Un auspicio per Gavardo e i gavardesi
di Marco Piccoli

Gentile Direttore, mi inserisco nel dibattito sulla situazione politico-amministrativa (e non solo) di Gavardo, permettendomi di chiederLe ospitalità per qualche semplice pensiero personale


Le mie radici poste tra il Chiese e il monte Paina da qualche tempo trasmettono vibrazioni che vengono dal profondo, da una storia personale che si è nutrita della ricca linfa che la Comunità gavardese le ha generosamente offerto.
Negli ultimi anni ho seguito con un margine di qualche chilometro gli eventi politici del più popoloso comune valsabbino e questa distanza mi ha consentito di osservare con mente più serena “fatti e misfatti” subiti e commessi.

Ora, tuttavia, avverto il peso di uno sguardo che viene attirato verso orizzonti dal profilo non facilmente decifrabile.
Andando oltre le vicende giudiziarie che hanno portato al commissariamento del Comune (in ordine alle quali credo, per altro, sia sempre prudente e saggio rimettersi al giudizio definitivo della magistratura), ritengo che si ponga, sopra tutte, una questione urgente: pensare a come riconnettere il tessuto sociale ferito e maltrattato.

Mi sembra, infatti, che la frammentazione in orticelli del terreno comune e la coltivazione intensiva ed ossessiva ad opera di più parti, abbiano in buona parte prosciugato i pozzi cui tutti dovrebbero poter parimenti attingere.
Certo, l’acqua continua e continuerà a scorrere nel letto del Chiese e il ponte continua e continuerà a collegare le sue sponde così come ha fatto persino 73 anni fa, incurante delle bombe che gli cadevano accanto; e, tuttavia, i pozzi del sentire comune, della solidarietà, del pensare il benessere collettivo, della sensibilità culturale, vanno presto nuovamente e sapientemente riempiti.

In tale prospettiva, ritengo sarebbe di vitale utilità una condivisione di intenti tra le forze in campo che si affrontano (e non confrontano) da tempo.
Mi prefiguro, in altri termini, un faticoso sforzo che consenta, finalmente, anche a Gavardo, di vivere una dialettica politica non patologica.

Se si vuole uscire dall'ossessione del breve termine, se si aspira a guardare oltre la voglia del riscatto personale, se si ambisce alla riscossa di una Comunità intera e non di una fazione soltanto, occorre abbandonare la vanga nei terreni inaciditi e sterili del passato.
Mi chiedo e chiedo ai gavardesi: è possibile compiere uno sussulto di immaginazione talmente forte da aprire una simile strada al futuro?

Ritengo davvero che il prossimo mandato amministrativo debba indispensabilmente servire ad intraprendere coraggiosamente un percorso nuovo.

In quest'ottica, penso:

- che sia essenziale un progressivo ed intensivo allenamento collettivo alla –sacrificata- partecipazione in ogni ambito della civica convivenza;

- che si possano e debbano valorizzare trasversalmente le competenze e le risorse umane;

- che sia imprescindibile uno sforzo per attuare un’ampia condivisione delle responsabilità.

Certo, il percorso si delineerebbe da subito impegnativo e nell’equipaggiamento di base non dovrebbero mancare respiro profondo, mente aperta, passo deciso, mani generose, occhi vigili e contemplativi per il buono e il bello che Gavardo, da sempre, sa offrire a piene mani.

Si troverà dunque il coraggio per stringere un patto largo tra gente libera e attenta alle sorti della collettività piuttosto che agli interessi di una parte?
Si cercherà la fantasia e l’umiltà di pensare ad un’iniziativa autenticamente civica che punti a portar fuori il paese dalla melma delle liti e degli scontri personali?
Si vorranno finalmente sperimentare forme partecipative ampie e concretamente operative nella profonda consapevolezza che partecipazione significa coesione sociale?

Ora, la positiva e riuscitissima esperienza della rivitalizzazione dei borghi (in pieno fermento proprio nei giorni scorsi), può molto insegnare sotto tale profilo.

Azzardando un po’, perché, quindi, non mutuare da queste dinamiche realtà (così come dal fecondo mondo dell’associazionismo), con gli opportuni adeguamenti, idee e strumenti anche per perseguire il coinvolgimento dei cittadini, ormai per larghissima parte civicamente anaffettivi?

Perché non ipotizzare che il Consiglio Comunale, da anni divenuto piccolo palcoscenico riservato a qualche fedelissimo, possa essere un giorno guidato da un presidente capace di equilibrio e di coinvolgimento?

Perché non valorizzare appieno i Consiglieri negli organismi istituzionali e tramite deleghe per competenza?

Perché non far riprendere alle Commissioni il loro giusto ruolo di studio, elaborazione e sollecitazione dell'Amministrazione?

Perché, infine, non scommettere che sia possibile, anche a Gavardo, l’insediamento di una Giunta animata da persone competenti, radicate e appassionate, che sappiano essere ponte stabile con ogni diversa realtà sociale?

Penso che il successo del prossimo mandato amministrativo si misurerà, come non mai, sulla capacità di coloro che guideranno la Comunità di riconnettere il pensiero progettuale collettivo con l'azione concreta nell'interesse di tutti, a partire dai più deboli.

Lo so, certo, sarà pur sempre necessario continuare ad asfaltare le strade e a coprire le buche, ma lo si faccia, almeno un po’ metaforicamente, anche con l’obiettivo di evitare che un paese intero ci sprofondi dentro.

Gavardo-Brescia, 1.10.2018
Marco Piccoli


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