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di Ernesto Cadenelli

Anche in Valle Sabbia è giunta l'ora di tornare alla verità dei numeri, guarire dai mal di pancia ed affrontare i problemi per quello che sono realmente, valutandone anche le opportunità. Questa in sintesi l'opinione dell'estensore di questa lettera

 
Bene ha fatto il direttore di Valle Sabbia News a snocciolare dati e procedure sull'assegnazione dei profughi nel territorio provinciale. 144 su circa 60.000 abitanti in Valle Sabbia.
Analogo rapporto lo potremmo trovare anche nel dato nazionale. Non mi paiono numeri da invasione! 

Sopratutto se consideriamo
gli stranieri regolari o divenuti cittadini italiani che hanno lasciato i nostri paesi in questi anni di crisi economica. Solo a Vobarno più di 200, ma immagino che così sia anche per i comuni più industrializzati da Odolo a Casto a Vestone.
Quindi il saldo anche in questo caso sarebbe ancora negativo tra uscite e entrate.

Siccome penso che sotto sotto il problema non siano i profughi,
ma in generale gli stranieri, provo ad aggiungere qualche altro dato non numerico ma di concetto e tendenza dei flussi migratori.
Il numero maggiore di immigrati in Valle sono le signore ucraine che assistono le persone anziane o disabili. A ruota seguono gli immigrati che sono l'ossatura del settore edile, albanesi, rumeni.
Infine marocchini, senegalesi e burkina che prevalentemente fanno girare l'industria siderurgica e fusoria della valle.

Il tasso di popolazione over 65 anni della valle supera abbondantemente il 25% e il saldo nati/morti è negativo.
I “malpancisti” che commentano dove pensano che possa andare la società valsabbina senza iniezione di forze giovani?
Ecco perché è necessario affrontare innanzitutto con un approccio culturale aperto la questione.
Poi i problemi da risolvere ci sono, ma l'approccio è fondamentale: multiculturalità o respingimento non portano agli stessi risultati in prospettiva. Ed è ad essa che occorre guardare.
La questione dei profughi in questa ottica davvero è marginale numericamente.

Invece di continuare ad abbaiare alla luna, fermo restando la gestione delle assegnazioni da parte prefettizia molto criticabile, gli amministratori valsabbini, sindaci e comunità montana, dovrebbero puntare loro ad una gestione associata del problema.

Il presupposto è un accordo politico col Prefetto, vedi comuni della Val Camonica, uno stretto rapporto con il terzo settore e le cooperative pulite che possono dare lavoro a giovani e mediatori culturali attraverso progetti condivisi di accoglienza e di inserimento in lavori utili per le nostre comunità.
I sindaci potrebbero, per piccoli gruppi, individuare case in affitto o di loro proprietà evitando la speculazione, e al contempo in virtù di questo accordo e collaborazione avere il controllo della situazione e la garanzia di massima sicurezza per i cittadini.

Perchè è vero che non è giusto che i profughi, uomini o donne o famiglie, stiano in attesa noiosa e amorfa del trascorrere del tempo in attesa delle verifiche burocratiche sul loro status.
Prima di tutto per loro, proviamo per un attimo a immaginare un giovane che per un anno o due non ha nessuna opportunità di lavoro anche a titolo risarcitorio dell'accoglienza che riceve; poi per la comunità che si vedrebbe ricambiata in termini di servizi per la solidarietà espressa.
Come recita un antico detto “l'ozio è il padre dei vizi”, e questo non è bene per nessuno!

Ci sono tante persone che in silenzio svolgono un lavoro stupendo di accoglienza e di aiuto.

E' ora che ciò emerga alla luce del sole. Ho ascoltato nei giorni scorsi una conferenza sul tema tenuta da Mons.Perego, presidente di Migrantes Nazionale, il quale appunto auspicava un ritorno alla verità dei numeri, e contemporaneamente elencava le esperienze in positivo.

C'è la necessità che gli appelli del papa non cadano come l'acqua sul marmo, e la rete cattolica e laica a partire dalle parrocchie si facciano terminali propositivi di questo messaggio, favorendo un salto culturale 

Se partisse un percorso condiviso, forse anche la vicenda di Anfo troverebbe adeguata risposta.

Ernesto Cadenelli
 
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Ubaldo Vallini

 
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