La scuola, due bambini e il «maestro» Mattarella
di John Comini

L’estate sta finendo, lunedì comincia l’autunno. Ma le scuole sono già iniziate, con tutte le ansie, i problemi… e le false partenze. Chissà perché, ma non si riesce mai a partire con tutti i docenti nelle varie classi...


Una volta si cominciava il 1° di ottobre, e mi pare non ci fossero più problemi di adesso.

Tempo fa Ilvo Diamanti aveva scritto questa provocazione: “Cari ragazzi: non studiate! Soprattutto, non nella scuola pubblica. Non vi garantisce un lavoro, né un reddito. Allunga la vostra precarietà. La vostra dipendenza dalla famiglia. Non vi garantisce prestigio sociale. Vi pare che i vostri maestri e i vostri professori ne abbiano? Meritano il vostro rispetto, la vostra deferenza? Vi pare che godano di considerazione sociale? E, poi, che cosa hanno da insegnare ancora? Oggi la “cultura” passa tutta attraverso Internet e i New media. A proposito dei quali, voi, ragazzi, ne sapete molto più di loro. Perché voi siete, in larga parte e in larga misura, “nativi digitali”, mentre loro (noi), gli insegnanti, i professori, di “digitali”, spesso, hanno solo le impronte. E poi quanti di voi e dei vostri genitori ne accettano i giudizi? Quanti di voi e dei vostri genitori, quando si tratta di giudizi – e di voti – negativi, non li considerano pre-giudizi, viziati da malanimo? Per cui, cari ragazzi, non studiate!...La cultura vi creerà più guai che vantaggi. Perché la cultura rende liberi, critici e consapevoli. Ma oggi non conviene. Si tratta di vizi insopportabili. Cari ragazzi, ascoltatemi: meglio furbi che colti!” Una provocazione che fa riflettere.

Alcuni dicono che la scuola penalizza i bravi, che c’è un livellamento verso il basso. C’è un fatto impressionante: bambini che a 10 anni leggono anche 2 libri al mese e che, da adulti, arrivano a malapena ad un libro all’anno. La scrittrice Susanna Tamaro sostiene che i ragazzi non capiscono più quello che leggono, non sanno più esprimersi nella lingua italiana e questo significa anche scarsa conoscenza di sé stessi. Viviamo un impoverimento culturale pazzesco.

Una volta alla scuola elementare si insegnavano le conoscenze di base. Oggi si insegnano nozioni non essenziali, confusionarie. Ma se non si danno le fondamenta alle elementari è come far crescere alberi senza radici. Altro grave problema: la fine dell’alleanza tra famiglia e scuola. L’educazione ha bisogno dell’ordine, oggi invece, nella scuola regna il caos.

In molti Paesi europei, dove l’innamoramento per le tecnologie a scuola è arrivato prima che da noi, si stanno rivalutando la scrittura a mano e lo studio sui libri, anche come antidoto alle gravi dipendenze da schermo e da social che le nuove generazioni sviluppano in modo allarmante.

Se si risvegliasse don Milani, che cosa direbbe della scuola di oggi? I «Gianni» che all’epoca venivano ripetutamente bocciati ora non incorrono più in quell’onta. Tutti promossi, ma con una promozione che ha l’effetto di un boomerang. La parte importante del suo metodo — il lavorare insieme creando un sapere che nasce dalle domande, dunque maieutico — è stata rapidamente archiviata. La scuola italiana ha perso per strada l’ambizione di formare i giovani e di creare la classe dirigente del futuro. E un Paese che non si occupa dell’educazione dei ragazzi è un Paese perdente.

Penso che bisogna cominciare a mettere i professori nelle condizioni d’insegnare con passione la propria materia, senza costringerli a disperdere energie in mille cose burocratiche o in inutili corsi. Ho conosciuto tanti insegnanti pieni di passione, che amano il proprio lavoro, che riescono ad accendere di luce lo sguardo di chi li sta ascoltando, ad aprire una piccola porta nella mente dei ragazzi, e forse anche nel cuore, permettendo a quel ragazzo o a quella ragazza, un giorno, di salvarsi.

Professori che cercano di conosce i propri ragazzi, le loro adolescenze fatte di paura e desiderio, il futuro che promette e insieme minaccia. Conoscono le parole della scuola: ansia, entusiasmo, vergogna, condivisione, integrazione, esclusione, empatia, identità, equità e il suono che fanno tra i banchi, dove la vita è più urgente che altrove, dove la vita stessa sta più che altrove. Perché in aula si imparano le parole giuste per capire sé stessi, gli altri, il mondo. E la vita.

E allora penso al video di quei due bambini di due anni, su un marciapiede di New York. Si corrono incontro per scambiarsi un tenero abbraccio, tra due grandi amici. Si chiamano Maxwell e Finnegan, ma potrebbero chiamarsi con un miliardo di altri nomi. Uno ha la pelle bianca, l’altro nera, e adorano stare insieme. Frequentano lo stesso corso di musica, e anche lontano da scuola sono inseparabili. Non si vedevano da solo due giorni, ma quando si sono incontrati per le vie di New York non hanno saputo trattenere la gioia.

Il loro abbraccio è un messaggio di umanità e amicizia, al di là delle differenze. Il momento più emozionante è quello della scoperta, quando si riconoscono allargano le braccine e restano per qualche istante fermi, come a volersi godere quella inaspettata sorpresa. Poi la corsa, con le loro ancora incerte gambine, con quei piedini che talvolta s’incrociano ma con quel sorriso aperto alla vita, all’amore, alla gioia.

Anche da due bambini si può imparare tanto. La loro semplicità, spontaneità, felicità, erano sentimenti che hanno accompagnato anche i nostri primi passi, poi scioccamente, stupidamente abbiamo iniziato ad ascoltare sempre più la mente, dimenticando le parole del cuore ed in quel momento abbiamo dimenticato il “bagaglio” più importante che avevamo con noi all’inizio del nostro viaggio: l’anima.

Poiché a volte bisogna ridere per non piangere, ho immaginato una lezione scolastica nella classe dei politici. Entra il “maestro” Mattarella. “Bambini, cos’è questo disordine? Cos’è questo chiasso? Calma, bambini! Sedetevi almeno. Giuseppe, tu che sei capoclasse, vai alla lavagna! Dividila in buoni e cattivi, e non segnare tra i buoni solo i tuoi amici! Ma soprattutto non continuare a cambiare amici! Gigino, che sei sempre elegante con la blusina e il fiocco, hai portato la nota firmata da Grillo? Matteo, stai seduto! No, dico a te, Renzi, non fare il galletto toscano, smettila di saltare da un banco all’altro con la tua amica Elena! E smettila di dire a tutti “stai sereno”! E tu, Matteo del Nord, lo so che sei il più amato dagli italiani, ma non puoi trascorrere le lezioni facendoti selfie e recitando il rosario! Nicola, non dormire. Ti ho messo nei banchi davanti, ma cerca di dire qualcosa. Ah se tu somigliassi come grinta a tuo fratello Luca, quello del Commissario Montalbano… Paolo, che sei così “gentiloni”, stai su dritto con la schiena, non vedi cha la giacchetta è cascante. Più grinta, perdincibacco! E tu, Massimo, che hai i baffetti, smettila di lanciargli palline di carta! Silvio, dov’è Silvio? Ah sei arrivato! Dovevi andare in bagno: non è che sei entrato in quello delle femmine?! Giorgia, quando entri in aula non devi fare il saluto romano! Allora, cominciamo la lezione: La costituzione italiana. Come? È suonata la campanella della ricreazione? E vabbé, tutti fuori a giocare. Ma state buoni, se potete. Qui in Italia è sempre ricreazione…”

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo

maestro John

Nelle foto:
1) Mia sorella Rita a scuola
2-3) amarcord a Gavardo
4) l’abbraccio tra due bambini, amici per la pelle

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