Una catena umana per dire no al maxi depuratore
di Cesare Fumana

Circa 500 persone hanno partecipato domenica mattina a Gavardo alla manifestazione organizzata dal comitato Gaia per ribadire la contrarietà all’impianto di depurazione in riva al Chiese
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Grande partecipazione domenica mattina a Gavardo per la manifestazione indetta da Gaia, l’associazione ambientalista Gavardo Ambiente Informazione Attiva, per dire no al maxi depuratore del Garda in riva al Chiese nel paese valsabbino.

Circa 500 persone, “armate” di rotolo di carta igienica, hanno preso parte alla camminata che ha preso il via nel piazzale antistante la biblioteca e, percorrendo la Gavardina, ha raggiunto il grande prato dove, su un’area di 26 mila metri quadrati, è ipotizzata la collocazione del depuratore per i reflui dei comuni dell’Alto Garda, che poi scaricherà nel Chiese.

Qui ha preso la parola Filippo Grumi, portavoce del comitato Gaia: «Nell’area sull’altra sponda del fiume verrà costruito il depuratore di Gavardo, quello che servirà quattro comuni: Gavardo, Vallio Terme, parte di Muscoline e Villanuova. Con un ponte sarà collegato a un nuovo depuratore che dovrà servire per gli scarichi 140.000 abitanti».

«Lo stesso progettista che ha immaginato il depuratore scrive che, forse, ci sarà una qualche criticità. Forse… Lo mettono loro nero su bianco, non lo sta dicendo un comitato ambientalista qualsiasi, ma ufficialmente nel loro documento dicono che scaricare due depuratori nello stesso posto nel Chiese, che è quasi sempre in secca, può essere una “criticità”».

Oltre a questo vanno aggiunti, i passaggi dei camion per portar via i residui secchi.

«Il nostro paese non può accettare tutto questo. E questo avviene mentre il Comune di Gavardo non ha un sindaco che può difendere il proprio paese».

Alla manifestazione erano presenti anche i sindaci di Muscoline e Prevalle, Davide Comaglio e Amilcare Ziglioli.

L’altra questione sollevata, invece, da Luca Rassu, dell’Associazione “Muscolin&Ambiente” è quella dell’accesso agli atti del progetto.

«L’hanno chiesto consiglieri provinciali, sindaci, semplici cittadini: perché a distanza di tanti mesi non hanno ancora mostrato il progetto? Come prevede la legge, se è un atto pubblico, deve essere reso pubblico. Se a distanza di mesi non ce l’hanno ancora fatto vedere, evidentemente o si vergognano, perché ci sono scritte delle cose veramente terribili, oppure c’è qualcosa di sporco, altrimenti non si capisce».

I manifestanti si sono poi disposti a catena lungo il corso del fiume Chiese a simboleggiare la barriera di protezione che viene alzata per proteggere il corso d’acqua: «Il Chiese sarà il nostro Piave!».

Poi le due estremità si sono unite fino a formare un grande cerchio, dove è partita la ola con il rotolo di carta igienica: «Questa è l’unica carta bianca che intendiamo concedere a questo progetto».

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