Migranti di oggi e di ieri (3)
di Ernesto Cadenelli

Eravamo visti come la feccia del pianeta! In Louisiana i figli degli italiani non potevano andare alla scuola dei bianchi...


Alle stazioni svizzere ci era vietato entrare nelle sale d’attesa. Ci furono campagne stampa indecenti contro “questa maledetta razza di assassini... cercano casa, ma puzzano come maiali... bel Paese ma brutta gente”
Bisognava tenere nascosti i bambini, perché non potevamo portarceli dietro.
Persino alcuni preti locali ci consideravano “cattolici primitivi”. Spesso finivamo appesi alle forche nei linciaggi perché facevamo i crumiri o perché eravamo delinquenti.

Sui 27 milioni partiti, pochi si sono affermati in breve tempo e sono naturalmente gli esempi che si portano in palmo di mano.
Ma i più sono finiti nelle periferie, in mezzo a mille difficoltà e non amiamo ricordarli.
Nei libri di scuola non c’è traccia di questo esodo causato dalla miseria.
E’ forse una vergogna da tenere nascosta?

Riportiamo qualche spezzone qua e là, come la straordinaria forza e bravura dei nostri contadini in Argentina o le lacrime dei minatori mandati in Belgio dal fascismo in cambio di 200 chili di carbone al giorno pro capite, con preghiera di segnalare gli indisciplinati (resistenti al regime!).
Ricordiamo le tragedie come quella di Marcinelle, dove morirono molti minatori italiani
Ricordiamo le rimesse dei migranti che hanno concorso a realizzare alcuni miracoli economici ad esempio nel nord-est. Su questi pezzi di storia vera, ci siamo convinti che noi eravamo diversi, anzi eravamo i migliori. NON E’ COSI’.

Tutto ciò che rinfacciamo agli immigrati di oggi, a noi è stato rinfacciato nel secolo scorso:
“Loro” sono clandestini: anche noi lo siamo stati.
I consolati europei consigliavano al governo italiano di pattugliare meglio i valichi alpini e le coste, non per gli arrivi bensì per le partenze.
“Loro” si accalcano in tuguri o baraccopoli fatiscenti e igienicamente insalubri (accade ai raccoglitori di pomodori e agrumi): lo facevamo anche noi.

“Loro” vendono le donne e le ragazze: ce le siamo vendute anche noi nei bordelli di mezzo mondo.
“Loro” sfruttano i bambini: noi spesso abbiamo trafficato coi nostri, cedendoli a sfruttatori infami.
“Loro” rubano il lavoro ai nostri: noi siamo stati massacrati con l’accusa di rubare lavoro agli altri.
Portano qui la criminalità: noi ne abbiamo esportata ovunque.
Fanno troppi figli rispetto alla media italiana mettendo a rischio l’equilibrio demografico? Notiziari dell’epoca citano che i nostri negli USA o in Brasile o in Australia, facevano in media 8,25 figli a coppia, così com’era anche nelle zone rurali dell’Italia.
Questa doppia lettura, riassume la storia dell’emigrazione italiana, vissuta certo cento anni prima rispetto a “loro”, ma questa è l’unica differenza.

Non c’entra niente il buonismo, legalità e sicurezza devono esserci.
C’entra il non essere xenofobi che significa, secondo il vocabolario italiano, “nutrire odio o avversione indiscriminata verso gli stranieri”.

Di seguito alcune situazioni vissute e documentate.
Racconta l’inviato del corriere della sera che nel 1947 fu incaricato di documentare i passaggi di confine tra Italia e Francia (proprio come di questi tempi), che i nostri non sono proprio emigrati sempre legalmente.
Passavano a centinaia per notte, con nidiate di bambini. Passavano a La Thuile, al Moncenisio, Ventimiglia e altri valichi di montagna. Il “passeur” li porterà in Francia, dietro compenso di cinquemila lire.

Il racconto di una notte trascorsa al buio, su ripidi costoni, in mezzo a muraglie di neve in cui si sprofondava, vestiti malamente e con suole di scarpe consumate, il respiro affannoso per la fatica e ancor più per la paura è impressionante.
Un calvario, malconci, pallidissimi e le labbra violacee. Giorni tristi, per italiani braccati dalla fame e dalla miseria, varcare clandestinamente le frontiere.

Una volta di là imbrogli, ti danno un passaggio in camion e ti consegnano alla gendarmerie, ti sequestrano i soldi perché ne porti troppi all’estero (sic!); oppure espulsione o arruolamento nella Legione Straniera.
E quanti morti su quei pendii. L’ultimo italiano nel 1962, poi ai valichi si presentarono e si schiantarono altri: slavi, curdi, rumeni.
Oggi i nord africani.

La mobilità degli uomini è una ruota che gira, a volte più veloce a volte più lenta; di certo non si ferma mai.
Anni prima a chi era giunto in Camargue per il lavoro stagionale nelle saline, toccò una fine atroce.
Dopo le polemiche a mezzo stampa, “gli italiani rubano il lavoro ai francesi, hanno coltelli, è aumentata la criminalità del 20%, la loro presenza costituisce un pericolo permanente”.

Gli abitanti della zona si lamentano perché gli italiani rubano il lavoro e accettano qualsiasi condizione, penalizzando i locali.
Il montare di queste polemiche, la sensazione dei francesi che l’immigrazione fosse la causa della loro miseria, portò ad una esplosione di violenza al grido “morte agli italiani”.

Caddero diversi italiani colpiti a bastonate, inseguiti per impedire loro vie di fuga.
Il tutto era stato preparato da un clima di intolleranza crescente.

Scriveva “Le Figaro”:
Il decremento della natalità, il processo di esaurimento della nostra energia a causa di guerre e rivoluzioni combattute dai francesi, hanno portato all’invasione del nostro territorio e del nostro sangue da parte di elementi stranieri che puntano a sottometterci...”.
Gli italiani assunti nelle saline in quell’anno erano circa 500. La percezione dei francesi era più alta.

Oppure si veda la situazione di New Orleans, dove gli immigrati siciliani erano maggioranza tra i nostri.
Erano la terza ondata migratoria. Dopo irlandesi e cinesi toccava a loro rimpiazzare i “negri” dopo l’abolizione della schiavitù.
In dieci piccoli appartamenti vivevano più di 50 famiglie (oltre 400 persone), ammassati nella miseria e nel sudiciume.

Non avevano pretese, si accontentavano di bassi salari, 0,75 cent di dollaro per una giornata di 12/16 ore senza riposi settimanali.
Con il disperato bisogno di manodopera per il taglio della canna da zucchero e per lavorare lo stesso, non parve vero ai latifondisti questo dono di Dio che sostituiva “negri” e muli.
Perdita di peso, malattie tropicali, risparmio all’osso dei pochi soldi, condizioni igieniche fecero molti morti, rimpiazzati da nuovi arrivi. Erano frequenti i linciaggi, con processi sommari e impiccagioni senza prove reali del reato commesso.
Erano sicuramente gli italiani i responsabili di reati, non servivano altre prove.

(continua)
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