Il Coro Brigata Alpina Tridentina canta la storia degli Alpini
di Marisa Viviani

Una serata ricca di commozione quella dello scorso sabato, 17 marzo, che in occasione del 90° anniversario della fondazione del Gruppo Alpini di Bagolino ha visto esibirsi nella Chiesa di San Giorgio l’illustre corale degli ex - commilitoni


È stata una serata speciale quella dell'incontro della popolazione di Bagolino con il Coro Brigata Alpina Tridentina. Sì, si è trattato non solo di assistere ad un concerto, ma di incontrare un'altra comunità, quella degli Alpini, che continua ad vivere nella realtà e nel mito con una sua propria dimensione esistenziale e suoi propri valori umani, civili e morali che in tanti ancora, a livello individuale e nelle comunità più coese come sono quelle montane, condividono.
 
La serata di sabato 17 marzo, organizzata dal Gruppo Alpini di Bagolino in occasione del 90° anniversario della sua fondazione, prevedeva un concerto corale del Coro Brigata Alpina Tridentina (BAT), introdotto dal Coro di Bagolino presso la Chiesa Parrocchiale di San Giorgio.
“È un onore per noi accogliere il Coro Brigata Alpina Tridentina”. Nerio Richiedei, presentando gli illustri ospiti, ha così sottolineato il grande piacere per il Coro di Bagolino di aprire la serata, preannunciando il tema del concerto proposto dal Coro BAT con quattro brani attinenti: "Rifugio Bianco" di Bepi De Marzi; "Stelutis Alpinis" canto friulano di Arturo Zardini, divenuto ormai inno popolare contro la guerra; "La Strada Ferrata", canto triestino anonimo dedicato all'inaugurazione nel 1864 della ferrovia Trieste-Vienna; "Alleluja" di Leonard Cohen (Dirige la Mª Susanna Zanetti).
 
Dopo il dovuto riconoscimento per le belle esecuzioni da parte del coro di casa, e i saluti ufficiali delle autorità presenti, Manuel Schivalocchi, nuovo Capogruppo degli Alpini di Bagolino, ed Elia Bordiga, Capogruppo uscente, Flavio Lombardi, Vicepresidente Vicario della Sezione Monte Suello e Romano Micol,i Presidente uscente, e l'Assessore Paolo Zangarini in rappresentanza dell'Amministrazione Comunale, il concerto del Coro BAT ha avuto inizio con un'ordinatissima entrata in scena dei coristi in formazione militare. Il Coro BAT è conosciuto infatti anche con il nome di "Coro dei Congedati della Brigata Alpina Tridentina", essendo i coristi ex-commilitoni appassionati di musica e canto che si sono tenuti in contatto dopo il congedo dalla naja.
 
“Portiamo con orgoglio e rispetto il nome della Brigata Alpina Tridentina. Gli Alpini combatterono e morirono nella 1ª e 2ª Guerra Mondiale in Italia, Francia, Albania, Balcani, Russia, Africa, per responsabilità di chi scelse la via del conflitto militare anziché quella della trattativa diplomatica e della pace. Noi vogliamo ricordare il loro sacrificio e i loro valori. Il nostro concerto racconta la Storia degli Alpini”.
 
Inizia così una narrazione storica, militare e umana degli Alpini, che ha tenuto con il fiato sospeso per tutta la durata del concerto il numerosissimo pubblico; una Chiesa di San Giorgio affollata ha ascoltato in perfetto silenzio le parole e i canti che il Coro BAT veniva inanellando sul filo di un racconto che legava luoghi di combattimento, sacrifici dei soldati, condizioni climatiche estreme, mancanza di cibo e di riposo, nostalgia degli affetti famigliari e della casa, deportazione di civili, prigionia, ritirata di Russia, Nikolajewka, rapporti indegni da parte delle autorità militari e politiche.
 
Mentre una voce narrante ricordava i nomi dei monti che resteranno per sempre nella storia degli Alpini e nelle loro canzoni, M.te Pasubio, M.te Nero, M.te Grappa, il coro intonava "Monte Canino", celebre canto della loro sofferenza; e "Ortigara", monte sacro per l'Alpino, che recita così: "Ventimila siamo stati, ventimila siamo morti, mamma mia quante croci, quante croci di dolor."
 
Letture di diari, lettere alle famiglie, bollettini di guerra, testi storici, riflessioni dipanavano via via la storia eroica e tragica di migliaia di Alpini mandati a combattere, patire e morire per guerre non volute, e i celebri canti "Era una notte che pioveva", "Va l'Alpin", "La leggenda del Piave" facevano scorrere brividi di commozione tra il pubblico attentissimo in religioso silenzio.
 
Nel 1914 i giovani trentini vennero mandati a combattere sui Carpazi, lontani dai confini italiani; erano contadini, gente povera e semplice mandata a morire in condizioni spaventose e per di più malvista dai comandi austro-ungarici perché sospettati di simpatizzare per l'Italia. "Sui Monti Scarpazi" canta la perdita della vita di quei giovani: "Quando fui sui Monti Scarpazi miserere sentivo cantar. T'ho cercato fra il vento e i crepazi, ma una croce soltanto ò trovà. Oh mio sposo eri andato soldato per difendere l'imperator, ma la morte quassù hai trovato e mai più potrai ritornar. Maledeta la sia questa guera che mi ha dato sì tanto dolor. Il tuo sangue hai donato alla tera, hai distruto la tua gioventù. Io vorei scavarmi una fossa, sepelirmi vorei da me, per poter colocar le mia ossa solo un palmo lontano da te." Lo strazio delle parole e l'intensità dell'interpretazione di questo canto strappa ancora oggi lacrime di dolore negli ascoltatori, e molti occhi bagnati di pianto si sono visti anche tra il pubblico presente al concerto.
 
Anche il capitolo della 2ª Guerra Mondiale, con la tristemente nota Campagna di Russia, con relativa ritirata e perdita di 80.000 soldati, racconta una pagina di storia terribile, che culmina nella Battaglia di Nikolajewka, tanto atroce e disperata da essere assunta ancor oggi a mito tragico comparabile a quello della Grande Guerra. Il nostro coro affrontava così il dramma umano di quegli Alpini con il racconto della morte del capitano Giuseppe Gandi, che gravemente ferito, trascinato in slitta dai suoi soldati fino a Nikolajewka chiede loro di cantare per lui "Il testamento del capitano", celebre canto della 1ª Guerra Mondiale e inno funebre sacro degli Alpini.
 
Ma è nelle laceranti parole dell'alpino Giuliano Penco, scritte su un pezzo di carta ritrovata sul suo corpo, che si compendia l'estremo senso della tragedia della guerra; quella poesia, musicata da Giorgio Susana, è divenuta il cantico straziante della separazione dalla vita: "Io resto qui, addio. Stanotte mi coprirà la neve e voi che tornerete a casa, pensate qualche volta a questo cielo di Russia. Io resto qui con altri amici in questa terra, e voi che tornerete sappiate che qui, anche qui dove riposo in questo campo vicino al bosco di betulle, verrà la primavera. Io resto qui, addio, addio."
 
“Chi è tornato a casa, ai suoi affetti, alla sua famiglia, ha portato con sé una ferita indelebile: la guerra. Soltanto chi ha conosciuto la guerra comprende il significato profondo della pace, che è uno dei valori degli Alpini, da sostenere e difendere”.
 
Al termine del concerto tutti si sono alzati in piedi per un lungo applauso. La partecipazione composta e commossa del vasto pubblico ha colpito moltissimo i componenti del Coro BAT, che non si aspettavano una presenza tanto numerosa e un'attenzione ininterrotta per tutta la durata del concerto. L'invito degli Alpini di Bagolino è stato molto apprezzato dal direttore del coro, Roberto Frigerio, di Bergamo, vicepresidente e membro della Commissione Artistica del Coro BAT, e da Giordano Zacchini, di Varese, presidente del coro; grande compiacimento anche da parte dei coristi venuti da varie province (Trento, Brescia, Monza-Brianza, Sondrio, Bergamo, Varese, Lecco).
 
Emozione e vivissimo elogio sono stati espressi anche dal Coro di Bagolino, chiamato in conclusione del concerto a cantare a gruppi riuniti. L'ormai classico "Signore delle Cime", ha chiuso la serata, esprimendo con la potenza vocale e l'intensità espressiva dei 70 coristi tutta la forza comunicativa e unificatrice del canto corale.
 
La "Storia degli Alpini" del Coro BAT è un sentito impegno per la diffusione di una cultura della pace che non sia soltanto enunciazione formale, ma formazione umana, civile e morale; è un doveroso omaggio ai caduti e alle vittime delle guerre, che nasce dal rispetto, dalla riconoscenza, e dal senso di unità, che lega oggi i cittadini liberi d'Italia a chi tale libertà e dignità aveva difeso a così alto prezzo.
 
"Con la crisi del concetto di comunità emerge un individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada ma antagonista di ciascuno, da cui guardarsi." (Umberto Eco, spiegando Z. Bauman). Contro la cupa constatazione sociologica, che preannuncia l'incubo di una società in progressiva disgregazione, i valori di unità, solidarietà, collaborazione, partecipazione sostenuti da varie istituzioni presenti sul territorio, rappresentano un antidoto ancora efficace per contrastare l'impoverimento continuo dei rapporti sociali e umani, che già caratterizzano la vita nei grandi centri urbani.
 
Nella società liquida che caratterizza il nostro presente, in cui i punti di riferimento sociali, ideali, politici, sono diventati aleatori, la zattera di pietra su cui sono ancorati gli eredi del Corpo degli Alpini appare ancora solidamente strutturata e in grado di affrontare il disfacimento delle antiche certezze e la incessante precarizzazione della società. Sta a noi, cittadini di questo mondo in profondo e rapidissimo cambiamento, di scegliere la via giusta da percorrere per salvaguardare il senso profondo della nostra umanità. Imparando anche dagli Alpini, che ancora mantengono vivi i concetti di unità, impegno, collaborazione, solidarietà: iniziando da questo grande Coro BAT che destina i suoi fondi a progetti di aiuto ai bambini in difficoltà (vedi Progetto Bócia: "A fare del bene non c'è un prezzo, ma un valore").
 
Nelle foto, di Luciano Saia:

- Il Coro Brigata Alpina Tridentina "Signore delle Cime" a cori riuniti diretti dal M° Roberto Frigerio
- Il Coro di Bagolino
- La Chiesa Parrocchiale di San Giorgio affollata per il concerto

 
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