Buoni e buonisti, cattivi e cattivisti
di Leretico

La parola “eroe” trova la sua origine nella parola greca “eros”, quindi in qualche modo l’eroe è legato all’amore, in tutte le sue forme, osiamo dire


L’eroe è passionale, ha merito e virtù particolari, affronta gravi pericoli e compie azioni straordinarie, ma soprattutto: ha spirito di sacrificio rispetto ad un nobile ideale.
Il rapporto con la sua gente è viscerale, ispira estatico piacere e intimità.

Il popolo ha un rapporto ambiguo con l’eroe,
quasi carnale, perché quest’ultimo rappresenta la divinità fattasi carne, perché l’eroe è legato al “sacro” e a tutto quel mondo perduto, inconscio e violento, a cui sentiamo di essere connessi e attratti, e in qualche modo spaventati. L’eroe è simile ad Eros, è un mediatore tra la terra è il cielo, tra il divino e l’umano.

Ogni popolo esprime i propri eroi e, di solito, approfitta di loro, non solo per acclamarli.
Il popolo è femmina e l’eroe è maschio e come tali amoreggiano, si cercano, si scambiano effusioni alla ricerca della “corrispondenza di amorosi sensi”.

L’eroe ha bisogno del suo popolo, comunità trafitta al cuore da Eros, mentre egli si staglia nel cielo della patria.
Il popolo ha bisogno dell’eroe perché, tramite lui, sublima tutti i propri istinti. Questo legame è necessario e si perpetua nei secoli diventando leggendario, trasmigra nella letteratura e si presenta in ogni tipo di racconto.
Oggi la pubblicità usa eroi ovunque, sia in senso negativo che in senso positivo, perché abbiamo bisogno di “storie” nelle quali trovare il senso di ciò che ci accade.

Esiste un apparato micidiale capace di produrre storie a ritmi incontrollati storie di ogni tipo. È un apparato tecno-scientifico finanziato come nessun altro, poiché connesso al Potere e alla sua gestione.
Se per un momento ci si pensa bene, è incredibile il numero di pagine di giornali, cartacei o digitali, riempite ogni “santo” giorno di storie in cui, impostato con chiarezza lo schema del buono e del cattivo, la pugnace figura di un “eroe” compare a salvare il mondo (anche sotto le vesti di dentifricio).
E tutte queste pagine hanno bisogno di eroi e di nemici da abbattere. Pieni di assalti e difese strenue, capitani e capitane che si combattono in nome di un’idea di giustizia e di libertà, per salvarci, per connetterci al Dio che loro rappresentano.

La luce che si è accesa in questi giorni a Lampedusa è dunque luce “eroica”.
Uno scontro tra un “Capitano” - appellativo riduttivo della parola “Duce” che si vuole a tutti i costi evocare senza poterlo dire apertamente – e una “Capitana” tedesca, arrestata, e poi rilasciata, per invasione del suolo patrio.

È stata accusata dal Ministro dell’Interno di attentato alla Costituzione repubblicana, violazione dei patti europei, violazione dei patti Nato e persino dei patti di Yalta del 1945.
In verità sembra si sia diretta con la sua nave contro una motovedetta della Guardia di Finanza e i finanzieri a bordo pare siano diventati tutti verdi dalla paura.
Possibile che gli avvedutissimi e corazzatissimi finanzieri italici abbiano fatto la figura degli allocchi di fronte alla prepotenza teutonica in gonnella? Mistero.

L’analisi è dunque questa: il Ministro dell’Interno ha costruito, novello Duce, insieme ai suoi addetti alla comunicazione, una storia che pesca a piene mani nel mito fascista.
Ci mancano solo il petto in fuori e le mani alla cintola. Insomma nel racconto de “l’uomo solo al comando” da non disturbare, Salvini è l’unico che difende l’Italia dell’invasione, l’unico capace di dire “basta” all’Europa tiranna che vuole affamare il popolo con le sue regole strangolatrici, l’unico contro l’Euro che ha divorato i risparmi degli italiani, l’unico che vuole abbassare le tasse perché qualcosa bisogna pur fare. L’unico insomma.

Purtroppo le ruspe affondano, altrimenti nel mare di Lampedusa il “Capitano” si sarebbe già presentato a cavallo di una di esse, come ai suoi tempi il “Predappiofava” di gaddiana memoria.

Un po’ di ruspa di qua, un po’ di selfie di là, un rosario in mano ad un comizio oggi e un mitragliatore in mano e ben in vista il giorno dopo. Non è cattivo e solo un cattivista. Eccolo il “Capitano” con la C maiuscola è qui!

Accorrete gente, accorrete. Il nuovo eroe cattivista è sceso dall’empireo per salvarci da quei cattivi “comunisti” (questi sì, sono i veri cattivi) che vogliono azzoppare, sfiancare, impaludare, parassitare, fermare l’Italia nel suo cammino fulgido verso il successo.
Salvini non nomina mai direttamente i comunisti, negherebbe sé stesso essendo stato capo della corrente “Padania comunista” ai tempi delle elezioni padane del 1997.
Ma ne evoca continuamente le immagini, le loro minacce all’ordine, le loro criminali occupazioni di stabilì simbolo della proprietà privata, oltraggiata, inzaccherata, vituperata.
Tutto da eliminare con la ruspa.

Il Salvini nazionale, che nel cognome conserva in qualche modo l’intenzione salvifica dei sacri lidi, si è eretto a difensore dei confini e se ha fatto, come ha fatto, calcoli elettorali, ci ha azzeccato in pieno, visto i consensi ottenuti persino in Sicilia.

Che fanno gli altri? Le sinistre?
Cercano disperatamente anche loro un capitano, e ora lo hanno trovato. Dalle cronache emerge la “Capitana”, come la figlia di Poseidone, sulle onde del mare, per salvare vite contro la barbarie disumane dei nazi-fascisti che chiudono i porti.
Un’eroina tedesca, di per sé intoccabile, che sfida il “Capitano” come Davide sfidò Golia. E ci voleva il fascino dello straniero in gonnella per convincere la sinistra a salire sulla nave ribelle per cooptare l’angelo liberatore alla causa del bene: potenza del simbolo! È stata una passerella sbalorditiva.

Tanto forte è il potere di questa storia che addirittura sono stati raccolti fondi eccezionali per la difesa giuridica della “Capitana”, perché l’eroina non può perdere conto il male.
E c’era da aspettarselo perché per ogni eroe di destra così sapientemente costruito si crea spazio ed energia per un contro-eroe di sinistra. È richiesto dalla storia, è necessario.

Insomma siamo alle solite: il fascismo italico emerge ad ogni crisi, che sia o non sia uno sbarco indesiderato. Puntualmente viene sfruttato dal “Capitano” che tuona dal Viminale con la rabbia di Zeus.
Ovviamente tutto sulla pelle di pochi disgraziati, fuggiti dalle coste africane per cercare una vita migliore.

Non sono da meno, tuttavia, quelli che si oppongono al “Capitano” e che sono prontissimi a salire sulla nave dei fuggiaschi, ma nulla sanno fare per non essere considerati buonisti.
Nulla sanno organizzare se non la loro parata personale davanti alle telecamere. Oppongono simboli ad altri simboli, ma non sanno proporre un progetto che sia efficace per mitigare il problema della strage di immigrati nel canale di Sicilia.

Gli immigrati sono ormai considerati carne da macello, lanciati verso la morte come si faceva con i soldati, durante la prima guerra mondiale, verso le trincee nemiche.
Tutti pronti a sfruttarli, chi per i 35 euro da incamerare, chi per i pomodori da raccogliere, chi per fomentare la paura, così premiante in periodi elettorali. Tutti hanno da guadagnare qualcosa, solo loro hanno da perdere la vita.

Nessun progetto, solo vuote parole.
Tanti, insomma, che non si interessano del come assicurare una soluzione concreta, ma solo preoccupati, alcuni, di sentirsi meno in colpa. Non sono capaci di proporre soluzioni, ma solo opportunisticamente e cinicamente approfittare di sofferenze immani.

Tanti buonisti e pochissimi buoni. Tanti opportunisti e pochissimi assennati. Nulla di nuovo sotto il sole, nemmeno sotto quello di Lampedusa.

Leretico
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