Intervista a Enrico de Angelis - seconda parte
di Alfredo Cadenelli

Ecco la seconda parte dell'interessante conversazione tra i ragazzi del Graffio ed Enrico de Angelis, direttore artistico del Premio Tenco, incontrato a Verona in occasione della mostra “Fernanda Pivano e la Beat Generation”.

Liberi dalle ipocrisie del vivere quotidiano, gli abitanti di Spoon River, nei loro epitaffi, dipingono impietosamente la loro stessa vita e quella degli uomini del loro tempo.

L’Antologia diviene così allegoria di un’intera società; la critica di Masters alla piccola borghesia statunitense della prima metà del Novecento è ripresa da De André e rivolta contro l’intero sistema sociale del suo tempo, permeato di bigottismo, militarismo e perbenismo di matrice clericale e borghese.

In questo, e nella reazione censoria del potere politico, risiede un ulteriore punto di contatto tra la beat generation e l’opera del grande cantautore genovese: come “Urlo” di Allen Ginsberg venne ritirato dalle librerie di mezzo mondo perché considerato pornografia letteraria, così alcuni brani di Fabrizio De André vennero in tutto o in parte censurati.

Emblematico è il caso della celeberrima “Bocca di Rosa”, dove la censura costrinse l’autore a cambiare la strofa in cui alludeva alla scarsa professionalità di “sbirri e carabinieri”, che “al loro dovere vengono meno, ma non quando sono in alta uniforme”, il cui testo venne coattivamente reso meno caustico, dipingendo solamente le forze dell’ordine come persone non dotate di bontà d’animo, nella fattispecie “cuore tenero”.

Chiediamo ad Enrico se l’arte, a suo parere, possa o debba scendere a compromessi con l’etica e il sistema di valori costituito, arrivando anche ad auto-censurarsi o a sottostare a divieti o atti di censura.

“No, assolutamente no, non fosse altro perché il sistema di valori etici -o fintamente, ipocritamente etici- che a volte si accampa per queste censure, è un sistema in continua evoluzione.

L’etica di oggi non è quella di quarant’anni fa, né tanto meno di cent’anni fa, mentre l’arte deve ambire a trasmettere dei valori perenni e universali, senza scendere a patti con la visione angusta che di volta in volta, a seconda dell’epoca e del luogo, si ha di questi valori.
L’artista deve fare quello che vuole!

Il valore etico vero e proprio è un valore assoluto, al quale immagino anche gli artisti si attengano; i valori, invece, prodotti dalle censure non sono dei reali valori etici, sono degli escamotage di convenzioni sociali, quindi molto relative, legate magari a interessi o visioni un po’ meschine, anche. Per cui l’artista deve essere assolutamente slegato e libero da queste cose”.

Parafrasando Fabrizio, potremmo asserire che l’artista, uomo “libero per eccellenza”, deve viaggiare “in direzione ostinata e contraria” rispetto alle convinzioni e convenzioni del proprio tempo e del proprio spazio, senza rifiutare a priori ogni legame con la realtà in cui vive, ma senza nemmeno sottostare a logiche di compromesso o, peggio, servilismo nei confronti del potere costituito, di qualsiasi natura esso sia.

“Ti sei dimenticata di rivolgermi una domanda” dice De André al termine dell’intervista di Fernanda Pivano pubblicata sul retro di copertina di “Non al denaro non all’amore né al cielo” -“Chi è Fernanda Pivano? Fernanda Pivano per tutti è una scrittrice. Per me è una ragazza di venti anni che inizia la sua professione traducendo il libro di un libertario mentre la società italiana ha tutt’altra tendenza. È successo tra il ’37 e il ’41: quando questo ha significato coraggio.”

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