Il Paese che vorrei
di Federico Baronchelli

Un’occasione di incontro e di conoscenza reciproca quella offerta qualche sera fa da una festa di famiglie indiane al Parco Amarcord a Gavardo


Gavardo, Parco Amarcord. Ieri, passeggiavo al parco, come faccio abitualmente: mi piace incontrare, salutare, parlare e sorridere a tante persone di culture e nazionalità diverse che si incontrano qui a differenti ore del giorno e della sera. Rimango sempre stupito come solo un saluto ed un sorriso possono abbattere muri, paure e incomprensioni.

Nella mia famiglia vi sono storie di immigrazione: chi per l’Australia, chi per il Sud Africa, chi per l’America; so bene cosa vuol dire partire, lasciare i propri cari, la propria cultura verso territori sconosciuti e realtà a volte molto distanti dalla propria storia; so cosa vuol dire emigrare, sacrifici, lacrime, sangue, ma anche speranze per sé e per i propri figli per un futuro migliore.

Mi fermo ad osservare i bambini che giocano, ci insegnano tutto con la loro semplicità e purezza, giocano insieme, liberi, senza pregiudizi, bianchi, rosa, neri, olivastri, sembra la tavolozza di un grandissimo pittore, e a volte penso che Dio sia felice e sorrida nel vederli.

Il mondo che vorrei: vorrei un mondo migliore in cui tutti gli uomini possano incontrarsi e imparare a lavorare insieme per lo stesso scopo, senza diversità razziali, tolleranti gli uni degli altri come solo i bambini sanno fare in modo naturale e spontaneo: solo i bambini sono capaci di giocare insieme senza sentire differenze culturali ed etniche, senza essere schiavi di pregiudizi e stereotipi.

Ieri qui al parco
c'era una festa di famiglie indiane con tanti colori: le donne vestite elegantemente con i loro sari sorridevano, e ci si salutava, si scambiavano due parole: che bella la pace, la pace del cuore nella semplicità di un sorriso e di un nuovo incontro che nel profondo senti che ti riscalda e arricchisce.

I bambini si incontrano

I bambini si incontrano
sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Sopra di loro il cielo è immobile
nella sua immensità
ma l’acqua del mare che non conosce riposo
si agita tempestosa.
I bambini si incontrano con grida e danze
sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Costruiscono castelli di sabbia
e giocano con conchiglie vuote.
Con foglie secche intessono barchette
e sorridendo le fanno galleggiare
sulla superficie ampia del mare.
I bambini giocano sulla spiaggia dei mondi.
Non sanno nuotare
né sanno gettare le reti.
I pescatori di perle si tuffano per cercare
i mercanti navigano sulle loro navi
i bambini raccolgono sassolini
e poi li gettano di nuovo nel mare.
Non cercano tesori nascosti
non sanno gettare le reti.
Ride il mare increspandosi
ride la spiaggia luccicando pallidamente.
Le onde portatrici di morte
cantano ai bambini cantilene senza senso
come fa la madre
quando dondola la culla del suo bimbo.
Il mare gioca con i bambini
e la spiaggia ride luccicando pallidamente.
I bambini si incontrano
sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Nel cielo senza sentieri vaga la tempesta
nel mare senza sentieri naufragano le navi
la morte è in giro e i bambini giocano.
Sulla spiaggia di mondi sconfinati
c’è un grande convegno di bambini.

Rabindranath Tagore


I bambini si incontrano
su una spiaggia immaginaria che abbraccia tutti i paesi del mondo affinché nessuno venga escluso, e portano avanti i loro giochi usando quanto la natura mette a disposizione, senza cercare altro. 
Sono il simbolo di quella tolleranza che dovremmo imparare da ogni bambino, dovremmo lavorare tutti insieme perche’ il seme dell’Amore, della tolleranza, della pace e della gioia germogli in ogni ragazzo che sta imparando a divenire adulto.

Ricetta per fare l'azzurro

Se vuoi fare l’azzurro,
prendi un pezzo di cielo e mettilo in una pentola grande,
che tu possa porre sul fuoco dell’orizzonte;
poi mescola il blu con gli avanzi di rosso
dell’alba, fino a che non si sciolga;
vuota tutto in una bacinella ben pulita,
perché non rimanga nulla delle impurità della sera.
Infine, setaccia i rimasugli dorati della sabbia
del mezzogiorno, finché il colore non aderisca al fondo di metallo.
Se, vuoi, per far sì che i colori non si separino
con il tempo, aggiungi nel liquido
un nocciolo di pesca bruciato.
Lo vedrai disfarsi, senza lasciare traccia che una volta
lì lo mettesti; e nemmeno il nero della cenere lascerà venature d’ocra
sulla superficie dorata. Potrai, allora, sollevare il colore
all’altezza degli occhi e confrontarlo con l’azzurro autentico.
Entrambi i colori ti sembreranno somiglianti, senza che
possa distinguere l’uno dall’altro.
Così ho fatto io, Abraham ben Judá Ibn Haim,
miniatore di Loulé e ho ha lasciato la ricetta a chi vorrà,
un giorno, imitare il cielo.

Nuno Júdice


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