Working class player
di Luca Rota

Ci sono storie così vere che sembrano scritte apposta per coinvolgere il lettore. Quando invece scopriamo che sono realmente accadute, allora lì comprendiamo che dietro a ciò che vediamo si nascondono sacrificio e sofferenza, nonostante i lauti contratti e le vite da sogno


La storia di Riccardo Zampagna è una di queste. Padre operaio nelle acciaierie umbre, lui impiegato di tappezzeria che, quando non lavora, segna per l’Amerina in Eccellenza.

Un bel dì succede che, ricevuta la chiamata dal Pontevecchio in D, gli tocca sacrificarsi tantissimo pur di continuare a lavorare e ad allenarsi. Non vuole saperne di mollare il calcio così, aiutato dal padre, fa la spola tra Terni e il Perugino, e nonostante i chilometri e la stanchezza accumulata, continua a segnare con costanza. 
 
Tutto ciò gli vale un biglietto per Trieste in C2, dove a venticinque anni diventa professionista. Da lì finisce prima all’Arezzo e infine al Catania. Ironia della sorte, quella etnea è una “succursale” dell'odiato Perugia di Gaucci (storica è la rivalità tra le due città), che l’anno successivo lo fa esordire in Intertoto, anche se non in A. Poi il prestito in B al Cosenza e il ritorno in Toscana a Siena, prima dell’approdo sullo Stretto, sponda sicula. A Messina Zampagna segna tanto, e i siciliani decidono di acquisirne le prestazioni sportive. 
 
La stagione successiva veste il neroverde di casa e, finalmente approdato nella sua Terni, segna 21 reti, contribuendo all’ottimo campionato delle Fere, ogni volta salutando a pugno chiuso sotto quella curva che lo ha visto onnipresente. La Figc lo mette sotto inchiesta per il “gesto” e lui, non ripreso da alcuna telecamera, interrogato conferma tranquillamente, pur conscio di beccarsi 20mila euro di multa, sostenendo che lo rifarebbe. 
 
Nel frattempo suo padre non c'è più, portato via da un male "ereditato" proprio dal lavoro, mentre il Messina neo promosso in A lo riscatta alle buste. Così, dopo la tristezza, Zampagna inizia a segnare anche nel massimo campionato. Due stagioni sullo Stretto, condite da gol ed acrobazie, ripetute poi in quel di Bergamo, città amica e da sempre gemellata coi colori ternani. Anche lì diventa idolo dei tifosi e pur di rimanere alla Dea rifiuterà molte offerte importanti; ma lui è uno che viene dalla working class, e sa che i soldi, anche se fondamentali, non sono tutto. 
 
Dopo un passaggio in B al Vicenza, prova a contribuire alle ambizioni del Sassuolo di Squinzi, prima di concludere la carriera tra i marmi di Carrara. Ma non c'è solo il calcio nella sua vita, perché Zampagna tra un gol e l’altro scende anche in piazza, a favore delle proteste operaie riguardanti la Thyssen, lì dove suo padre ha lavorato una vita, per poi lasciarla sconfitto da un tumore, presunta eredità delle acciaierie. 
 
Lui che non esitava a salutare i tifosi in curva (che conosceva uno per uno) a pugno chiuso, più che per ideologia, per cortesia, perché sapeva che avrebbe fatto loro piacere; e che non ha negato nemmeno quando avrebbe potuto risparmiare una multa da 20mila euro.

Un working class player, tutto istinto e acrobazie, votato al lavoro e ai rapporti interpersonali, innamorato della sua terra e dei suoi colori, beniamino delle curve e delle piazze. Chapeau.
 
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