Uno sguardo sull'Africa con il cardinale Jean Zerbo
di Cesare Fumana

Abbiamo incontrato l’arcivescovo di Bamako, la capitale del Mali, il primo cardinale del Paese africano creato da Papa Francesco nel giugno scorso, di passaggio a Gavardo in occasione di un suo viaggio in Italia e in Vaticano


Incontriamo il cardinale Jean Zerbo in visita a Gavardo, nell’ambito di un suo viaggio in Italia e in Vaticano: un’occasione per conoscere meglio il suo Paese, il Mali, le difficoltà che sta attraversando in questo momento e le dinamiche che stanno interessando il continente africano che hanno ripercussioni anche sui paesi europei.

Arcivescovo di Bamako, la capitale del Mali, mons. Jean Zerbo è stato creato cardinale nell’ultimo concistoro del 28 giugno scorso da Papa Francesco ed il primo porporato nella storia del Mali.

Eminenza, come ha accolto la sua nomina a cardinale?
«Per me è stata un’assoluta sorpresa. La domenica nella quale il Papa all’Angelus ha annunciato l’elenco dei nuovi cardinali, io mi trovavo in una parrocchia a oltre 80 chilometri da Bamako per le cresime. Hanno cercato di contattarmi, ma il telefono non prendeva; alla fine il segretario della Conferenza Episcopale è riuscito a contattarmi tramite le suore della parrocchia, dicendomi che il Nunzio aveva una comunicazione importante da darmi.
Pensavo che mi dovesse comunicare la nomina del nuovo vescovo di Mopti, rimasta vacante dopo la morte di monsignor Georges Fonghoro. Invece mi disse: “No riguarda la sua persona: il Papa l’ha nominata cardinale”.
All’inizio pensavo fosse uno scherzo. È stata davvero una sorpresa, anche perché nessuno dei miei predecessori, tutti bravi pastori, sono diventati cardinali, ma ho accolto questa nomina con umiltà».

Qual è la situazione oggi della Chiesa Cattolica in Mali?
«Siamo una chiesa giovane: il prossimo anno festeggeremo in forma solenne il 130° anniversario della Chiesa Cattolica nel nostro paese con una grande celebrazione il 19 e 20 novembre 2018, in occasione del pellegrinaggio annuale presso il santuario della Madonna di Kita.
È qui che nel 1888 i padri Spiritani francesi (Congregazione dello Spirito Santo), aprirono la prima missione nel nostro Paese. Ogni anno qui si compie il pellegrinaggio di tutte le diocesi del Mali al santuario nazionale dedicato alla Madonna».

Com’è organizzata la Chiesa Cattolica?

«Al momento ci sono sei diocesi in Mali. Nella mia diocesi di Bamako, che è la capitale, ci sono 11 parrocchie: 4 in città e 7 al di fuori, alcune delle quali distano anche a centinaia di chilometri. Vi operano 21 sacerdoti diocesani, 10 Padri Bianchi e 4 Salesiani, poi ci sono alcune suore di varie congregazioni religiose».

Quanti sono i cattolici del Mali?
«La presenza di cristiani si attesta attorno alle 4-5% della popolazione, compresi i protestanti.

Com’è il rapporto con i musulmani che sono in maggior numero?
«Finora sono molto buoni, sia con i musulmani sia con chi pratica la religione tradizionale. Alle nostre feste più importanti, come il Natale e la Pasqua, sono presenti anche i rappresentanti delle altre religioni; anch’io partecipo alle loro.

Qual è il ruolo della Chiesa Cattolica nel suo paese?
«È una presenza importante e riconosciuta da tutti, soprattutto per la sua opera sociale, con le scuole e gli ospedali, e di promozione culturale, con la promozione del ruolo della donna nella famiglia e nella società».

Qual è la situazione in Mali in questo momento?
«In questo momento è in corso una guerra civile strisciante. La preoccupazione maggiore è quella della presenza di gruppi fondamentalisti islamici nel nord del paese. Il loro obiettivo è quello di trasformare il Mali da stato laico, come stabilito dalla Costituzione, in una repubblica islamica.
Il Governo è impegnato affinché questo non avvenga, anche se ha sottovalutato il pericolo rappresentato da questi gruppi, capaci con mezzi di comunicazione ed economici di fare proselitismo fra la popolazione.
Questo può rappresentare un pericolo per il futuro del Paese, dove convivono diverse religioni e dove la maggior parte dei musulmani segue un islam africano.
I gruppi jihadisti sono quelli che hanno distrutto importanti mausolei storici della cultura Tuareg a Timbuctu, beni classificati come patrimonio dell’umanità dall’Unesco, opere della storia musulmana africana, distrutte proprio nel tentativo di sostituirsi con un islam più radicale».

Qual è, al riguardo, la posizione della Chiesa?
«Noi come rappresentanti della Chiesa Cattolica siamo impegnati affinché il nostro paese rimanga uno Stato laico e garantisca la convivialità delle diverse confessioni religiose.
Altri due fenomeni, poi, interessano il Mali, così come interessano altri paesi africani. Il primo la presenza della Cina, che in cambio di opere sociali, come ospedali, ha ottenuto dal governo grandi appezzamenti di terreno da coltivare a riso. Si registra poi una presenza sempre maggiore di sette evangeliche, con gruppi provenienti da Paesi limitrofi, che fanno un’intensa attività di proselitismo».

È cambiata la sua vita da quando è diventato cardinale?
«Questa nomina è arrivata quando io stavo già pensando di terminare il mio servizio pastorale, dato che a fine 2018 compirò 75 anni, l’età in cui i vescovi presentano la loro disponibilità ad essere a disposizione del Santo Padre.
Con questa nomina il Papa mi chiede di proseguire nel mio servizio e lo faccio volentieri, con umiltà, finché la salute me lo consentirà».

Come è stata percepita questa nomina nel suo Paese?
«Penso che con la mia nomina il Santo Padre abbia voluto porre un occhio di riguardo per il mio Paese e così è stato interpretato anche dalla gente, sia cattolica che di altre religioni.
In occasione del Concistoro era presente a Roma un’importante delegazione del Governo, con due ministri, e al mio ritorno in Mali sono stato accolto dal Presidente della Repubblica con una grande festa: è stato un evento nazionale.
È stata poi una grande sorpresa vedere a Roma gli amici del gruppo Mali-Gavardo, riconoscibili per il cappellino azzurro con la scritta “Aiutiamo l’Africa ad aiutarsi”. È stato davvero un grande regalo».

Ora dovrà venire più spesso a Roma e così potrà venire a far visita anche a Gavardo.
«Sono stato recentemente nominato membro della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, l’ex Propaganda Fide, guidato dal cardinale Fernando Filoni, con il quale mi sono incontrato per definire il mio impegno per questo dicastero, per il quale in passato ero già stato un delegato.
In questo impegno desidero seguire il mio motto episcopale, di “operare sempre secondo le indicazioni dei Sacri Cuori di Gesù e Maria”, fonte di misericordia per ogni uomo e donna creati a immagine di Dio».

Ringraziamo il cardinale Jean Zerbo per averci concesso questa intervista, con la quale ci ha fatto conoscere il suo paese e le dinamiche che interessano i paesi dell’Africa, di cui sappiamo poco e poco si parla, che si ripercuotono anche sull’Europa, in primis con i fenomeni migratori.
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