Medioriente, un quadro a tinte fosche
di Cesare Fumana

Esauriente esposizione dello scenario geopolitico del Medioriente da parte del prof. Michele Brunelli, alla prima serata della rassegna Fabula Mundi in corso a Gavardo
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Un quadro a tinte fosche quello tracciato dal professor Michele Brunelli, docente all’Università di Bergamo e alla Cattolica di Brescia, nel primo incontro del percorso di geopolitica Fabula Mundi, tenutosi giovedì sera al Salone Pio XI a Gavardo.

Era il primo appuntamento del modulo valsabbino della rassegna organizzata dalle Acli di Brescia, in collaborazione con il circolo Acli del Medio Chiese e le parrocchie dell'Unità Pastorale di Gavardo. Tema della serata era: “La nascita di un nuovo Medioriente”.

Dopo aver riepilogato le principali evoluzioni politiche che hanno riguardato l'Europa dopo la caduta del muro di Berlino e la Russia dopo l'implosione dell'Urss, passando poi per gli attentati dell’11 settembre 2001 negli USA e le guerre scatenate in Medioriente, il professore ha fatto il punto della situazione nei diversi Stati del Nord Africa e del Medio Oriente interessati dal 2011 dalle cosiddette primavere arabe, termine secondo lui non correttamente adatto, frutto di una lettura occidentali  degli eventi mediorientali, per descrivere le rivoluzioni arabe.

L'unico paese dove queste sommosse popolari hanno portato a un cambiamento è stato la Tunisia, dove c'è stata una rivoluzione culturale dei giovani che ha portato a un cambiamento della classe dirigente, anche se la situazione, attualmente, è ancora critica, con una crisi economica che investe soprattutto la popolazione giovane: non a caso – ha ricordato Brunelli – da questo paese sono partiti più di 3000 foreign fighters per arruolarsi nel sedicente Stato islamico.

Anche in Egitto la deposizione di Mubarak, con la salita al potere dei Fratelli Musulmani, adesso vede nuovamente l'esercito alla guida del governo con il generale al Sisi.
Questi Paesi, un tempo gettonate mete turistiche, a causa dell'instabilità, non vedono più l'afflusso di un tempo, con conseguente ricaduta sull'economia locale.

Ancora più complessa e la situazione della Libia, dove dopo la caduta del colonnello Gheddaf,i il paese si ritrova praticamente diviso in quattro parti e nel caos di una guerra tribale: da un lato il governo di Tripoli riconosciuto dall'Onu, dall'altra quello di Tobruk, in Cirenaica, appoggiato adesso dalla Russia, a Derna dove è imperversato lo Stato islamico e nel Fezzan, la parte a desertica del Sud, dove spadroneggiano le tribù beduine, dedite a tutti i peggiori affari illeciti: dal traffico di stupefacenti, alla tratta di uomini e al traffico d'armi.


E infine alla Siria, divisa anch’essa in due e preda degli attacchi dello Stato islamico.
L'Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein è praticamente divisa in tre parti: a nord la regione autonoma del Kurdistan, nella parte centrale i sunniti e quella meridionale con gli sciiti.

Su questo scacchiere mediorientale giocano la loro partita i due principali paesi del Medioriente da un lato l’Arabbia Saudita sunnita e dall'altra l'Iran sciita.

In questo scenario, a loro volta ,entrano in gioco le superpotenze mondiali: da un lato la Russia e dall'altro gli Stati Uniti.

Nonostante nell'ultimo anno il sedicente Stato Islamico del califfo Al Baghdadi abbia subito numerose sconfitte, la situazione è ancora molto instabile e al di là da trovare una soluzione nel breve termine.

Come ha sottolineato il professor Brunelli tutte le guerre scatenate anche da potenze straniere in questi paesi non hanno mai trovato una conclusione.

Bisognerà vedere quali saranno le mosse del nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump per capire l'evoluzione che ci potrà essere anche in questi Paesi.

Il tema della politica estera del nuoto presidente Usa sarà trattato nel prossimo incontro in programma giovedì 16 febbraio.

Ma parafrasando una nota canzone di Ligabue sembra proprio che “il peggio debba ancora venire”.

L'intrervista ai protagonisti del nostro Armando Ponchiardi

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