La portaerei e la barchetta
di Dru

Perché l'Islam non può farci paura. L'occidente forma il suo fare, cioè pratica, sul fondamento della paura massima
 



Non c'è civiltà al mondo che abbia estrinsecato il senso della morte come lo ha estrinsecato l'occidente.
Se vivere significa essere a questo mondo, morire significa non essere a questo mondo.
 
Ma se questo mondo è tutto ciò che lo contiene , tutto ciò che non è suo contenuto è niente.
Morire significa dunque diventare niente, cioè staccarsi da questo mondo.
Questo hanno detto i filosofi greci che realizzano il tempo della ragione.
 
Divenire è dal non essere al non essere, dice Platone.
Capirete bene che se il significato radicale della morte nasce con i greci, con essi si produce la tecnica del rimedio  e l'Europa, con le diverse sue manifestazioni pratiche che vanno dalle tribune agli ospedali, passando per le portaerei.
 
È la paura che produce la sapienza, dice Aristotele.
La sapienza in questo modo è il riparo: vivere conformemente ad essa significa non morire, cioè darle senso.

Ma cosa è che radicalmente rende sapienti gli insipienti? 
Sapere del massimo pericolo e dunque saper evitarlo.
Il tempo della ragione è il tempo della tecnica.
Saper evitare la morte è il gioco della ragione.
 
Perché dico dunque che l'Islam non può farci paura?
L'Islam è una forma astratta della ragione.
 
Nell'islam, come in tutte le religioni e miti, non compare il nulla nelle vesti chiare e limpide che nell'apparire della sapienza greca mette la distanza massima dall'essere.
La paura mitica è il pericolo del castigo divino.
 
Massima pena è l'esser divorati del proprio fegato: prometeo incatenato.
 
La paura occidentale e dunque greca è il finir nel nulla, o nulla eterno come esprime Leopardi.
Le armi occidentali nascono su questo presupposto.
 
Per questo motivo non son barchette.
 
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