Omertà
di Luca Rota

Ciò che accade in queste ultime settimane, riguardo alla distribuzione di "Sulla mia pelle", film di Alessio Cremonini che racconta l'ultima settimana di vita di Stefano Cucchi, dovrebbe far riflettere e non poco 


Pochi, se non addirittura pochissimi, i cinema che ne hanno dato e che ne daranno la visione; molte invece le associazioni che si sono mosse a sostegno dell'iniziativa di divulgare la pellicola, per far sì che diventi di pubblico dominio.
 
Disponibile sulla piattaforma Netflix, il lungometraggio racconta di una morte ingiusta, che poteva e doveva sicuramente essere evitata. La violenza di chi dovrebbe proteggere, ma spesso si lascia trasportare da istinti animaleschi e criminali; la negligenza di chi dovrebbe aiutare, ma non lo fa; l'omertà di chi vede, ma fa finta di non vedere.     
 
Questa pellicola è una denuncia diretta a chi dello Stato si presenta come servitore malato. Stefano Cucchi non era un santo, ma la sua colpa era detenere delle sostanze proibite dalla legge, e per quel capo d'imputazione avrebbe dovuto essere processato ed all'evenienza punito. Nessuno al mondo meriterebbe un trattamento come quello riservatogli tra la caserma, il carcere e l'ospedale carcerario. Nessuno. 
 
A rappresentare l'altra faccia della medaglia troviamo il carabiniere Casamassima, la cui testimonianza ha permesso di far luce sulle denunce mosse da Ilaria Cucchi, sorella di Stefano. Perché non tutti i servitori dello Stato sono uguali, e non tutti i tutori dell'ordine sono violenti picchiatori. C'è chi il proprio lavoro lo svolge in modo probo e chi invece abusa del ruolo che dovrebbe ricoprire. 
 
Se non si vuole parlare di casi come questi, o addirittura li si vorrebbe censurare, mi domando allora che senso abbia continuare a parlare di Falcone, Borsellino, Pippo Fava, Pino Puglisi e di quanti altri hanno sacrificato le loro vite in nome di un ideale di giustizia. 
Proprio quell'omertà che loro denunciavano con grande coraggio, la si combatte iniziando soprattutto a non far finta che alcune cose siano "normali", solo perché a subirle sono dei poveri cristi. 
 
Addirittura il "premio" attribuito al carabiniere Casamassima per aver denunciato il comportamento oltremodo violento dei colleghi, è stato un declassamento. Ogni agente dovrebbe prendere esempio da costui, che al parteggiare e all'omertà ha preferito il senso di giustizia. 
 
Perché "Sulla mia pelle" ci parla degli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi, del dolore della sua famiglia, ma nel profondo riguarda tutti noi.
 
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