«Perché arbitro», intervista a Simone Dal Verme
di Luca Rota

L’ex arbitro della sezione di Abbiategrasso, in Lombardia, ci racconta del ruolo di tale figura in campo, delle sue esperienze e del suo modo di vivere il calcio


Oggi voglio parlarvi di un ruolo, di un modo diverso di stare in campo e di vivere il calcio. Chi è, e perché decide di intraprendere questa carriera? Questa e tante altre sono le domande che ho rivolto a Simone Dal Verme, ex arbitro effettivo della sezione di Abbiategrasso, Lombardia.
 
1) Simone, da dove nasce la tua scelta di fare l’arbitro? 
 
I motivi principalmente sono due: il primo legato agli infortuni alle ginocchia, che non mi hanno permesso di proseguire in maniera serena la mia carriera calcistica, se pur a livello dilettantistico - amatoriale. Il secondo riguarda quel pizzico di “presunzione”, che mi ha portato sempre a pensare di essere “più bravo” degli arbitri che dirigevano le partite in cui giocavo. Queste le motivazioni immediate ed istintive che mi hanno spinto ad iscrivermi al corso Aia (Associazione italiana arbitri); poi il campo e la lettura del regolamento non hanno fatto altro che aumentare la passione per il gioco del calcio, ed il desiderio di dirigere sempre più gare.
 
2) Cosa si prova nello stare a contatto con atleti di pari età, o addirittura di età maggiore, e “dirigerne” comportamenti ed agonismo?
 
Quando arrivo al campo provo una sana adrenalina, che culmina con il primo fischio a  centrocampo e vale per ogni categoria, che siano Giovanissimi, Allievi, Juniores o Terza Categoria. Tutte  meritano massima attenzione e rispetto, in quanto una partita che possa sembrare facile, nasconde sempre tante insidie (dal battibecco alla rissa, dal calcio di rigore al 90’ al fuorigioco improvviso). Tenere sotto controllo tutte queste variabili mi ha sempre gratificato molto, e ritengo sia questo il presupposto per prendere delle decisioni corrette. Penso che per gli arbitri molto giovani, dirigere un incontro con ragazzi pari età o addirittura di età superiore sia motivo di orgoglio.
 
3) Quanto si allena e cosa fa realmente un arbitro? 
 
La partita della domenica o del sabato a cui ti designano, è l’appuntamento che aspetti dal lunedì (come quando andavo a scuola e giocavo a calcio). Questo prevede concentrazione e serietà già a partire da quello che si mangia a pranzo, e da quello che si fa il sabato sera prima della partita. Andare a letto presto, mangiare sano e con congruo anticipo prima dell’inizio della gara, sono i primi presupposti per un buon arbitraggio. Essere sul campo di gioco almeno un’ora prima dell’inizio, per effettuare i dovuti controlli alle segnature del terreno di gioco, controllare reti, bandierine e distinte delle squadre, sono piccoli aspetti su cui costruire una buona direzione di gara.

Quando arbitravo ho sempre cercato di allenarmi almeno mezz’ora due volte a settimana, cercando anche di non rimanere fermo durante il periodo estivo. Gli arbitri di categoria superiore credo siano ancora più scrupolosi sia nell’allenarsi, che nella preparazione alla partita.  
 
4) La categoria in cui si opera influisce molto sul proprio stile di arbitraggio? 

Lo stile dell’arbitraggio viene principalmente adottato in base al comportamento dei calciatori in campo. Se i giocatori durante la partita si presentano molto decisi e nervosi, la gara si tiene in pugno fischiando un po’ di più, cercando di controllare anche le proteste. Nella gestione della partita sono molto importanti i primi minuti di gara, in quanto l’arbitro deve far capire nelle piccole cose ciò che non è concesso a calciatori e dirigenti. Può essere un esempio richiamare un dirigente per una protesta, oppure richiamare un calciatore invitandolo alla calma. Sono queste delle piccolezze che garantiscono credibilità e rispetto alla propria figura di arbitro, che dovrà essere autorevole e non autoritaria.
 
5) Cosa consiglieresti a chi si avvicina all’arbitraggio?
 
Se siete appassionati di questo sport, fatelo quanto prima. In ogni sezione troverete arbitri più esperti di voi pronti ad insegnarvi “il mestiere”; il tutto per il bene dell’Associazione e per il vostro bene. Con l’applicazione dei loro consigli, riuscirete a crescere sia come persone che come atleti. Anche se durante le prime partite doveste ricevere “critiche”, che potrebbero sembrarvi eccessive a caldo, fatene tesoro perché vi aiuteranno a diventare sempre più bravi. La bontà delle critiche purtroppo non si vede subito, ma solo con il tempo.
 
6) Quante volte ti sei sentito veramente offeso al punto di non arbitrare più? 

Mai. Certo, a caldo alcune volte avrei voluto rispondere per le rime a qualche insulto, ma l’autocontrollo ed il rispetto per la divisa che indosso ha fatto sì che io rimanessi sempre tranquillo. La mancanza di rispetto di chi offende un arbitro è segnalata sul referto di gara ed il Giudice sportivo pondera la giusta sanzione a colui che vi ha mancato di rispetto.
 
7) Qual è stato il match più difficile da te diretto? 

Anche se sono rimasto nell’ambito della Sezione, ho diretto partite molto emozionanti. Ne ricordo tre in particolare, che mi hanno gratificato e riempito di orgoglio: 
 
Gambolò - Mortara, di Seconda Categoria (due paesi vicini nella provincia di Pavia) terminata sul risultato di 3-2. Una partita maschia, dove mi ha colpito in positivo il comportamento di un dirigente del Mortara, che ha fine incontro mi ha fatto i complimenti, nonostante la sconfitta della sua squadra.
 
Vermezzo - Casorate Primo 0-2, categoria Juniores provinciali. Match che ho affrontato con molta concentrazione, perché sapevo che all’andata i giocatori si erano ripromessi di darsele… La gara, pur essendo nervosa, si concluse senza criticità. E a fine partita ero contentissimo perché ero consapevole del fatto che, in futuro, avrei potuto dirigere tante altre partite “complicate” come questa.
 
Per ultima Bruzzano - Cesano Boscone 2-0, incontro valido per i playoff dei campionati Juniores provinciali. Partita bellissima e molto importante per entrambe le squadre, nella quale si giocavano la stagione intera.  
In ogni partita che ho diretto, ho sempre cercato di garantire tutta la mia serietà. Perché calciatori e dirigenti attendono gli incontri con la stessa voglia con cui li attendo io. Ed è giusto che a dirigerne le sorti trovino una persona all’altezza. 
 
8) Al momento sei fermo. Prima di salutarci, ringraziandoti per il tempo che ci hai concesso, ti salutiamo con un’ultima domanda. Ritornerai un giorno a vestire la casacca nera? 

Se fosse possibile lo farei ogni domenica, perché la divisa recante il simbolo dell’Aia è parte di me. Oggi però preferisco seguire e “dirigere” mio figlio Christian; il tempo dedicato a lui e a mia moglie Arianna valgono più della mia passione. Se un giorno dovesse decidere di giocare a calcio, vorrei essere il “papà” che arbitra.
 
In foto, Simone Dal Verme in compagnia dell'ex fischietto nazionale Bergonzi
 
 
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