Pennellone
di Luca Rota

Continua il meta-percorso a tinte british di Figurine di Provincia, e lo fa parlando di chi per primo fece ciò che mai nessun altro calciatore italiano aveva fatto: giocare in Premier League 


Siamo nel periodo in cui le squadre di A, anche le grandi, guardavano con interesse al campionato cadetto e vi investivano. Non era cosa rara infatti vedere interessanti profili militanti in B, l’anno seguente fare il loro esordio in squadre importanti del massimo campionato.
 
Questa è per grandi linee anche la storia di Andrea Silenzi, in arte Pennellone, che a fine anni Ottanta coi suoi gol in quel di Reggio Emilia in B, si guadagna l’approdo nel Napoli di Maradona.
 
All’esordio si presenta con una doppietta alla Juve nella Supercoppa italiana. Niente male come biglietto da visita.
In giro la delusione per il mondiale di casa sembra essere stata ormai smaltita; siamo nel settembre del 1990 e tutto sembra andare a gonfie vele per la nuova punta partenopea.
 
Due stagioni più tardi però, le cose prendono tutt’altra piega e di quella grande vena realizzativa sembra non ricordarsi più nessuno, nemmeno lui. Approdato al Toro, formerà con Rizzitelli una delle coppie più letali di sempre; evidentemente il granata gli porta bene. Durante il corso di quella stagione (93/94) esordirà persino in nazionale, concludendo il campionato con ben diciassette reti.
 
L’anno seguente passerà al Nottingham Forest in Premier League,e di conseguenza alla storia: sarà il primo italiano di sempre ad approdare in Premier League (il suo compagno di reparto Rizzitelli, due stagioni più tardi - ironia della sorte - diverrà invece il primo italiano ad approdare in Bundesliga, al Bayern di Trapattoni).
 
L’avventura inglese però sarà avara di gloria, condita da pochissime presenze in campo, evedrà le uniche due segnature messe a referto tra FA Cup e Coppa d’Inghilterra.
 
Si tratterrà lì per due stagioni, provando a ripetere i fasti granata, ma alla fine farà ritorno in Italia, in B alla Reggiana dove dieci anni prima era esploso. Successivamente sarà di nuovo Toro, nel frattempo (come lui) decaduto e sempre in B.
 
Implacabile nel gioco aereo, forte in area, lesto in acrobazia sulle palle alte o a mezza altezza. È grazie a queste doti che si era guadagnato quel nome d’arte, e fusolo per eccessiva abbondanza nel ruolo se non venne convocato da Sacchi per il mondiale americano.
 
Poco importa se il calcio inglese non ha potuto apprezzarne le doti, nonostante il fisico da centravanti britannico e il senso del gol da bomber di razza.
 
In fondo essere dei pionieri non è mai cosa semplice.  
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