In campo a Palermo per capire la realtà bresciana
di Pierluigi Cetti

“LIBERA Palermo, Palermo LIBERA!” è il campo in cui una delegazione dello Spi Cgil e C.d L. di Brescia ha partecipato anche quest'anno all'esperienza dei campi antimafia. Presente anche una delegazione valsabbina



I campi che coinvolgono ogni anno centinai di giovani e pensionati volontari provenienti da tutta Italia, si legano in modo indissolubile ai terreni confiscati alla criminalità organizzata.
Il campo si è svolto a Palermo, in un fondo oggetto di sequestro da parte del giudice Giovanni Falcone nel 1980 e successivamente confiscato definitivamente. Uno dei primi beni confiscati alla mafia e affidato all'associazione Agesci zona Conca d'Oro, affiliata a Libera.

Al momento dell'affidamento il bene si trovava in pessime condizioni di abbandono per i tanti anni di incuria ed era quasi impossibile accedervi per la presenza di una folta boscaglia di rovi che ricoprivano l'intero fondo.

I ragazzi dell' Associazione Agesci e di Libera hanno ripulito il fondo e riportato alla luce, consegnandolo alla fruizione di tutti, un bene monumentale di straordinario interesse storico geologico, il complesso sistema dell'antico acquedotto arabo della città, nonché la settecentesca “Camera dello Scirocco”, una rara bellezza sotterranea che anche noi abbiamo potuto ammirare.

E' stata una bella esperienza, in cui generazioni diverse, noi e un gruppo di giovani studenti provenienti da Milano e Firenze, oltre al lavoro di manutenzione del terreno, di preparazione dei pasti e di pulizia, abbiamo approfondito insieme la conoscenza del fenomeno mafioso e dei progetti di contrasto alla criminalità.

Due cose mi hanno particolarmente colpito:
la curiosità dei giovani, la loro voglia di conoscere e sapere, e l'impegno dei coordinatori di Agesci e di Libera che gestiscono a fini sociali il bene.
Traspare in loro la passione, l'entusiasmo, il coraggio, la voglia di riscatto per liberarsi dalla mafia.

Forti emozioni nello sfogliare i messaggi lasciati all'albero Falcone, una magnolia gigantesca cresciuta di fronte alla casa del giudice ucciso dove vengono affissi i messaggi dei cittadini di Palermo e di tante altre persone che esprimono dolore, rabbia, ma anche gratitudine e speranza.

Così come di un forte impatto emozionale e per tratti commovente è stato l'incontro con Giovanni, figlio di Pietro Busetta, ucciso dalla mafia il 7 dicembre 1984.
Incensurato, ucciso perché aveva sposato Serafina Buscetta, sorella del boss che non vedeva da venti anni.
Ucciso per colpire Masino Buscetta e vendicarsi della sua collaborazione con il giudice Giovanni Falcone.

Tra gli incontri, quello con la delegazione dello Spi di Palermo, con la consegna ai giovani campisti del materiale prodotto dallo Spi: zainetto e vocabolario antimafia (apprezzatissimi!), rappresentando anche in questo modo una modalità, tra le altre, per dare concreta visibilità al significativo impegno che come Spi Cgil stiamo dando al tema della legalità ed al contrasto alla criminalità.

Ulteriori momenti di approfondimento con Carmine Iovine e il professor Di Maggio sui legami tra fenomeno mafioso ed economia e sul riutilizzo dei beni confiscati, caposaldo della legge 109/96, che seguì la legge Rognoni – La Torre del 1982, che rappresentò una grande innovazione normativa nell'attività di contrasto alle mafie, introducendo nel codice penale italiano il reato di associazione mafiosa e le norme sulla confisca patrimoniale.

Rimangono ancora oggi due leggi fondamentali che hanno permesso di compiere molti passi, ma molti devono essere ancora fatti.
Uno di questi è approvare la riforma del codice antimafia, per semplificare le procedure per la gestione, destinazione e assegnazione dei beni confiscati.

L'esperienza del campo ha permesso ai giovani e meno giovani di stare insieme, lavorare, ascoltare, discutere. Il tema dell' antimafia si presta a favorire il dialogo ed aiuta a capire maggiormente che a fianco delle leggi e degli interventi istituzionali c'è bisogno di acquisire una consapevolezza: la lotta alla mafia riguarda tutti. Non solo il Sud.

Riguarda l'Italia, riguarda noi del Nord, zona tra le più industriali e produttive del Paese
.
Riguarda la Lombardia e riguarda Brescia.
Molti sottovalutano ancora la gravità del fenomeno, pensando che sia sostanzialmente confinato al Sud Italia.

Mafia, camorra e soprattutto n'drangheta si sono fortemente radicate in tutta la Lombardia e nella nostra provincia, come dimostrano ampiamente le cronache giudiziarie e le denunce delle associazioni antimafia locali.

Basti pensare che in provincia di Brescia il dato dei beni confiscati alle mafie è secondo solo a Milano e rappresenta il 10% del totale in Lombardia.
Sono infatti finora 140, di cui 26 in Brescia Città, gli appartamenti, autorimesse, ma anche terreni ed edifici a uso commerciale e industriale, confiscati e sottratti alla criminalità organizzata.

Negli ultimi decenni si è compiuta una penetrazione di capitali a uomini mafiosi che ha contaminato il sistema economico attraverso rapporti con professionisti, imprenditori e politici, riciclando enormi quantità di denaro sporco furto delle attività criminali.
Ecco perché, come ci ha insegnato Pio La Torre, le mafie sono un fenomeno economico e sociale e come tali vanno contrastate e battute.

Come Spi e come Cgil non possiamo non sentirci coinvolti.

La tutela dei diritti, impegno primario di un Sindacato, si lega fortemente al tema della legalità, la natura stessa di un Sindacato sano è incompatibile con l'illegalità e la mentalità mafiosa.

Quella contro le mafie e la criminalità organizzata non può essere solo una lotta militare, c'è una dimensione politica, una dimensione economica ed una dimensione sociale, culturale ed educativa, in modo particolare tra la popolazione giovanile, futuro del nostro Paese, per favorire la conoscenza e la prevenzione dei fenomeni.

Le mafie non sono invincibili, ciascuno deve fare la propria parte convinti che questo cancro è affare di tutti e non solo degli addetti ai lavori.

Pierluigi Cetti - Segretario Spi Cgil Brescia
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