della fantasia!
La scuola con la cartella di pelle, il pennino con l’inchiostro e lo scambio delle figurine del Risorgimento. I giochi a Piemontesi e Austriaci alla Boschetta.

La prima volta della televisione a casa mia, con mio nonno che (abituato al cinema muto) esclama: “Ma parlèi?”. Il cinema al Salone, gli gnocchi fatti in casa, i pomeriggi passati a leggere libri di avventure e a giocare con i soldatini di plastica. Poi, più avanti, le lunghissime, strane e meravigliose chiacchiere con gli amici, le domande sulla vita, su Dio e sul destino, le risate sgangherate e il mondo che brulicava di infinite possibilità.

E la passione per il calcio, con le partite raccontate da Tutto il calcio minuto per minuto, con la radiolina che scatenava l’immaginazione…
Sembra ieri che ho preso la maturità magistrale, e invece son passati 50 anni esatti.

I professori delle medie mi avevano consigliato di fare una scuola ad indirizzo artistico. Mio zio (e padrino) Vittorio di Salò, forse temendo che io entrassi in un ambiente troppo “aperto” (facevano anche ritratti di donne nude –sai che scandalo…), ha consigliato i miei a optare per le magistrali, e allora sono stato iscritto allo ‘Zammarchi’ di Brescia, l’istituto cattolico, vicino al ‘laico’ Gambara. Facevo il viaggio in pullman insieme al mio grande amico Deni Giustacchini. In fondo al pullman al ritorno cantavamo con altri amici: “Tutti quanti amici siam ed insieme noi cantiam questo allegro ritornello che fa umpa unmpa umpapà!”

Ero uno studente piuttosto anonimo e malinconico, non capivo quale fosse la mia strada nella vita. Ricordo con affetto il professor Chizzolini, autentico “apostolo dell’educazione cristiana”, animatore dell’Editrice La Scuola. Riponeva in me grandi speranze, mi diceva sempre: “Giovanni, ho fiducia in te!”. Ricordo lo zio della compagna di classe Giulia, don Arduino Ravarini, che insegnava italiano e pochi giorni fa ha lasciato questo mondo. Ricordo molti compagni di classe, tra i quali Roberto Ballerini di Prevalle (poi insegnerò con la sorella Anna), Silvano Cavalleri di Paitone, Luca Ferremi di Bagolino, Renzo Mosca di Chiari e altre belle persone.

Mai e poi mai avrei immaginato di diventare maestro. Nel ’74  è arrivato il concorso magistrale, il mio testo è stato apprezzato dalla commissione e ho superato lo scritto. All’orale portai i miei autori preferiti, Don Milani e Mario Lodi e son diventato maestro col massimo del punteggio…ironia del destino!

Poi ho vissuto l’amore di Emi, che da tempo era già mia amica: i momenti di felicità ci prendono di sorpresa e a volte non ce ne accorgiamo nemmeno.

Ci siamo sposati e la mia attuale moglie mi ha fatto il regalo più grande, Andrea, luce dei miei stanchi occhi. A scuola ho conosciuto tanti bambini, che mi hanno aiutato a fare il maestro e mi hanno regalato momenti di vera umanità e di stupore. Ho apprezzato la passione nel lavoro di tante maestre e maestri, ho conosciuto dirigenti cordiali e attenti alle esigenze della scuola.

Sembra ieri. Ora sono in pensione, scrivo spettacoli e vado in giro a farli (come sempre), leggo, aspetto le partite, cammino da solo o con gli amici Mauro e Deni. Molte persone entrano nella nostra vita, ma soltanto i veri amici lasceranno impronte nel nostro cuore.

Da ragazzo ci sentivamo immortali. Guardavamo le persone di 40-50 anni e ci sembravano già vecchie. Il tempo sembrava non finisse mai. Adesso sembra che il tempo scorra più veloce, che acceleri con l’età. Ma come, è già passato Natale?! Siamo già a Pasqua?! È già estate?! Conosci tante persone che muoiono, e gli antichi entusiasmi sembrano svanire dinanzi alla realtà, piena di inquietudini e di brutture.
Qualcuno ha scritto che c’è solo una storia, la più antica, la luce contro l’oscurità. A volte sembra che l’oscurità stia vincendo, ma grazie alle persone buone la luce non smette mai di brillare.

Forse ognuno di noi ha a disposizione un pacchetto di tempo: giorni, ore e minuti da spendere per vivere. Quanto tempo avrò buttato via? Meglio non pensarci. Ma ogni tanto ci sono scintille di felicità, e le conservo gelosamente in fondo all’anima.

“Il destino è Dio che passeggia in incognito.” (Il viaggio di Yao)

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo

maestro John

Nelle foto:
1) Le nozze d’oro dei miei nonni, con gli zii Giulia, Vittorio, Fausto e mio papà
2) Gita dei miei familiari a Livemmo nel 1961, con le cugine di Salò e zia Rina (io sono il bambino a destra, a sinistra per terra mia sorella Valentina che mangia l’anguria accanto a mio fratello Dino)
3) La squadra gavardese del Fil de fer all’oratorio nel 1960 (mio fratello Dino è in giacca e cravatta)
4) Foto di gruppo delle classi dell’Istituto Magistrale in gita a San Daniele del Friuli, nel maggio 1969,  con don Ravarini, dietro di lui c’è il compagno di classe Luca Ferremi. (Grazie all’amico Mauro per la foto)

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