I dilemmi di blockchain
di Valerio Corradi

Da alcuni anni si sta riflettendo su modelli decisionali non gerarchici e sul potenziale delle monete digitali. Uno degli schemi più citati è blockchain


Satoshi Nakamoto (soggetto, forse più persone, forse un gruppo, la cui identità è ancora oggi sconosciuta) è stato il primo ad introdurre una blockchain nel 2008 con l’obiettivo di registrare tutte le transazioni della valuta digitale Bitcoin.

Una blockchain è una catena aperta, alla quale si possono aggiungere più blocchi virtuali in grado di memorizzare record di dati in modo sicuro, verificabile e permanente.
Secondo l’ideatore essa ‘consente a individui auto-sovrani di registrare i dati in un registro pubblicamente verificabile, senza dover passare da alcuna autorizzazione’.

Una volta scritti, i dati in un blocco non possono essere modificati
senza che vengano modificati tutti i blocchi successivi.
La modifica richiede il consenso della maggioranza della rete e ogni singola transazione (valuta digitale, informazioni, profili, prodotti) avviene solo dopo che tutti i nodi sulla rete danno una conferma.

Nella blockchain
nessuna singola persona o istituzione può manomettere le informazioni, questi significa che nessuno possiede un potere superiore agli altri e quindi il vero potere è quello del consenso collettivo degli utenti.

Alcuni analisti
ritengono possibile applicare questa tecnologia non solo in ambito economico (es. criptovalute), nell’ambito della proprietà intellettuale, in campo legale (smart contract) ma anche in ambito politico dove si intravvedono nuove possibilità di far partecipare gli elettori secondo i principi di una cittadinanza digitale.

Al momento blockchain si presenta come
uno strumento dagli sbocchi interessanti (molte banche, produttori e investitori stanno facendo sperimentazioni) ma che presenta alcuni limiti connessi proprio alle sue caratteristiche basilari ovvero la catena di auto-certificazioni.

L’assenza di un’autorità esterna
che ne certifichi i contenuti e di un quadro normativo di riferimento rendono questa tecnologia ancora rischiosa.
Rimane aperta la questione dell’anonimato e della privacy e di come garantire la sicurezza degli scambi tra gli utenti.

Le sperimentazioni diranno se
questa tecnologia potrà essere utilizzata su vasta scala oppure se rimarrà un dispositivo per pochi.
La presenza di strumenti come blockchain costituisce comunque una sfida su come pensare oggi relazioni egualitarie e democratiche e porta a chiedersi se sia possibile farlo affidandosi solo alla tecnologia, promuovendo relazioni virtuali tra individui isolati

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